20 luglio 2017: aspettavamo il tramonto in trentamila in quel di Roma, l’Ippodromo delle Capannelle fremeva per il calore e per la bramosa attesa, i Red Hot Chili Peppers erano tornati nel Bel Paese per quella che, assieme alla successiva di Milano, sarebbe stata una delle ultime date dei losangelini in Italia fino ad oggi. Da lì, sono passati cinque anni dal copione surreale, a partire dalle dichiarazioni di Chad Smith su un probabile addio ai live shows, passando per una pandemia globale che ha spento il mondo della musica, fino a giungere ad un impronosticabile ritorno nella band, per la terza volta, di John Frusciante con conseguente nuovo album, dal titolo “Unlimited Love”. Se un alieno, oggi, dovesse atterrare sulla terra e rileggere le pagine di questi anni, ci chiederebbe: “siete seri?”. Ma quello che sembra un romanzo apocalittico e assurdo, è esattamente ciò che abbiamo vissuto e, tra qualche giorno, al Firenze Rocks, potremmo tornare a cantare e sudare guardando estasiati la folta chioma e la Gretsch White Falcon di un signore della musica come John Anthony Frusciante.

Andare impreparati ai concerti, si sa, è da inquisizione e, considerando la militanza nei peperoncini rossi del bravo Josh Klinghoffer, che ha comunque generato considerevoli cambiamenti in scaletta, inserendo i pezzi di “I’m With You” e “The Getaway” nell’organico dei concerti, vogliamo cercare di rispolverare assieme a voi gli album dell’era Frusciante, trasportandovi in un variegato viaggio di dieci canzoni travolgenti. No, non parliamo di classici, difatti nella nostra raccolta non troverete una “Give It Away” o una “Under The Bridge”, così come non troverete materiale del nuovo full length, ma parliamo di ottime tracce “secondarie”, per modo di dire, che hanno trovato poco spazio in sede live: dagli esordi di “Mother’s Milk”, al corposissimo “Stadium Arcadium”, vi proponiamo la nostra playlist Spotify (che trovate qui sotto) con qualche chicca che vorremmo ascoltare il 18 giugno alla data dei Red Hot Chili Peppers al Firenze Rocks.

STONE COLD BUSH

Potrebbe essere pura utopia, eppure noi vogliamo crederci: “Mother’s Milk”, primo album dei Red Hot Chili Peppers col “greenie” Frusciante – subentrato al compianto Hillel Slovak – a manovrare la sei corde, è un abrasivo compendio di funk e alternative rock, ancora legato alle radici hardcore delle origini, ma già rivolto verso future sonorità più levigate. I Nostri sono ormai arrivati ai cinquanta inoltrati e, molto probabilmente, farebbero fatica a riportare on stage la chirurgica e irruenta ferocia dell’album, ma sognare non costa nulla e sentirci travolgere da una schiacciasassi come “Stone Cold Bush” sarebbe una sorpresa senza eguali.

THE POWER OF EQUALITY

Niente meno che l’opener dell’inarrivabile capolavoro “Blood Sugar Sex Magik”, “The Power Of Equality” è un altro di quei pezzi che potrebbe tranquillamente mettere sottosopra un’intera platea. Il clean riff di Frusciante a dominare le strofe, il basso che gira attorno alle sei corde come un uccellino in preda a visioni ultraterrene, il refrain ultra magnetico. Non parliamo di una traccia del tutto inesistente nelle scalette dei Red Hot Chili Peppers, ma gode sicuramente di un numero di esibizioni live piuttosto ridotto rispetto alla sua caratura. Che Firenze sia una delle date papabili per poterla ascoltare? Staremo a vedere.

FUNKY MONKS

Immaginatevi un solo, grande riflettore, ad illuminare Flea e John Frusciante, faccia a faccia negli intermezzi di “Funky Monks”, una delle tracce cardine di “Blood Sugar Sex Magik”, che trasuda funk e blues da tutti i pori, di quelle che si incollano in testa e non se ne vanno più. Suonata pochissimo nei concerti, potrebbe essere il giusto compromesso per riprendere fiato e scuotere le anche  dopo un pezzo più movimentato. Ma poi, che bella jam ne uscirebbe con un outro del genere?

