Se recentemente è stato detto che la grandezza della location non va per forza di pari passo alla bellezza di un concerto, è altrettanto vero che la prima in certi casi può essere un valore aggiunto. La Palazzina di Caccia di Stupinigi ospita ancora una volta il Sonic Park. Grandi nomi anche quest’anno: Simply Red, Placebo (la prima di 5 date italiane) e nientepopodimeno che Sting.

Il celebre artista inglese è molto affezionato all’Italia, tant’è che non passa un singolo anno senza che ci regali almeno un’occasione per vederlo esibire dal vivo, insieme alla sua formidabile band. Ed è bastato l’arrivo dei musicisti sul palco a far terminare la pioggia che cadeva sul torinese, perché la musica di Sting è piena di gioia, spensieratezza, illumina perfino la notte.

Il concerto inizia alle 21 in punto e senza tanti indugi, con “Message in a Bottle” a riportare la massa di over 50 indietro nel tempo, alla loro giovinezza. Il pubblico è formato principalmente da loro, chi è venuto ancora a vedere l’englishman e chi magari ha colto l’opportunità per la prima volta, per assistere a una delle vere leggende degli anni ’80. Ma, se abbiamo constatato che l’Italia è amata dall’artista, come ricambia il pubblico?

Chi è sottopalco, magari appostato già dal mattino per assicurarsi il posto in transenna, canta, applaude, grida, fischia: insomma, si fa sentire. Per quanto riguarda le restanti migliaia, verrebbe da dire che sono “perse”. Sting non invita spesso a partecipare durante la performance, questo è da dire, ma nelle retrovie sembra proprio che molti siano venuti non tanto per guardare, sentire, prestare attenzione; bensì, che abbia sfruttato il concerto di un artista amato bene o male da tutti in gioventù come scusante per ritrovarsi tutti insieme. Qualche signora balla, alcuni si siedono per terra sui loro teli, tantissimi chiacchierano: come quando sei a casa con gli amici e metti un film in tv, che faccia giusto un po’ di compagnia e offra gli spunti giusti per ridere, conversare, stare bene.

Constatato che il pubblico è sì caldo ma non rovente, parliamo di ciò che accade sul palco. Se 71 primavere donano all’aspetto esteriore di Sting, si sente la loro pesantezza sul suo fisico. Ormai non è più il giovane frontman de’ The Police, anche se gli piace ancora mostrarsi fresco, sfoggiante t-shirt e pantaloni bianco latte. Deve prendere le giuste accortezze per riuscire a non compromettere i suoi tour, come un microfono headset e uno sgabello per riposarsi durante “If It’s Love” e “Loving You”.

La scaletta è composta principalmente dai maggiori successi dei suoi quasi 50 anni di carriera. La tripletta d’apertura – “Message in a Bottle”, “Englishman in New York”, “Every Little Thing She Does Is Magic“ – cattura l’attenzione di tutti, così da poter eseguire qualche brano del recente “The Bridge” (2021), come il singolo “Rushing Water”, particolarmente più rock rispetto agli altri, e “Loving You”, che strizza l’occhiolino ai synth à la Depeche.

Dopo aver commosso con “Fields of Gold”, Sting dedica un po’ di spazio a uno dei musicisti che lo accompagnano. “Sei sicuro che puoi fare Stevie Wonder?” dice rivolto a Shane Sager, ragazzo di appena 18 anni che si trova sul palco a suonare l’armonica, poco prima di “Brand New Day”. Il giovanissimo si dimostra più che in grado di reggere il testimone.

Sarà poi il turno dei due coristi di splendere: prima la fenomenale Melissa Musique su “Heavy Cloud No Rain”, poi il toccante momento di Gene Noble, che riprende il ritornello di “Lucid Dreams” in ricordo del compianto Juice Wrld.

Dopo aver attraversato le fasi più importanti delle sue opere da solista, è ora di spolverare lo Sting originale: “Walking on the Moon”, “So Lonely” in mash-up con “No Woman, No Cry” di Bob Marley e la world music continua sulle note di “Desert Rose”.

Le difficoltà nel cantare i suoi primi successi si sentono soprattutto alla fine: “Every Breath You Take” e “Roxanne” vengono portate a casa principalmente grazie ai fidati coristi, che reggono una performance alquanto indegna di questi classici. Sarebbe stato meglio inserirle in scaletta in momenti diversi dalla fine, e magari non una di fila all’altra, per evitare di chiudere su una nota dolorante un concerto che in realtà era filato liscio fin qua.

Sting non sarà al massimo delle sue condizioni (giustamente), ma è ancora in grado di offrire uno show di tutto rispetto e perfino di stoppare il maltempo, che riprende subito dopo i suoi 100 minuti di musica.

Setlist

Message in a Bottle
Englishman in New York
Every Little Thing She Does Is Magic
If You Love Somebody Set Them Free
If It’s Love
Loving You
Rushing Water
If I Ever Lose My Faith in You
Fields of Gold
Brand New Day
Heavy Cloud No Rain
Shape of My Heart
Why Should I Cry for You?
All This Time
Mad About You
Walking on the Moon
So Lonely/No Woman, No Cry
Desert Rose
King of Pain
Every Breath You Take
Roxanne

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