AntichristSuperstar
OLDIESRECENSIONITOP ALBUM

Marilyn Manson – Antichrist Superstar

Anni Novanta, grunge, comunismo a pezzi, gli U2 diventano giganteschi, il mondo sta cambiando e non te ne accorgi. Sei un ragazzino, un perfetto sconosciuto pure a te stesso. Sei fondamentalmente  invisibile, anche questo pure a te stesso, e non solo ai tuoi compagni di classe. Ma puoi darti un  tono, puoi esprimere il tuo disappunto, la tua ribellione – anche senza scrivere le frasi di Jim  Morrison sul diario. Come? Puoi comprarti una maglietta di Marilyn Manson, la faccia mostruosa del rock. Non è rock? È heavy metal? Industrial? È rock, così possiamo continuare a capirci. 

Ora è un signorotto di mezz’età, che fa ancora abbastanza paura a guardarlo, pure se fa la spesa al  supermercato. Ma nella seconda metà degli Anni Novanta incarnava il Male per i mass media. Era  dannatamente e meritatamente famoso, tutti avevano un’opinione su di lui, passava in TV, e non  solo su MTV. Quindi era quel che serviva, anche a chi era troppo piccolo per capire cosa dicesse,  soprattutto considerando che all’epoca non c’erano sottotitoli, non c’era Internet, quel che che ricevevi era  estrapolato e travasato, come un telefono senza filo. Nella benpensante Italia, io e i miei amici  andavamo alla Ricordi a leggerci i testi con traduzione a fronte delle canzoni dei Rolling Stones, dei Guns n’ Roses… e quando prendevi dalla mensola in libreria quello del Reverendo… ti guardavi  intorno, manco avessi preso una rivista porno – perché sapevi che stavi commettendo qualcosa di  riprovevole. C’era anche un altro libro su di lui, una specie di biografia e c’erano scritte cose che  ora, nel 2023, non me la sento di riportare pubblicamente, a pensarci bene. Ed era probabilmente il  1997. Di roba malsana per ogni epoca l’abbondanza non è mai mancata, ma la capillarità del  fenomeno non è sempre stata data per scontata, credo. 

Ma, cercando davvero andare oltre, e sempre ricordando che in Italia chissà con quale filtro ci  arrivava il materiale dall’America, ecco che si poteva andare dritto al sodo e comprarsi il CD dei  Marilyn Manson. Lo ammetto, non so perché lo comprai. Non ero assolutamente un metallaro, ero “un bravo ragazzo”, ma all’epoca iniziavo ad ascoltare di tutto, forse fu questo. Il personaggio Marilyn Manson mi affascinava tremendamente, lo trovavo geniale ma, non ancora io nemmeno  maggiorenne, che potevo davvero capirne? Eppure mi comprai “Antichrist Superstar”.

