Oltre ad aver pubblicato il quarto album “Evergreen” pochi mesi fa, i PVRIS hanno dedicato gran parte dell’anno ai tour, passando anche per ben due volte in Italia. Ed è proprio di qualche giorno fa la seconda di queste esibizioni, quando abbiamo potuto vedere il trio statunitense sul palco del Forum di Assago, prima dei Fall Out Boy. In mezzo a molti impegni, giusto un giorno prima delle date in Regno Unito, siamo riusciti a intervistare Lynn Gunn, artista sempre estremamente disponibile, che, tra scena emo ed esistenzialismo, ci ha raccontato a quale punto della propria carriera si trovano i PVRIS.

Ciao Lynn e bentornata su Spaziorock. Come stai?

Sto bene, ho sonno ma sto bene!

Vi ho visti suonare giusto la settimana scorsa a Milano, al Forum, per l’unica data italiana del So Much for (Tour) Dust Tour. Com’è stato?

È stato bello, Milano è sempre un bel posto dove suonare. È stato figo suonare in una location così grande.

In effetti l’ultima volta che avete suonato qui, a febbraio, era un posto molto più piccolo (Magazzini Generali, ndr). Preferite queste situazioni più intime oppure le grandi folle?

Credo che dipenda, sono esperienze diverse ed è difficile dire in assoluto cosa si preferisca tra le due. Gli show più piccoli e più intimi ti danno più connessione, mentre quelli su larga scala, come quelli che stiamo facendo in questo tour, ti permettono di allargare la tua fanbase, ti danno l’occasione di farti sentire da persone che magari normalmente non l’avrebbero fatto. Quindi credo che entrambe siano situazioni positive ed egualmente divertenti da vivere.

Devo dire che però mi aspettavo una cosa diversa da voi. Nei dischi siete riflessivi e introversi, mentre sul palco è stato tutto così esplosivo, furioso. È una cosa su cui avete lavorato o è un vostro lato naturale?

Direi che viene fuori e basta. Insomma, la nostra musica ha anche dei momenti energici ed esplosivi e credo che il tutto riesca a coesistere.

È bello quando è qualcosa di naturale, piuttosto che il risultato di un piano. Dire “Suoniamo e vediamo che succede”.

Sì, decisamente. A dirla tutta, credo che il nostro sound sia stato un po’ “forzato” in passato, soprattutto entrando in una scena rock/emo dominata da figure maschili. A un certo punto sono andata dalla parte opposta, per quanto riguarda l’energia e la potenza della musica. Ora credo che siamo una via di mezzo e questo mi fa sentire meglio, mi fa sentire autentica.

Questo è il secondo tour che aprite per i Fall Out Boy. Il primo è stato quasi 10 anni fa, quando avete pubblicato il disco d’esordio. Come vi sentite questa volta?

È bello! Penso che la prima volta fosse troppo presto per noi, la nostra carriera era agli inizi. Personalmente, non mi sentivo pronta a suonare a quel livello, davanti a tutta quella gente, l’ansia infatti aveva avuto la meglio su di me. È davvero bello avere l’opportunità di suonare davanti a così tanti nuovi fan, di far parte di una line up così iconica. Sono molto grata di poterlo rifare in questo momento.

Lynn Gunn 1
Foto: Matty Vogel

In tour con voi c’è anche nothing,nowhere. È un artista giovane e viene anche lui dal Massachussets, come voi. Vi conoscevate già?

No, ma abbiamo legato subito fin dal primo giorno. Massachussets, East Coast… Lui e Brian (MacDonald, bassista e tastierista, ndr) hanno parlato perfino di MapleFarm (ride, ndr).

Siete in tour con due artisti collegati alla scena emo. Direi che “emo” non è la prima parola a cui si pensa riguarda ai PVRIS, perciò: come vi trovate con questo tipo di scena, di fan?

