Un inizio settembre profondamente cupo, all’insegna soprattutto del death metal vecchia scuola.

Bones – Sombre Opulence (Invictus Productions)

Nonostante siano stati fondati nel 2010, i Bones, sino a ora, avevano prodotto solamente un paio di demo e altrettanti EP, suscitando comunque significativi apprezzamenti nell’underground europeo. Finalmente i belgi, che conservano dal 2015 la medesima line-up, riescono nell’impresa di pubblicare, anche per merito della Invictus Productions, un esordio, “Sombre Opulence”, che renderebbe orgogliosi gli Incantation e gruppi similari. Immerso in una spessa e oscura coltre atmosferica, da cui affiorano suoni intrisi di umidità e sudiciume, l’opus sta alla larga dalla moderna lucentezza del death metal, preferendo abbeverarsi alla fonte imperitura dell’old school. Il quartetto utilizza le influenze a stelle e strisce come punto di rifermento dal quale partire per un viaggio soffocante e cavernoso, attraversato da cupi svolazzi di matrice svedese e che pensa soprattutto a rompere costole e schiacciare trachee con un tono generale robusto e accattivante, poco incline a variazioni e rifiniture di sorta. Una scrittura sicuramente solida, ma ancora necessaria di aggiustamenti, che ci restituisce una band conscia del proprio talento e della strada vincente da intraprendere in futuro: da Anversa con furore.

Tracce consigliate: “Execration Rites”, “Deserts Of Eternity”, “Great Altars Of Ascension”

Wayward Dawn – All-Consuming Void (Emanzipation Productions)

Dopo un debutto autoprodotto trascorso quasi del tutto inosservato come “Soil Organic Matter” (2018) e un secondo lavoro, “Haven Of Lies”, uscito in piena esplosione pandemica, oggi i Wayward Dawn possono mostrare appieno il proprio valore grazie al nuovo “All-Consuming Void”, una prova di death metal muscolare e massiccio. Il combo dello Jutland Centrale riesce a trasferire in ambito musicale il concetto del rasoio di Occam, vista la loro capacità di non sprecare invano note, riff e grugniti, elementi che, raccolti entro una trentina di minuti di semplice e ferina brutalità, cannibalizzano ingordamente e senza soluzione di continuità Bolt Thrower, Cannibal Corpse, Dismember e Morbid Angel. Break giganteschi, tremoli serpentini, tirate colleriche: il sound dei danesi produce, anche nei momenti meno salienti, qualcosa di avvincente, con colpi di scena che si susseguono in modo così repentino ed energico da provocare un’ebbrezza pari a una sbronza alcolica, benché, rispetto a questa, le sue conseguenze risultino decisamente più salutari e significative. Per un genere dall’età ormai ragguardevole, una boccata d’aria fresca coerente con un’eredità che non smette di fare proseliti.

Tracce consigliate: “Cage Of Resentment”, “The Crushing Weight”, “Pull Of The Boulder”

Revocation – Netherheaven (Metal Blade Records)

I Revocation sono tornati, anche se in verità abbiamo dovuto aspettare più del solito, considerato che il loro ultimo album, “The Outer Ones”, risaliva al 2014. Gli statunitensi, capaci, da “Empire Of The Obscene” (2009) a “Deathless” (2014), di rivitalizzare quasi da soli il death-thrash, diventarono meno interessanti quando il mastermind Dave Davidson decise di imbracciare la chitarra a sette corde, irrigidendo negli ultimi due full-length un sound che sino ad allora brillava per dinamismo e imprevedibilità. Con “Netherheaven” la band, ridottasi a trio visto l’abbandono di Dan Gargiulo degli Artificial Brain, riesce a confezionare forse il miglior album della propria carriera, innestando, apparentemente in maniera caotica, ma in realtà con precisione ultrachirurgica, tech, prog e black all’interno di quella formula che li vide brillare nel firmamento dell’estremo per un’intera decade. Se a questo aggiungiamo l’artwork à la Necrophobic di Paolo Giraldi, delle liriche che trattano dell’Inferno nelle diverse forme da esso assunte durante i secoli e la partecipazione al microfono di Corpsegrinder e del compianto Travis Scott Strnad, a cui il disco viene con commozione dedicato, ci si può rendere conto della grandezza dell’operazione, in tutte le sue sfaccettature e dettagli. Danteschi e morbosi: cosa desiderare di meglio?

Tracce consigliate: “Nihilistic Violence”, “Galleries Of Morbid Artistry”, “Re-Crucified”

I Am – Eternal Steel (MNRK Heavy)

Quando si guarda la cover degli album degli I Am e il titolo “Eternal Steel” vergato su di essa, ci si aspetterebbe il classico manufatto epic metal nostalgico degli anni ’80 tanto a livello di sound che di iconografia. In effetti, sempre di un album tributo si tratta, ma le band che vengono omaggiate non sono i Manilla Road né i Warlord, bensì rispondono al nome di Morbid Angel, Obituary, Pantera, primi Sepultura e bisogna dire che l’act statunitense riesce nell’impresa, spesso ardua, di realizzare un LP piacevole e tutt’altro che stantio. I texani si affidano a una scaltra miscela di death, thrash e groove metal, che, nonostante la polvere della vecchia scuola sedimentata tra le maglie di una produzione opprimente e in qualche modo rustica, fa propria alcune istanze del moderno, conservando comunque una fisionomia vintage compatta e impacchettata con gusto. Dopo un incerto “Life Through Torment” (2017) e un più interessante “Hard 2 Kill” (2018), al terzo tentativo il quintetto di Dallas centra il bersaglio, a patto che lo si sugga con divertimento e senza pretendere la luna. In questo senso, missione compiuta.

Tracce consigliate: “The Primal Wave”, “Eternal Steel”, “Queen Incarnate”

Inhuman Depravity – The Experimendead (Gruesome Records)

Gli Inhuman Depravity, formatisi nel 2013 a Kadikoy, un distretto di Istanbul, dopo una demo di tre tracce e alcuni spettacoli dal vivo, pubblicarono, attraverso la russa Coyote Records, un dignitoso debutto come “Nocturnal Carnage By The Unholy Desecrator” (2015). Da allora i turchi, guidati dal chitarrista Murat Sabuncu, hanno subito un paio di importanti cambiamenti a livello di line-up, con l’ingresso in formazione di Ertu Gözoğlu al basso e di Lucy Ferra dietro al microfono. Una sorta di ripartenza da zero, suggellata dalla firma con la label portoghese Gruesome, da un nuovo logo e da un secondo lavoro, “The Experimendead”, che, rispetto al predecessore, presenta un artwork più austero e un titolo decisamente meno altisonante. Certo, dal punto di vista musicale il disco propone ancora una volta un brutal death dal taglio old school opportunamente modernizzato, ma appare palese un processo di affinamento del songwriting, sia a livello melodico, sia in direzione di uno snellimento dei tratti tech e slam, con i pezzi che guadagnano incisività ed efficacia. Una tappa di crescita all’insegna della sobrietà generale, dunque, che promette faville per il prossimo futuro.

Tracce consigliate: “Obsessed With The Mummified”, “Mescannibalismus”, “Death 22”

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