“Non giudicare mai un libro dalla copertina”

Spiace ammetterlo, ma qualche volta non ci si sbaglia di così tanto. Nella completa ignoranza, leggendo il titolo di questo articolo l’immaginario che si crea è all’insegna della fantascienza più sfrenata, ricca di colori. Forme impossibili, magari tutto all’interno di paesaggi incredibili. Ed è esattamente quanto viene creato dalla musica degli M83.

Da 7 anni assenti nel nostro Paese, il progetto di Anthony Gonzalez torna per una data al Circolo Magnolia, a incantare i fan con il suo dream pop cristallino. E mai etichetta fu più azzeccata. La loro musica è essenzialmente sognante, amalgama tutto ciò che circonda in una massa mutaforma e brillante.

Nella cornice del Magnolia sono inaspettatamente tante le persone riunitesi per far parte di questo “rituale onirico” e i musicisti si comportano da veri gentiluomini, non facendo attendere neanche un minuto in più del dovuto. Alle 21 spaccate, nonostante vi sia ancora la luce del sole calante a intralciare l’atmosfera, gli M83 aprono le danze con “Water Deep”, dedicando la maggior parte del loro set al loro ultimo lavoro in studio: Fantasy.

Le caratteristiche dello show si comprendono fin da subito. Gonzalez non è un chiacchierone (ringrazia giusto in qualche momento), ci tiene a non disturbare il nostro viaggio sensoriale. Quello a cui assistiamo è un tripudio in primis di suoni: le tastiere prima impaginano (insieme alle chitarre, quasi mai protagoniste in questo contesto), poi decorano la tela, su cui erutta violentemente il basso di Clément Libes, il tutto pompato dalla batteria di Julien Aoufi. E le voci? Le voci di Gonzalez e della tastierista Kaela Sinclair sono gli astri nel cosmo creato finora, limpidi lumi che viaggiano liberi in questo sconfinato sfondo sonoro: talmente liberi che spesso non si fanno sentire, rimangono in silenzio, ma sono sempre presenti.

Dopo i suoni, le protagoniste assolute della serata sono le luci, che sicuramente si fanno apprezzare al massimo a show già inoltrato, quando si è finalmente fatto buio. Mai stucchevoli, mai scontate: l’elemento visivo degli M83 è uno dei più efficaci mai visti; l’emozione creata durante “Wait” è anche merito di questo. Unitamente alle luci, lo schermo retrostante ai musicisti rinforza l’immaginario sci-fi, proiettando continuamente immagini sfavillanti.

La serata è senza dubbio all’insegna della musica elettronica, ma ci sono anche momenti più rock (bellissimi gli sfoghi shoegaze di “Don’t Save Us From the Flames” e “Noise”) e perfino momenti influenzati dalla black music, la cui fusione strizza l’occhiolino ai Daft Punk (“Fantasy”). Il momento speciale offerto da “Wait”, una delle maggiori hit del compositore francese, sembra trasformarsi in poesia quando accenna a piovigginare, ma alla fine il bel tempo prevale.

Il set prosegue senza alcuna sosta, ma il livello di coinvolgimento è altissimo e 105 minuti totali di spettacolo possono essere sembrati anche una vita intera. Il meglio (ma è difficile dirlo, forse semplicemente ciò che era più atteso) è stato tenuto per la fine. “My Tears Are Becoming a Sea” fa cantare tutti prima di aprirsi nell’ultimo grande climax, che chiude apparentemente la serata.

Il bis si apre saltando sulla celeberrima “Midnight City”, dove il tastierista Joe Berry ci offre un sensazionale assolo di sassofono; poi ballando su “Mirror”, che trasforma il pubblico del Magnolia quasi in un complesso di ravers inarrestabile; e infine si chiude con “Outro”, il melodrammatico ma dignitoso termine a un’epopea attraverso i sogni e le stelle. E noi rimaniamo in attesa di percorrerne un’altra.

Setlist

Water Deep
Oceans Niagara
Amnesia
Us and the Rest
Run Into Flowers
Don’t Save Us From the Flames
Fantasy
Laura
Noise
Wait
Solitude
Sunny Boy
Dismemberment Bureau
Teen Angst
We Own the Sky
My Tears Are Becoming a Sea
Midnight City
Mirror
Outro

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