“Questa frase rappresenta una metafora: la vita, nonostante difficili circostanze, vale la pena di essere vissuta. Perfino nei momenti più bui dovremmo prenderci il tempo per cogliere e apprezzare la bellezza del mondo.”
Quanto abbiamo appena letto sarebbe la descrizione del nuovo disco dei Thirty Seconds to Mars. Ma c’è di più: non sono parole dei fratelli Leto, né di uno dei numerosi collaboratori di quest’opera. Si tratterebbe invece dell’interpretazione del titolo “It’s the End of the World but It’s a Beautiful Day” di un’intelligenza artificiale – la quale inizialmente doveva anche essere responsabile della copertina. Tutto molto interessante, no? E come si può andare contro a un messaggio del genere? Perciò, aspettarsi un Album con la A maiuscola è più che legittimo, uno di quei dischi che ti consolano, ma soprattutto che ti rimangono nel cuore.
Nascita progressive, infanzia emo, adolescenza alternative, maturità sinfonica, età adulta elettronica. Questo è il percorso che hanno compiuto i Thirty Seconds to Mars nei loro 20 e più anni di carriera, iniziando come quartetto e riducendosi al duo Jared-Shannon dopo l’uscita dell’ultimo disco. Percorso sicuramente singolare il loro, che si apprezzi o meno. Tuttavia, mettendo da parte i gusti personali, si può dire con fermezza che i primi dischi presentavano una certa personalità che è venuta a mancare nell’ultimo “America”. O meglio, si sentiva che erano loro, le idee c’erano, ma era tutto fin troppo confezionato e abbellito, soprattutto per una band che ha fatto dell’alternative una bandiera fin dagli albori.
E adesso a che punto si trovano? “It’s the End of the World but It’s a Beautiful Day” è il sesto disco dei fratelli Leto, i quali si piazzano a metà tra gli Imagine Dragons – non quelli belli – e The Chainsmokers. Partendo dall’elettronica del disco precedente, compiono un salto nel pop più usa e getta, quello delle basi create con lo stampino, dei testi trattati come una macedonia, dei ritornelli che diventano inesorabilmente tormentoni.
Se “Walk On Water” aveva fatto ben sperare per “America”, il singolo di lancio “Stuck” mette subito in chiaro le cose stavolta: scordiamoci la rock band di 15 anni fa. Anzi, scordiamoci proprio la band, perché questo potrebbe benissimo essere il disco estivo di un qualunque artista singolo da hit radiofonica.
L’esplosiva batteria di Shannon viene rimpiazzata da un’anonima drum machine, le chitarre che creavano quei ritornelli epici vengono decimate – rimangono le chitarre acustiche da falò sulla spiaggia – e perfino la ruggente voce di Jared non scalda più i nostri timpani. Qualcuno in quest’ultimo caso direbbe che è complice l’età, ma questa non sembra impedirgli di destreggiarsi in imprese tutt’altro che semplici per un 51enne.
Non stupisce leggere il nome di Dan Reynolds tra gli autori di “Life Is Beautiful”, anzi, rassicura l’ascoltatore di essere sulla strada giusta. “Get Up Kid”, “Never Not Love You”, “Love These Days”, anche la “Midnight Prayer” cantata da Shannon – il brano che è più vicino al rock in questo disco –, sono tutte tracce che possiamo sentire senza ascoltare: melodie e linee vocali create su misura per il mercato mainstream da diversi interpreti, ma che non riescono ad ottenere nulla di cui oggi non possa vantarsi anche l’intelligenza artificiale di cui si parlava poco fa.
Gli effetti alla voce di “Lost These Days” non fanno altro che renderla una traccia senza anima, la presenza di una superstar come Ed Sheeran in “World On Fire” non rende il risultato diverso da una qualunque altra canzone di questo breve disco; ma nemmeno quando i fratelli fanno da sé in “7:1” e “Avalanche” ottengono qualcosa di più – anche se nel brano conclusivo riescono a ricreare un minimo di quell’atmosfera perduta.
Una strada ben nota al frontman californiano è l’autoreferenzialità, ma non bastano i riferimenti contenuti nei testi di “Life Is Beautiful” e “Seasons” per emozionare. Al contrario, per eterogenesi dei fini, non fanno altro che ricordarci quanto questo gruppo fosse capace di scrivere belle canzoni e oggi si accontenti di scrivere pezzi forse più adatti al panorama mainstream, ma senza una vera e propria anima.
Tracklist
01. Stuck
02. Life Is Beautiful
03. Seasons
04. Get Up Kid
05. Love These Days
06. World On Fire
07. 7:1
08. Never Not Love You
09. Midnight Prayer
10. Lost These Days
11. Avalanche