Possiamo parlare di tutti gli stereotipi che volete, ma il lunedì mattina, dopo un bel weekend, è sempre problematico alzarsi dal letto al pensiero di affrontare un’altra lunga settimana lavorativa. Pensate se si tratta anche di un lunedì nel quale l’estate – con mese di ritardo, ammettiamolo – ha deciso di cedere il passo all’autunno, almeno a Milano. Fortunatamente, nel lunedì in questione, c’è un bel premio che ci attende dopo aver affrontato tutta la giornata: è il giorno dei This Will Destroy You e dei The Ocean.

Ci siamo ormai abituati a vedere tour da co-headliner, soprattutto dopo la pandemia, ma se l’accoppiata è di questo livello, le aspettative non possono che essere altissime. La band tedesca arriva da una serie di tre album pazzeschi, nei quali ha iniziato ad aprirsi maggiormente verso la melodia, senza rinunciare alla propria potenza distruttiva, mentre il quartetto texano è da più di 15 anni – con merito – una delle band di punta del post-rock mondiale, pur preservando tutte le particolarità di un sound mai scontato. Affrontiamo, quindi, il traffico milanese per raggiungere il Circolo Magnolia con queste consapevolezze nella mente, accompagnate da aspettative molto alte, che attendono solo di essere pienamente ripagate.

Spurv

Ma prima di lanciarci sulle portate principali, l’antipasto è fornito dagli Spurv, sestetto strumentale proveniente da Oslo. La scelta dei norvegesi può dirsi particolarmente azzeccata fin da subito: tralasciando un attimo l’oggettiva qualità della loro esibizione, i sei pongono il proprio affresco sonoro quasi a metà tra quello dei due headliner, suonando un post-rock dalle forti tinte melodiche, che però non ha paura di sfociare in sferzate e cavalcate al limite del post-metal. Le teste dei presenti iniziano a muoversi immediatamente, i corpi ondeggiano e gli Spurv, nella mezz’ora a loro disposizione, si dedicano più ai fatti che alle parole, snocciolando diversi pezzi dall’ultimo lavoro “Brefjære”. Forse un pochino troppo legati ai suoni e alla tradizione post-rock, che negli ultimi anni vede tra i propri ranghi quasi un sovraffollamento di band giovani, i sei si distinguono comunque per un’ottima resa live e per il curioso utilizzo del trombone, che neanche a dirlo, sta benissimo in mezzo alle distorsioni lancinanti delle tre chitarre.

Setlist Spurv

En brennende vogn over jordet
Til en ny vår
Og ny skog bæres frem
Urdråpene

TheOceanBand

Nei venti minuti di pausa, il Circolo Magnolia – tornato in versione invernale – si riempie sempre di più, fino allo spegnersi delle luci, accolto da un’acclamazione. Dando un’occhiata al pubblico, è palese come i The Ocean stiano attraversando la migliore fase della loro carriera, forti di una line up stabile ormai da qualche anno e di album di altissimo livello. È passato poco più di un anno dalla loro ultima apparizione sul suolo tricolore, ma poco importa, l’entusiasmo è visibilmente alle stelle. Il combo tedesco decide di dedicare la prima parte dello show all’ultimo album “Holocene”. A partire dalla doppietta iniziale “Preboreal”-“Boreal”, una serie di pezzi che testimonia l’eccezionale stato di salute della band, capace di allontanarsi sempre di più dalle origini post-hardcore, esplorando nuove soluzioni, ma rimanendo sempre fedeli a se stessa. In risalto, soprattutto in questa parte dello show, troviamo una sezione ritmica ipnotica, che costruisce brani dark, rifiniti da basi liquide e arpeggi minacciosi, capaci di trasformarsi rapidamente in distorsioni tritaossa, come nel caso della fantastica “Atlantic”.

La perfomance viene coadiuvata da suoni semplicemente perfetti e da un Loïc Rossetti in stato di grazia: il cantante, ormai ripresosi completamente dalla doppia frattura alle gambe, è una furia sul palco e il suo cantato pulito viene alternato a scream dilanianti. Questi ultimi si notano maggiormente nella seconda parte dello show, nella quale troviamo anche un paio di chicche dal passato, come “Statherian” e la strumentale “Abyssopelagic I: Boundless Vasts”. I The Ocean ci graziano in conclusione con “Pleistocene” e “Jurassic | Cretaceous”, due pezzi clamorosi, provenienti entrambi dal capolavoro “Phanerozoic II”: difficile descrivere a parole il devastante wall of sound che ci viene scagliato, unito alla precisione chirurgica dei musicisti. E mentre cerchiamo di riprenderci da quanto appena provato, il primo pensiero che ci viene in mente è il seguente: perché dei musicisti del genere sono relegati a suonare nei piccoli locali?

Setlist The Ocean

Preboreal
Boreal
Sea of Reeds
Atlantic
Subboreal
Permian: The Great Dying
Statherian
Miocene | Pliocene
Abyssopelagic I: Boundless Vasts
Pleistocene
Jurassic | Cretaceous

TWDY

Abbiamo appena il tempo di rifornirci di birra, prima di iniziare a sollevarci dal suolo. Se è vero che non siamo ancora riusciti a riprenderci dal colpo di grazia scagliato dai tedeschi, bastano le prime tre note dell’arpeggio di “The Mighty Rio Grande” per darci quella tranquillità, quella pace interiore che solo un certo tipo di post-rock può regalare: è tutto vero, dopo ben 5 anni i This Will Destroy You sono tornati in Italia. Non abbiamo il tempo di renderci conto di cosa stia succedendo, perché il fantastico climax del pezzo di apertura ci investe immediatamente e ci fa capire di cosa siano capaci i quattro sul palco. La spina dorsale della performance è la poderosa batteria di Robi Gonzalez, che percuote le sue pelli con violenza, guidando ogni brano, che sia tratto dall’esordio “Young Mountain” o dal più recente “New Others”.

In una discografia sconfinata – non tanto per numero di album, ma per quantità di suoni e influenze –, i texani decidono di dare meno spazio alle sfumature più ambient, minimali ed elettroniche del proprio sound. Una scelta che sicuramente paga, vista la serata in cui viene proposta: così in vari pezzi, come “Clubs” e “New Topia”, veniamo cullati dalle lievi note rarefatte, prima di essere schiacciati da un muro di distorsioni a volumi così alti da spingersi quasi ai limiti del noise e lasciandoci emotivamente distrutti – ma da questo punto di vista, bisogna dire che il loro nome ci aveva avvertito. Tra la vecchia “Quiet” e la nuovissima – e inedita – “4.03.21”, viaggiamo in un mondo immaginario per oltre un’ora, prima che la band faccia sentire la propria voce per ringraziare i presenti. Ma prima dei saluti, c’è spazio per la magnifica “A Three-Legged Workhorse” e per la devastante “Little Smoke”, che, manco a dirlo, ci lascia tramortiti.

Usciamo dal Circolo Magnolia con il sorriso, consapevoli di aver ammirato due band semplicemente perfette sul palco, capaci di donare emozioni contrastanti, ma forti in egual misura – e non è forse questo il bello della musica? Se tutti i lunedì fossero così…

Setlist This Will Destroy You

The Mighty Rio Grande
Clubs
4.03.21
Dustism
Weeping Window
Quiet
Threads
New Topia
A Three-Legged Workhorse
Little Smoke

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