In qualche modo ci troviamo bene. Quando abbiamo iniziato a suonare dal vivo abbiamo cercato subito di far parte di tutto ciò. Mi sento connessa a questo tipo di audience perché c’è molta dedizione, molta lealtà ed entusiasmo, credo più di qualunque altro tipo di fanbase. Mi sento speciale e sono grata per tutto questo. Anche se musicalmente e creativamente in modo diverso rispetto al passato, sento ancora quell’entusiasmo, mi sento riconnessa a tutto ciò.

Come ho detto prima, sono quasi 10 anni da “White Noise”. Sono cambiate un sacco di cose, vero?

Sì e no.

Avete scavato sempre di più nell’elettronica, nel pop, ma il vostro sound è così maturo e avete mantenuto una certa pesantezza. Ne è un esempio “ANIMAL”.

Per questo dico sì e no. Credo che abbiamo sempre avuto “strumenti rock” – lo metto tra virgolette perché secondo me è una definizione soggettiva –, abbiamo sempre mescolato strumenti fisici con l’elettronica. Si tratta solo di trovare il modo di bilanciarli nel modo più consono.

E nel vostro ultimo disco hai registrato tutto quanto tu, giusto?

La maggior parte, sì. Tolti una chitarra e un synth, il resto è tutto fatto da me.

Però ti piace collaborare molto nella scrittura. In “EVERGREEN” ci sono nomi ricorrenti nella vostra carriera, come K.Flay e JT Daly, ma c’è anche una nuova, grande apparizione: Mike Shinoda. Com’è stato lavorare con lui?

È successo abbastanza per caso. Una mia amica stava lavorando con Mike a qualcosa legato agli NFT, forse centrava con l’intelligenza artificiale… Non ricordo il nome specifico, scusami. Ma comunque ho beccato la mia amica e lei mi ha raccontato del progetto e che avrebbe voluto presentarci. Ovviamente ho detto che sarebbe stato figo, da grande fan sua e dei Linkin Park, ma non mi aspettavo che accadesse nulla di concreto proprio perché è Mike Shinoda. Ma lei dopo ci ha messo in contatto e io ho pensato che non avrebbe risposto, sai, roba da sindrome dell’impostore. E invece ha risposto. È una persona fantastica, piena di talento e umanità.

Incredibile. Tornando ai cambiamenti, anche il vostro stile è cambiato, dal punto di vista visivo. L’ultima volta che avete parlato con noi, nel 2019, eravate molto interessati ai serpenti. Ora invece noto qualcosa di più esistenziale, come la mela nei video di “I DON’T WANNA DO THIS ANYMORE” e di “GODDESS”.

Credo che l’esistenzialismo ci sia sempre stato. Il tema principale questa volta è la contrapposizione nel mondo in cui viviamo: da una parte crudo, sterile, algoritmico, fatto di internet, social media e questo nostro bisogno di sentirci sempre interconnessi; dall’altra c’è la natura al suo stato primordiale, con tutto il suo verde e basta. Quindi sì, l’esistenzialismo c’è assolutamente. La mela è stato un bell’elemento con cui abbiamo giocato… Vorrei dire che cosa rappresenta ma non sono sicura che rappresenti davvero qualcosa; è una cosa che continuava ad apparire e a noi piace mettere easter eggs nei nostri video, lo abbiamo fatto anche in passato.

Ultima domanda, e questa è più una curiosità personale. C’è qualche possibilità di un’altra collaborazione con Jenna McDougall in futuro? Sarebbe bello sentirvi di nuovo insieme.

Non saprei. So che lei adesso ha il suo progetto. Magari collaboreremo sulla scrittura o sulla produzione. Non so dire nulla di sicuro, ma sono sempre pronta per lavorare con buoni amici.

Lynn, grazie infinite per il tuo tempo, ti auguro il meglio per il resto del tour. Vorresti dire qualcosa ai nostri lettori e ai vostri fan italiani?

Grazie a voi! Grazie a tutti per il supporto, siate buoni con il prossimo.

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