I Graveyard sono una band con un particolare potere: la capacità di trasportare l’ascoltatore in un’altra dimensione con echi di epoche mai vissute e momenti nostalgici senza però risultare triti o banali. Sono ormai 17 anni che il gruppo svedese riesce a ricreare questo genere di magia e con “6”, non serve dirlo, sesto lavoro in studio, ci sono riusciti ancora. La base dello stoner resta sempre la costante fondamentale del sound dei quattro scandinavi ma le evoluzioni che spaziano dallo space rock al blues d’atmosfera rendono “6” un disco di grande livello.
Si tratta di un lavoro più intimo rispetto ai precedenti, in cui la fanno da padrone suoni avvolgenti e sognanti, a tratti malinconici, che accendono nella mente immagini di sterminate praterie americane, di riflessioni al chiaro di luna, di epoche lontane eppure vicinissime grazie alla commistione dei suoni e delle voci. Lo stampo anni ‘70 è ancora più preponderante in “6” ma, come detto, con un tocco di personalità e stile che non lo rende puro revival.
I suoni dilatati di “Godnatt”, traccia di apertura del disco, preparano immediatamente l’ascoltatore a quando troverà nell’album, con una linea vocale che ricorda i migliori cantautori di epoche ormai perdute e lenti arpeggi dal tocco delicato e malinconico. Il tono si solleva con la successiva “Twice”, un rock classico con stacchi rubati allo stoner da vagabondaggio sulle più solitarie highway americane; la stessa energia si ritrova nella terza traccia “I Follow You”: un pezzo davvero convincente, che sembra uscito dalla colonna sonora di un telefilm stile Sons Of Anarchy, percorso da una ruggente psichedelia e in cui linee vocali e strumentali si rincorrono tra loro, formando un crescendo sporco ed energico.
Il blues più puro viene espresso al massimo con il singolo “Breath In Breath Out”, arricchito da cori in sottofondo che sembrano quasi gospel, motivo che ritorna nella successiva “Sad Song”: qui i quattro scandinavi danno il meglio di loro nell’evocare immagini nostalgiche e un senso sotteso di dolce melanconia, disegnato magistralmente dalle chitarre di Joakim Nilsson e Jonatan Larocca-Ramm. “Just a Drop” riprende invece un sound più energico, in un sali scendi nel rock nella sua forma più pura, un brano di facile ascolto e pieno di carattere, sicuramente destinato a diventare iconico nelle scalette dei Graveyard.
Nel trittico finale la band si lascia letteralmente andare a chitarre morbide e sessioni ritmiche rilassate, quasi da hippies anni 70 stravaccati su tappeti persiani in stanze fumose. “No Way Out” è un brano in crescendo, che parte soft per culminare nuovamente in un intersecarsi di chitarre, cori e tastiere, l’ultima canzone “Rampant Fields” ricorda memorie zeppeliniane mantenendo però l’impronta di originalità che solo una band come i Graveyard può dare, con la chitarra solita che si lascia piacevolmente andare a giochi stilistici e nuove incursioni nel blues.
In sostanza “6” é un disco godibile, ricco di spunti e testimonianza del fatto che i Graveyard restano una band di spicco di questo genere e capace di raccogliere il frutto del lavoro di una compagine solida, energica e nel pieno della propria creatività.
Tracklist
01. Godnatt
02. Twice
03. I Follow You
04. Breathe In Breathe Out
05. Sad Song
06. Just A Drop
07. Bright Lights
08. No Way Out
09. Rampant Fields