NUOVE USCITERECENSIONI

Astronoid – Radiant Bloom

Cari passeggeri, vi diamo il benvenuto sul volo intergalattico verso le lande inesplorate dell’universo. Astro-piloti navigati, gli Astronoid danno un’ultima lucidata alla navicella, pronta a salpare verso il vasto blu del cielo per ricominciare a tracciare vorticose trame di eteree atmosfere nuove di zecca. “Radiant Bloom” è il terzo viaggio ufficiale degli americani, successore di un discusso omonimo (2019) che aveva in parte deluso le alte aspettative dettate da un interessantissimo debut come “Air” (2016), una giostra altalenante che faceva del suo saliscendi sonoro ed emotivo una gioia per le orecchie.

Alimentata dai dettami di padrini musicale quali Alcest e Deafheaven – specialmente nella nuova fase stilistica di “Infinite Granite” – gli Astronoid coniugano pattern brutali di batteria, chitarre di matrice shoegaze, talvolta ronzanti, talvolta fortemente melodiche, e delle vocals che, a differenza delle band sopracitate, le quali alternano lo screaming al clean singing, trova pace nella flebile e sottile timbrica di Brett Boland, capace di serrare attorno a sé le divagazioni della strumentale, seppur rimanendo, a lungo termine, piuttosto stucchevole. A ragione di ciò, non aiuta la scelta di ripulire il cantato da quelle distorsioni che caratterizzavano i precedenti lavori in studio, che attenuavano, almeno, la sensazione di stantìo che aleggia su tutto il disco.

In contrasto a quello che è, forse, uno dei punti deboli dell’album, sovviene il lavoro strumentale, quest’ultimo ottimo, dal convincente riffing di “Eyes”, compendio riuscito di prog metal e sognante shoegaze, al melodico crescendo che deflagra tra le linee della roboante “Sleep Whisper”. Matt St. Jean tartassa le pelli in “Sedative”, dove le influenze ritmiche del blackgaze creano un saldo legame con una sei corde impossessata, fremente, autrice di un solo pregevole. Tra richiami ai Deftones (“I’ve Forgotten Your Face”) e sezioni strumentali più spinte (“Orchid”), emerge, però, un problema che affliggeva anche il suo predecessore: per quanto variegata sia la proposta degli Astronoid, il disco scorre con ben poche luci, che si perdono, alla fine, nel marasma generale.

Le tracce di “Radiant Bloom” funzionano molto bene se prese e ascoltate singolarmente – “Human” su tutte- , ma perdono di mordente una volta riunite, sintomo di una scelta stilistica che non si spinge mai troppo in là – come d’altronde aveva provato a fare, con buoni risultati, “Air” -, ma si ferma al compitino standard, scivolandoci via dalle orecchie senza darci degli appigli o punti di riferimento, nemmeno dopo svariati ascolti. “Radiant Bloom” ci conferma una cosa con un velo di amarezza: gli Astronoid sono bravissimi, tecnicamente ottimi e caparbi creatori di atmosfere uniche, ma ci sembra come se viaggino con il freno a mano tirato, pur essendo i loro mezzi platealmente visibili. Piccola tirata d’orecchie alla band del Massachusetts, allora, e che questo “Radiant Bloom” possa essere la rampa di lancio per un’esplorazione che ci lasci senza fiato.

Tracklist

01. Admin
02. Eyes
03. Sleep Whisper
04. Sedative
05. I’ve Forgotten Your Face
06. Orchid
07. Drown
08. Human
09. Decades

 

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