Datato 1996,  con cartoncino a custodire il CD. Simboli angelici e demoniaci ovunque, la S stilizzata a fulmine sul CD, lui tutto lercio con le ali dispiegate dentro, e poi una foto con un aggeggio attaccato al suo pene (al cazzo, ok…) con due tubicini che finiscono in delle maschere per l’ossigeno indossate da due suoi membri della band. Nei dettagli… La particolarità di un brano live che porta come data di registrazione San Valentino, ma dell’anno prossimo. I testi, scritti minuscoli, da cercare di tradurre.  Ammirato tutto questo, rimane la musica, no? Il miglior album dei Marilyn Manson, senza se e  senza ma. Lo riascolto ora con attenzione dopo tanti anni e mi rendo conto che, passata la meravigliosa tempesta del personaggio, ne rimane un album strepitoso, che va oltre la questione di  genere musicale perché può solo piacere, a patto di accettare qualche urlo di troppo e una antesignana super produzione tra chitarre ingrassate e synth a tutto spiano. Ma certe canzoni  rimangono godibilissimi inni, alcun riff andrebbero riprodotti e preservati in laboratorio  (“Tourniquet” e “Mister Superstar” ti fanno venire voglia di premere il DS-1 e metterlo tutto a dieci). La tensione sonora del brano “Antichrist Superstar” non è roba da tutti giorni: la voce di Manson mostra tutto il suo campionario sussurrando, sibilando, ingrossandosi come un’erezione, mangiandosi l’ascoltatore, urlando da lontano, da vicino, da dietro di te, e ti spinge giù dal palco, nella bolgia. Il riff è poderoso, i suoni che entrano ed escono da infernali frequenze elettromagnetiche ti lacerano le sicurezze della vita moderna, che tu sia un cinquantenne del New Jersey o un ragazzino con l’Invicta di una qualsiasi città italiana. Non sai cosa, non capisci come, ma quella continua instabilità musicale ed emotiva, che davvero pervade tutto l’album, è data proprio da quei suoni, probabilmente responsabilità dell’allora tastierista M.W. Gacy e  dell’eccezionale produzione di Trent Reznor, e che dio li benedica, non so come. Un brano prende  incredibilmente la scena, tra i tanti di ottimo livello: è “Cryptorchid”, la traccia 6. Calmo, potrebbe darti un attimo di respiro ma rieccoci con tutto quel miscuglio sonoro lì dietro, che come un calderone ribolle e borbotta. I cori, Manson sprezzante che parla… ma fino a metà brano, dove poi dei fiati trattati e delle voci angeliche dall’oltretomba si lasciano accompagnare da un battito, forse del cuore, ma di chi? Tuo? Suo? Forse il momento più bello dell’album, perché Manson ci tira fuori la testa dall’acqua, ci accarezza il viso e ci fa vedere tutt’attorno il mondo che sta cambiando:  l’America, noi stessi. “Antichrist Superstar” fotografa il mondo dal futuro delle conseguenze, ma come potevamo saperlo che Marilyn Manson non fosse solo un abominevole mostro che sapeva far parlare di sé, ma anche un preciso osservatore sociale ed eccellente musicista? 

Sarebbe necessario un libro a sé per analizzare i contenuti di “The Beautiful People”, il brano più  celebre di tutto l’album e probabilmente dell’intera carriera di Manson. Ascoltatelo dalle casse dello  stereo. Poi magari in cuffia, e poi guardatevi il videoclip. Quindi ora trovatene una sola cosa fuori  posto, o che non sia stata studiata e registrata in maniera millimetrica. Un capolavoro, decimo di  secondo per decimo di secondo. Leggere accelerazioni, ritmo forsennato, nuovamente la voce che fa qualsiasi cosa si possa fare – lì appena usciti dall’inferno. Chitarre e synth ispirati, precisi, chiaroscuri. Con tutto questo volume di dettagli che confluisce in una canzone rabbiosa, potente, e il testo che fa il resto, trasformando il brano in una vera icona. Il titolo emblematico, che possiamo  immaginarlo applicato alla fine, come un timbro, come una firma, uno slogan. Tutto fa paura nel  brano, paure di vario livello, e tutto fornisce un’energia tanto inspiegabile quanto sublime – il vero  attacco alla “gente bella”, e noi titubanti ci schieriamo al fianco di Marilyn… Manson. 

Nei decenni successivi, di scandalosi personaggi ne abbiamo avuti tanti, e anche prima di lui – a  pensarci bene. Ma Marilyn Manson unendo il bello e il brutto (anche nel suo nome) e prendendo sul serio il suo stesso verbo anti-establishment e velenosamente anti-americano, fece la cosa che  nessuno era comunque riuscito a fare prima per un personaggio come lui: diventare mondiale, un volto riconosciuto davvero da tutti. Era Gesù Cristo negli Anni Novanta, che si faceva crocifiggere  e friggere, prendendosi tutte le colpe del mondo violento, classista e ipocrita – e proprio chi lo criticava forse andava accusato di averlo invece creato, questo mondo. Manson lo sapeva, e questo credo gli abbia  permesso di sopravvivere e rimanere, trasformandosi in leggenda.

Tracklist

01. Irresponsible Hate Anthem
02. The Beautiful People
03. Dried Up, Lied And Dead To The World
04. Tourniquet
05. Little Horn
06. Cryptorchid
07. Deformography
08. Wormboy
09. Mister Superstar
10. Angel With The Scabbed Wings
11. Kinderfeld
12. Antichrist Superstar
13. 1996
14. Minute Of Decay
15. The Reflecting God
16. Man That You Fear

Comments are closed.

More in:OLDIES

0 %