È toccato ai Deftones inaugurare il Sequoie Music Park, festival bolognese della durata di un mese, durante il quale, nelle varie serate, si alterneranno sul palco artisti italiani ed internazionali. Il quintetto di Sacramento, dopo la pubblicazione di “Ohms” e 2 anni di rinvii causa Covid – la data originaria doveva essere nel 2020 a Torino – è riuscito finalmente a tornare nel Belpaese, a distanza di 5 anni dall’ultima data a Milano.

Ad aprire la serata tocca a grandson. Si è trattata della prima esibizione in Italia per l’artista canadese e il battesimo non poteva essere migliore. Nonostante le lunghe code per accedere all’area concerti, l’arena è già colma quando Jordan Benjamin inizia a sparare sul pubblico tutta la sua energia. Autore di brani che spaziano tra rock, hip hop ed elettronica – e che si adattano perfettamente ad un contesto live per carica ed energia trasmessa – il cantante si trova perfettamente a suo agio sul palco, sempre accompagnato dal chitarrista  Ramon Blanco e dal resto della band. Per tutta la durata del suo set grandson è una trottola impazzita e snocciola parte delle serie di EP “A Modern Tragedy” insieme al suo unico album in studio “Death Of An Optimist”, pubblicato quasi 2 anni fa. Pezzi violenti come “6:00”, “Stickup”, “Oh No” e “Stigmata”, vengono alternati a brani più riflessivi o ballabili come “WWIII”, “Overdose” e il singolone “Blood // Water”, che chiude il set. Considerata l’intensità del suo show e la risposta del pubblico presente, non vediamo l’ora di vederlo in azione su un palco tutto suo.

Dobbiamo aspettare che il sole cali completamente prima che il palco si riempia di fumo e che i Deftones salgano sul palco per regalarci la solita ora e mezza di fuoco e fiamme. Nonostante i recenti terremoti in line up – l’uscita dalla band del bassista Sergio Vega e la rinuncia al tour del chitarrista Steph Carpenter – la band è sempre una macchina da guerra, capace allo stesso tempo di regalare emozioni vere. I due sostituti – Fred Sablan e Lance Jackman – si integrano perfettamente sul palco e l’aria che si respira è quella delle grandi occasioni. Come ricordato dalla stesso Chino Moreno era addirittura dal 2000 che la band non si esibiva a Bologna e il bagno di folla (con molti più presenti rispetto ai passati e frequenti show da headliner in Italia) ha ripagato questi 22 anni di attesa del capoluogo emiliano. I Deftones attaccano con “Genesis”, opener di “Ohms” e la temperatura cresce subito a dismisura, fino a esplodere con la violentissima “Rocket Skates”, un pugno in pieno volto che colpisce ognuno dei presenti. Si prosegue con il grande classico “Be Quiet And Drive” ed è qui che si inizia a percepire l’infinita sensibilità della band, capace di equilibrare alla perfezione melodia e violenza sonora: i dolci vocalizzi di Chino carezzano l’anima, mentre le roboanti distorsioni calpestano le orecchie, in un mix letale a cui abbandonarsi totalmente, grazie anche ad un impianto scenico di tutto rispetto. Questo aspetto viene evidenziato anche in “Diamond Eyes” con i suoi riff abrasivi come l’asfalto, “Rosemary”, conclusa da uno scream da pelle d’oca, “Tempest” e la magnifica “Sextape”, una delizia per il cuore e per le orecchie.

Discorso a parte merita la (purtroppo breve) parentesi dedicata al capolavoro “White Pony”, con “Digital Bath” e “Change” che fanno alzare un coro assordante dal pubblico. Ma la band alterna questi momenti con sferzate rumorose e violente e siamo contentissimi di rivedere finalmente dal vivo brani come “Bloody Cape”, “Around The Fur”, “Headup” e “Lotion”. La performance di Moreno è la solita: un animale da palcoscenico, che quando non ha in mano la chitarra, sussurra vocalizzi, sbraita scream e salta continuamente da una parte all’altra del palco, imprigionato dal filo del suo stesso microfono. Anche il resto della band tiene il palco egregiamente, con il solito Abe Cunningham a pestare le pelli senza pietà, facendo da motore dello show. Come da miglior tradizione, dopo 90 minuti a dir poco intensi, a chiudere la serata è “7 Words”, con la quale i cinque salutano un pubblico stremato, ma felice.

Fa sorridere vedere finalmente, dopo quasi 3 decenni di attività passati a suonare in piccoli locali, una delle band più influenti di questo secolo raccogliere quanto seminato e deliziare un pubblico più numeroso in Italia, ma non solo – pochi giorni fa i cinque hanno suonato da headliner a Hellfest. Si tratta del giusto riconoscimento ad una band unica, che in tutti questi anni non ha mai sbagliato un colpo e che è sempre riuscita ad andare avanti nonostante tutte le avversità – prima su tutte, la scomparsa di Chi Cheng. Quello presentato ieri è uno spettacolo totale, una celebrazione di una carriera impareggiabile, che, a giudicare da quanto visto, è ancora ben lontana dal terminare.

Setlist

Genesis
Rocket Skates
Be Quiet and Drive (Far Away)
My Own Summer (Shove It)
Tempest
Swerve City
Digital Bath
Around the Fur
You’ve Seen the Butcher
Sextape
Diamond Eyes
Rosemary
Bloody Cape
Change (In the House of Flies)
Ohms
Headup
Lotion
7 Words

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