ARTICOLO A CURA DI: CAROLA GRETA MAZZOCCHI

Parte del lavoro di un artista è sapersi vendere al proprio pubblico e spesso questo tentativo di seduzione include anche qualche bugia qua e là: “Amo il vostro Paese”, “Siete il pubblico più caloroso che abbia mai visto”, “Questo è il concerto più bello di tutto il tour”, frasi che abbiamo sentito tutti almeno una volta pronunciare a qualcuno e che ci vengono propinate quasi come un tormentone. Però, in un calderone di frasi fatte e studiate a tavolino, ci sono anche alcune eccezioni: una di queste è Sting.

L’amore del musicista inglese per l’Italia è più che sincero: lo dimostrano non solo le sue lunghe permanenze in una delle sue residenze in Toscana, ma soprattutto le sue tournée, che non si dimenticano mai del nostro Paese e gli riservano come minimo una data all’anno. E dopo tre date estive – e aver già annunciato la prossima per il 2024 –, ingordo come pochi, Sting e la sua fenomenale band ci regalano un’ultima data nel 2023: Mediolanum Forum, Assago. Sold out, per lo più.

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Il palazzetto dell’hinterland milanese è oggettivamente meno suggestivo della location in cui lo abbiamo visto quest’estate; certamente altrettanto si può dire del confronto con Villa Il Palagio (la residenza accennata prima). Ciononostante, l’impegno per rendere il luogo il più accogliente e suggestivo possibile è evidente: una platea di sedie e un palco adornato a regola d’arte trasformano con uno schiocco di dita il Forum in un enorme teatro. L’idea del parterre seduto può effettivamente far storcere il naso di primo impatto, ma considerando che le canzoni di Sumner – The Police, ma soprattutto il repertorio solista – sono spesso atmosferiche, calde, rilassanti, l’idea di poter ammirare il tutto da seduti non dispiace nemmeno così tanto alla fine.

Questa volta il compito di scaldare la folla è affidato ad un artista in apertura, e a Sting piace il gioco facile: perché come possono i tuoi fan non essere felici nel riuscire a vedere due generazioni Sumner nella stessa occasione? Joe Sumner assomiglia talmente tanto al padre che il suo arrivo sul palco confonde molti, facendoci pensare a un viaggio nel tempo, o a un miracoloso intervento di chirurgia plastica. Armato di chitarra acustica, delizia la folla con un set incentrato sul suo album di debutto – “Sunshine in the Night”, uscito a ottobre –, tra sonorità folk, country e pop.

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L’arrivo di Sting e del suo numeroso entourage fa alzare la maggior parte del parterre, che si risiede subito per godersi l’inizio del classico “Message in a Bottle”. La scaletta del concerto non si distingue particolarmente da quella di quest’estate: in fin dei conti, è un tour dedicato alle grandi hit della sua quasi cinquantennale carriera. Se i primi 4 brani conquistano il Forum, “Spirits in The Material World” viene recepita più freddamente, forse un po’ troppo azzardata come scelta; ancora di più la meno conosciuta “The Hounds of Winter”, estratta da “Mercury Falling” (1996), che però mette in risalto le abilità del bassista, del batterista Zach Jones e della corista Melissa Musique.

Riporta alla temperatura giusta l’intramontabile “Fields of Gold”, che fa cantare tutti sottovoce, quasi assorti, prima di rilasciarsi in uno scrosciante applauso. “Brand New Day” – accompagnata dalla scenetta dell’armonica che abbiamo visto anche quest’estate – smuove l’intero palazzetto, che si alza sul finale. “Shape of My Heart” commemora ancora una volta Juice Wrld, grazie al ritornello cantato da Gene Noble. Il cantante comincia leggermente ad arrancare da questo momento in avanti, in particolare su “A Thousand Years”, dove si accompagna con la chitarra.

Sorprende tutti l’arrivo di Giordana Angi, giovane cantautrice italiana, classe 1994, che si unisce a Sting per un particolare riadattamento di “For Her Love” in italiano. Il tutto era già avvenuto quest’estate a Roma, e probabilmente la risposta del pubblico di allora ha convinto a rifarlo.

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Altri momenti intensi sono il mashup “So Lonely/No Woman, No Cry”, che fa alzare in piedi sulle note del classico di Bob Marley; “King of Pain”, che ci regala un passionale duetto padre-figlio con Joe Sumner; e ovviamente “Every Breath You Take”, che, nemmeno a dirlo, cantiamo tutti insieme.

Il bis questa volta è composto da “Roxanne” e “Fragile”, che riporta il musicista a scambiare il basso con la chitarra, per darci il commiato di cui avevamo bisogno. E dopo quasi 2 ore di live, ci saluta tutti e noi possiamo tornare a casa, contenti di aver visto ancora una volta l’inglese-newyorkese su uno dei nostri palchi.

Setlist

Message in a Bottle
Englishman in New York
Every Little Thing She Does Is Magic
If You Love Somebody Set Them Free
Spirits in The Material World
The Hounds of Winter
If I Ever Lose My Faith in You
Fields of Gold
Brand New Day
Heavy Cloud No Rain
Shape of My Heart
Why Should I Cry for You?
All This Time
A Thousand Years
For Her Love
Walking on the Moon
So Lonely/No Woman, No Cry
Desert Rose
King of Pain
Every Breath You Take
Roxanne
Fragile

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