Photo Credits: Red Hot Chili Peppers Facebook Page

GET ON TOP

Dovrà essere molto arduo, per Anthony Kiedis e soci, tenere fuori dalle scalette i pezzi estratti da un masterpiece come “Californication”, ma la discografia dei Peppers è talmente vasta che bisogna necessariamente fare dei sacrifici. E se gran parte dei tasselli di un concerto dei losangelini deriva da tale album (il più riprodotto on stage), di conseguenza dovranno esservi importanti esclusi per far spazio alla “concorrenza”. Uno di questi è l’infiammata “Get On Top”, una delle tracce più imbizzarrite dell’album, che si fonda sulla rodata alchimia tra il wah di Frusciante ed un indemoniato Anthony Kiedis. Immaginiamo già il pogo che partirebbe dopo il “right on” che chiude il refrain, ma non fomentiamoci troppo.

THIS VELVET GLOVE

Altra illustre “esclusa” di “Californication”, “This Velvet Glove” incarna alla perfezione la virata di sound della band verso orizzonti pop-rock più evocativi, dopo anni di imbestialito funk e dopo un “One Hot Minute” a tratti metal-oriented. Il pezzo ricalca le orme della title track e delle celebri “Otherside” e “Scar Tissue”, plasmandosi su un sound morbido, accarezzato dalla sei corde e cullato dal Jazzmaster di Flea, che si fa più ruvido poco prima del finale. Una traccia di grande qualità, messa in ombra dall’imponente successo delle altre sopracitate, ma che ci lascerebbe piacevolmente sorpresi in caso di uno spiazzante inserimento in scaletta.

DOSED

Altra splendida canzone dei Red Hot Chili Peppers, estratta dal riuscitissimo “By The Way”. Poco spazio per lei nei live, nonostante la grande forza emotiva che si trascina dietro, sospinta dalle dolci carezze arpeggiate di Frusciante e accompagnata dalla voce di Anthony Kiedis che si scioglie fino ad abbracciare le tonalità più alte del chitarrista. Ingiustamente oscurata dalle più appetibili “The Zephyr Song” e dalla stessa title track, la vedremmo benissimo incastonata agli inizi del set, cullando il tramonto prima dell’inevitabile tempesta di funk.

VENICE QUEEN

Non servono nemmeno parole per descrivere un pezzo come “Venice Queen” , forse l’apice di tutto “By The Way”: l’arpeggio morbido in ingresso, il crescendo delle pelli che si intrufolano adagio, Flea che sprona docilmente il basso e un Anthony Kiedis paradisiaco. Una traccia lunga, che si sviluppa capillarmente e con pazienza, fino all’incredibile outro, dove Frusciante imbraccia la chitarra acustica e stravolge il pattern ritmico, trascinandoci in una danza circolare di melodie. Siamo cresciuti guardandola suonare in quel live perfetto allo Slane Castle e sarebbe un’emozione incommensurabile poterla ascoltare direttamente con le nostre orecchie, a pochi metri di distanza.

Photo Credits: Red Hot Chili Peppers Facebook Page

TORTURE ME

“Stadium Arcadium”, lo sappiamo, è vastissimo, e ciò ha limitato i Nostri nella scelta dei pezzi da portare on stage. Proprio per questo molte celebri canzoni hanno visto il palco raramente, ed una di queste non può che essere “Torture Me”, una bella cavalcata tra le briglie di Chad Smith, imbufalito dietro alle pelli, mentre Frusciante fa il brutto e cattivo tempo, tra le sferzate distorte delle strofe, passando per le soffici melodie del ritornello, fino a completare l’opera con un’assolo sensazionale.

READYMADE

Assieme alla precedente in elenco, genererebbe un uno-due micidiale: “Readymade” gioca con il classic rock hendrixiano e i suoi ritmi scanditi e ripetuti, tessendo una trama semplice, ma che incarna in sé i dettami fondamentali del blues e dell’hard rock. Scegliamo questa tra le tante carte del mazzo per via del suo mood trascinante e per via di un solo libidinoso, ad hoc per far esplodere il parterre. Vi abbiamo avvisato, se Kiedis dovesse cantare “Oh, clean it up, Johnny!”, bhe, sapete benissimo come andrà a finire.

DESECRATION SMILE

In rapporto con la sua fama, forse la più grande “outsider” in sede live estratta dal colosso “Stadium Arcadium”: “Desecration Smile” è un manifesto di malinconia, dominato dalla chitarra acustica di Frusciante, filo conduttore di un pezzo bellissimo e struggente. Un sorriso, di tutt’altro tipo, ci si stamperebbe in faccia se i Nostri ci regalassero un intimo momento, a tu per tu, con le emozioni di tale canzone: emozioni che, sbocciate nella splendida cornice del Firenze Rocks, potrebbero rimanerci incollate nel cuore per tanto tempo.

Comments are closed.