We are The Struts from the U.K., and you must be Italy, right?

Ci sono infinite domande e poche certezze nella vita. Siamo davvero gli unici nell’universo? La crisi climatica ci spazzerà via? Ozzy arriverà mai a un vero final tour? Una certezza che abbiamo è questa: The Struts sanno il fatto loro dal vivo e l’hanno dimostrato ancora una volta.

Le condizioni non erano delle migliori: un venerdì sera di un caldissimo agosto – per lo più a Milano, da cui la gente tendenzialmente scappa nel periodo estivo – in una location quale il Circolo Magnolia, immersa nel verde e perciò brulicante di insetti. Eppure, le persone accorse per vedere il quartetto di Derby non sono affatto poche, tra chi voleva rivivere un’esperienza che lo aveva affascinato la prima volta (come chi vi scrive) e chi invece voleva vedere coi propri occhi e sentire col proprio corpo quanto si racconta di queste serate.

Pochi minuti dopo le 21, quando ormai il sole è calato e l’intera platea è illuminata unicamente dal gigantesco logo del gruppo che campeggia sul palco, una specie di allarme annuncia l’arrivo dei nostri carissimi pavoni, che iniziano subito a suonare “Dirty Sexy Money”. Terminato il brano d’apertura, Luke Spiller si rivolge a noi con la frase in testa all’articolo, facendo impazzire il pubblico. A dir la verità, la fama della band è calata rispetto a qualche anno fa – complice sicuramente la pandemia che gli ha impedito di cavalcare l’onda del successo ottenuto con “Young & Dangerous” (2018). Ebbene, Spiller e soci ci dimostrano come non serva per forza avere scaffali pieni di dischi di platino per portare a casa una serata come si deve, per intrattenere il pubblico a regola d’arte.

L’intrattenimento non è composto da effetti di scena o grandi chiacchiere. Spiller ha seguito la scuola dei grandi, dei Frontmen con la F maiuscola: l’abbigliamento e le movenze sono assolutamente prese da Mick Jagger, mentre le conversazioni canore col pubblico sono un ovvio richiamo alla voce dei Queen. Forse è proprio per queste somiglianze che tra la folla non vi sono solo giovanissimi ma anche tanti della cosiddetta Gen X.

TheStrutsBand

The Struts si giocano forse troppo presto le loro hit migliori, come “Body Talks”, “Kiss This” e “In Love With A Camera”, ma i fan rispondono positivamente anche a brani più recenti, mostrando anche la propria fedeltà cantando l’ultimo singolo “Too Good At Raising Hell”.

A metà set, dopo aver sciolto ogni muscolo del corpo, ci è concesso di asciugarci dal sudore con un paio di brani più tranquilli. Prima con “One Night Only”, dove anche Spiller può riposarsi seduto al piano, poi con “Mary Go Round”, che ormai per tradizione prevede sul palco solo Spiller e Adam Slack (chitarra) e in platea un esercito di torce e voci. Molto azzeccato il cambio di testo: “I tell myself that you can be replaced/I try with someone else but it’s Italy that I taste”.

Dopo la cover di Lorde “Royals”, Adam ci intrattiene con un caldo assolo all’insegna del blues, prima delicato e poi carico di distorsione, per poi riprendere con “Wild Child”. Ogni brano è letteralmente eseguito come se fosse l’ultimo della serata, con lunghi applausi che accompagnano le brevi pause, indipendentemente che si tratti dei classici o di tracce meno conosciute. La band ci offre anche un assaggio del nuovo disco (“Pretty Vicious”, in uscita a novembre), suonandoci l’accattivante title track, che risulta più che apprezzata.

Il batterista Gethin Davies prende il microfono per qualche secondo prima di suonare “Where Did She Go?”, dicendo che ama l’Italia e che spera di trovare una donna italiana stasera.

Durante “Put Your Money On Me” Spiller ci presenta l’intero ensemble, in particolare il bassista che finora era rimasto un po’ da parte. Jed Elliott ci rivela di essersi sposato e di aver passato la luna di miele proprio nel nostro Paese, e dichiara il proprio amore per Milano in particolare. Davies si prende ancora il suo piccolo momento di riflettori quando viene fatto il suo nome, gridando un “Sticazzi”. La cosa più sorprendente e più indicativa di quanto Spiller sappia tenere il palco col suo magnetismo è che prima di concludere questo pezzo chiede a tutti di sedersi e nessuno ha esitato (come invece spesso accade): siamo tutti quanti rannicchiati a terra, pronti a ballare, cantare, “avere il momento della nostra vita” come dice il cantante. E via che ci si scatena sull’ultimo ritornello, l’intera platea è un delirio saltante.

Il bis offre ancora un momento più tranquillo, con l’intro di “Bohemian Rhapsody” e “Fire (Part 1)” suonate e cantate dal solo Spiller al piano, prima di incendiarci l’ultima volta con la tanto attesa “Could Have Been Me”. Ben fatto pavoni, vi aspettiamo.

Setlist

Dirty Sexy Money
Body Talks
Fallin’ With Me
Too Good At Raising Hell
Kiss This
Primadonna Like Me
All Dressed Up (With Nowhere To Go)
One Night Only
Mary Go Round
Low Key In Love
Royals
Wild Child
Pretty Vicious
I Do It So Well
Where Did She Go?
Put Your Money On Me
Bohemian Rhapsody
Fire (Part 1)
Could Have Been Me

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