Tra i rappresentanti più affermati della scena rock giapponese, gli ONE OK ROCK stanno portando dallo scorso anno in giro per il mondo il loro ultimo diamante grezzo “Luxury Disease”, e con l’annuncio di ben quattro date in Italia (di cui due in apertura ai Muse) non potevamo di certo farceli sfuggire.

Ci rechiamo al Parco Delle Cascine di Firenze un’ora prima dell’apertura dei cancelli intorno alle 18, con una finta calma data la forte trepidazione. Al nostro arrivo si apre innanzi a noi una fila interminabile di persone che attraversa il villaggio che in estate viene allestito a ridosso dell’Anfiteatro, soprattutto ragazzi che con orgoglio fanno sfoggio della loro passione musicale e della cultura del Sol Levante, e che pur di vedere i propri beniamini sfidano volentieri caldo e zanzare mandando in barba le continue raccomandazioni di esporsi al sole nelle ore più calde della giornata. Una volta entrati nella storica venue ottocentesca, l’atmosfera al contempo bucolica ed intima ci avvolge immediatamente e man mano sono sempre meno i posti da occupare, potendo scegliere liberamente se godersi il concerto senza troppe rinunce stando comodamente seduti sulle gradinate oppure in piedi sfogarsi sotto palco in un “a tu per tu” con la band dato lo spazio ristretto: noi senza pensarci su un attimo ci fiondiamo sulla seconda alternativa. Per scaldare ulteriormente gli animi nell’attesa, il dj set di TiTania di Radiofreccia intrattiene e coinvolge il pubblico ripercorrendo, con una scelta mirata, alcuni tra i più grandi classici delle varie sfumature del rock, con verso la fine una comparsa proprio dei rocker giapponesi che salutano la folla dall’alto della scalinata di ingresso.

Il tempo scorre piuttosto velocemente e alle 21, data la nota precisione nipponica, siamo sincronizzati: Taka, Toru, Ryota e Tomoya salgono sul palco accolti da urla di acclamazione ed incessanti battiti di mani, e dopo un breve spazio per i saluti senza indugio iniziano in maniera esplosiva con la track d’apertura del loro ultimo album, “Save Yourself”; fa seguito un salto nel 2017 con l’incisiva e al contempo melodica “Taking Off” e si riprende con le più recenti “Let Me Let You Go” e “Wonder”, suonate e cantate senza risparmio energetico da ambo le parti. I nostri nel contempo si dispongono in maniera imponente ma dinamica, alternandosi nelle varie libere postazioni (anche il batterista se avesse potuto) su un palco inusualmente minimale – costituito da tralicci a disegnare una scatola aperta e luci affisse, giustificato in parte solo dalle caratteristiche della venue – e andando a coprire tutto lo spazio possibile fino all’ultimo angolo remoto di fronte al pubblico e ripetutamente alle transenne. Lo stesso Taka definisce lo stage “strano”, ma ciò non frena la voglia della band tutta di continuare a divertirsi come già stanno facendo, man forte data dall’incontenibile entusiasmo degli astanti.

Successivamente è tempo di un grande classico preannunciato dal ticchettio di un orologio e seguito da versi in giapponese, quella canzone che per molti ha segnato l’inizio di una passione, “Clock Strikes”, dove anche il più timido fan non può trattenersi dall’unirsi al coro all’unisono del ritornello, nonostante il cantante non manchi quasi ad ogni inizio di brano di invitarci, qualora si sappiano le parole, ad accompagnarli con la nostra voce senza timore alcuno. “Renegades” chiude in maniera più equilibrata una prima parte di concerto senza sosta per nessuno, ed apre una seconda in cui il frontman si riposa per qualche secondo e viene lasciato spazio al resto della band per spendere ciascuno del tempo direttamente col pubblico: Toru, Ryota e Tomoya ringraziano il pubblico per accoglierli per la prima volta a Firenze in maniera indiscutibilmente calorosa, senza timore nel proferire qualche parola come “Grazie!” in italiano e regalando uno spazio solo strumentale diviso in due movimenti in cui abbiamo potuto ammirare singolarmente la loro bravura.

La parte strumentale si mescola con l’inizio del seguente brano “Neon”, in cui non potevano non essere sfoderati i vari lightstick in tutte le forme a fare da sfondo, nonché rappresenta uno dei numerosi momenti per Taka nel mostrare la sua stabilità vocale nei passaggi ascendenti e discendenti di tonalità, accompagnata dalla sua mimica facciale caratteristica che riesce ad ipnotizzare tutti noi presenti. La sua voce viene poi completamente messa a nudo nella ballad in acustico “Your Tears Are Mine”, probabilmente il momento più magico della serata con in alto le torce dei cellulari di vari colori grazie ai piccoli nastri di raso passati dal fanclub italiano mentre eravamo in coda all’ingresso; viene poi lasciato il posto a “Broken Heart Of Gold”, una delle canzoni più profonde dell’ultimo lavoro in studio. In una breve pausa, i ragazzi non si risparmiano di articolare frasi nella nostra lingua per decantare le meraviglie del capoluogo fiorentino con una pronuncia invidiabile (“Che bello Ponte Vecchio!”), e si sincerano del nostro stato di idratazione distribuendo con umiltà bottigliette d’acqua in loro dotazione mentre Toru in particolare ne lancia il contenuto direttamente sul pubblico.

Stiamo per giungere purtroppo verso la fine, e non possiamo andarcene senza una carrellata dei loro vecchi successi tra cui spiccano “The Beginning”, “Stand Out Fit In” e “We Are”, veri e propri inni alla vita. I nostri risalgono la scalinata lasciando il palco com’è di consuetudine prima dell’encore: la nostalgica “Wasted Nights” riecheggia ancora per un po’ dopo la sua fine, per ritardare per quanto possibile quella del concerto totale, ma il frontman promette che lui e i suoi soci ritorneranno con un nuovo tour non appena verrà pubblicato il loro prossimo full length a cui stanno già lavorando. Il pubblico non ha mai smesso di levare le mani al cielo e disegnare cuori con le dita e consegna ad ognuno dei membri una bandiera italiana con scritte e dediche annesse, prima di foto/video di rito e del lancio regali che diverse persone sono riuscite ad afferrare. Sembra che anche gli stessi rocker siano restii a concludere il loro show, talmente la serata è stata fantastica e piena di emozioni.

Nonostante la brevità della scaletta e di conseguenza dello spettacolo (meno di un’ora e mezza totale, nemico il tempo che è letteralmente volato), abbiamo avuto modo di ascoltare almeno metà della tracklist del loro ultimo album oltre che apprezzare a pieno una band che in generale rende quasi meglio dal vivo che nella versione studio: una connessione a 360 gradi col pubblico come poche altre band del panorama, oltre il livello sia vocale che strumentale mantenuto costantemente altissimo. Ci sentiamo di dire dunque che gli ONE OK ROCK sono una di quelle realtà musicali da vedere almeno una volta nella vita: provare per credere.

Setlist

Save Yourself
Taking Off
Wonder
Let Me Let You Go
Clock Strikes
Renegades
Neon (Instrumental intro)
Vandalize
Broken Heart of Gold
Your Tears Are Mine (Acoustic)
The Beginning
Deeper Deeper
Stand Out Fit In
We Are

Encore
Wasted Nights

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