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Grey Daze – The Phoenix

Non è mai facile parlare di Chester Bennington e delle band di cui ha fatto parte durante la sua carriera: che si tratti dei Grey Daze, o ancor più dei Linkin Park, risulta complicato scrivere in modo sincero, col cuore in mano. A tutto ciò non fa eccezione nemmeno il nuovo album dei Grey Daze, “The Phoenix“, il secondo lavoro pubblicato dalla storica band di Chester Bennington nel giro di pochi anni (senza contare l’EP acustico “Amends…Stripped”). Proprio come il precedente “Amends”, anche “The Phoenix” non è composto da pezzi nuovi: infatti si tratta di canzoni ampiamente riarrangiate che la band aveva pubblicato a metà anni ’90. Se il modus operandi è rimasto invariato o quasi rispetto al primo disco, non lo sono altrettanto le premesse, dato che è stato lo stesso Sean Dowdell (batterista) a descrivere questo nuovo lavoro come molto più aggressivo.

In linea con le parole di Dowdell, i Nostri partono in quarta con “Saturation (Strange Love)” e “Starting To Fly”, due pezzi che seguono la falsariga di quelli più pesanti – e riusciti – di “Amends”, in particolare “The Syndrome” e “She Shines”. Due brani che mescolano abilmente le caratteristiche dell’alternative rock contemporaneo a quelle del grunge dei primi anni ’90, arricchiti da qualche elemento per nulla invadente di elettronica, e trascinati dalla voce esplosiva di Bennington: una formula orecchiabile e convincente, che bene o male si ripresenta in quasi tutte le canzoni del disco. Se la successiva “Be Your Man” è meno d’impatto rispetto alle prime due, pur mantenendosi su un buon livello, “Holding You” rientra di diritto tra le migliori dell’album: l’assolo targato Dave Navarro, Bennington che continua a ripetere a squarciagola “Stop me, stop me if you can“, la voce che va a sbattere e si fonde col muro di chitarre eretto dal leggendario chitarrista dei Jane’s Addiction e da Cristin Davis. 4 minuti di rock allo stato puro e un finale mozzafiato, che emana potenza da ogni singola nota: i Grey Daze mostrano così, per l’ennesima volta, che la voce di Chester Bennington può essere sfruttata appieno e brillare anche senza appoggiarsi alle mirabolanti invenzioni di Mike Shinoda & Co.

Tra gli episodi migliori rientrano anche il singolo “Drag”, tanto cupo quanto godibile, e “Believe Me”, che vanta la partecipazione di Richard Patrick, frontman dei Filter. In entrambi i casi, ciò che emerge dalle parole è quello spirito irrequieto e quel senso di trovarsi perennemente nel posto sbagliato che spesso sono emersi durante la carriera ventennale di Bennington: “I ran like a coward far from this place. Show me desire, show me disgrace, believe me!“. Anche in questo caso è molto più facile andarsene che affrontare tutto questo dolore qui da solo. Se si parla dei pezzi più cupi e peculiari è impossibile non citare “Hole”, in cui convivono i cori di voci bianche – tra cui Lily e Lila Bennington, le figlie più giovani del frontman – e uno dei riff di chitarra più pesanti dell’album. Non risulta all’altezza delle aspettative, invece, la nuova versione di “Anything, Anything”: la band di Phoenix aveva già pubblicato un anno fa una versione riarrangiata del brano all’interno della colonna sonora di “Dark Nights: Death Metal”. Rispetto a questa versione, la nuova perde più di qualcosa in termini d’intensità e di potenza, a causa delle modifiche fatte alla voce (l’effetto “rallenty” è fin troppo evidente) e alla base, che è stata edulcorata in maniera eccessiva. La chiusura di “The Phoenix” è affidata a “Wake Me”, pezzo che sintetizza alla perfezione il nuovo corso dei Grey Daze come i due in apertura, e che gira attorno ad una domanda piuttosto esistenzialista: “Could this all just be a dream?” E prosegue: “If I should fall to stormy weather, wake me“, dando così la sensazione di essere giunti ad un vero e proprio finale.

Che “Wake Me” rappresenti un punto d’arrivo è solo un’ipotesi, corroborata però da un dato di fatto che va al di là della semplice speculazione sul significato delle parole: “Amends” e “The Phoenix” contengono praticamente tutte le canzoni presenti nel materiale discografico che la band aveva pubblicato durante gli anni ’90, ossia “Wake Me” (1994) e “…No Sun Today” (1997). Che si tratti di una fine o meno, il percorso intrapreso più di due anni fa dai Grey Daze ha avuto l’enorme merito di aver restituito al grande pubblico la magnifica voce di Chester Bennington e una ventina di canzoni dall’ottimo potenziale rimaste quasi sconosciute per più di 20 anni. Tuttavia, “Amends” è riuscito meglio in questo duplice intento rispetto a “The Phoenix”, che ha puntato tutto sulla potenza, regalandoci così un disco squisitamente rock – senza una ballad, ma nemmeno una canzone veramente heavy – ma che non possiede tutte quelle sfaccettature e quelle contaminazioni presenti in “Amends”. I Grey Daze sono tornati a spiccare il volo, ma senza toccare le vette raggiunte due anni fa.

Tracklist 

01. Saturation (Strange Love)
02. Starting To Fly
03. Be Your Man
04. Holding You (feat. Dave Navarro)
05. Hole (feat. Lily e Lila Bennington)
06. Drag
07. Believe Me (feat. Richard Patrick)
08. Anything, Anything
09. Spin
10. Wake Me

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