NUOVE USCITERECENSIONI

Haken – Fauna

Articolo a cura di Dennis Radaelli

Poco meno di tre anni separano il precedente album, l’acclamato “Virus”, da questa nuova fatica che risponde al nome di “Fauna”. Un periodo di tempo relativamente lungo (complice anche la pandemia) nel quale abbiamo potuto assistere a un significativo cambio di formazione in casa Haken, rappresentato dal ritorno di Pete Jones alle tastiere dopo 14 anni al posto di Diego Tejeida, colui che ne prese il posto nel lontano 2008 e che ha rappresentato un tassello fondamentale nella scalata al successo della band britannica, divenuta nel corso degli anni una delle realtà più importanti nel panorama prog metal moderno.

Il “nuovo” arrivato si rende immediatamente protagonista dei nove pezzi che compongono questo progetto, portando una ventata d’aria fresca all’interno del caratteristico sound a cui il sestetto ci ha abituato di album in album. L’esempio lampante è offerta dal singolo di lancio “The Alphabet of Me” (secondo effettivo se si tiene anche conto di “Nightingale”, uscito l’anno scorso), in cui è possibile ammirare quanto intrapreso dagli Haken in termini di direzione musicale: una traccia caratterizzata da strofe elettroniche (complice l’intreccio di sound design, drum machine e basso distorto), un cantato rappato di Ross Jennings nella prima parte e le chitarre del duo Richard HenshallCharlie Griffiths poste in secondo piano, che esplodono soltanto nel ritornello.

È proprio questo pezzo che forse rappresenta al meglio il DNA di “Fauna”: se già nelle opere passate il loro prog metal è stato amalgamato ad elementi atipici (basti pensare all’inserto 8bit di “Insomnia” da “Visions” o al quasi valzer della pittoresca “Celestial Elixir” da “Aquarius”), il settimo album degli Haken è un’ulteriore passo in avanti in termini di ricerca sonora e varietà musicale. Sebbene anch’esso si tratti complessivamente di un disco progressive metal, mai come in passato la formazione britannica ha proposto una gamma così ricca di influenze. Brani convenzionali si intrecciano ad altri più atipici, pur mantenendo i distintivi elementi chiave firmati Haken, come i ritornelli melodici e accessibili e le sezioni centrali tecniche ed intricate. Se l’opener “Taurus” ci riporta direttamente ai fasti del precedente doppio concept “Vector” e “Virus” grazie alle sonorità al limite del djent, altri come “Island in the Clouds” o “Beneath the White Rainbow” aprono le porte a territori difficilmente esplorati in maniera così ampia: la prima si rende immediatamente riconoscibile da un’introduzione di natura quasi elettronica, mentre la seconda regala un momento puramente fusion che strizza l’occhio ai Nova Collective (il supergruppo che vede protagonisti, tra gli altri, Jones e Henshall), che sfocia verso un cantato distorto e a tratti strillato. Cattura l’attenzione anche la breve “Lovebite”, in cui viene narrato il macabro rapporto di coppia della vedova nera, il tutto in netto contrato con le sonorità, che ricordano da lontano “Earthrise” (da “Affinity”) e quelle melodie tanto care al Phil Collins degli anni ottanta.

A fare da vere padrone del disco, come da tradizione, sono però le composizioni più lunghe. Spicca “Sempiternal Beings”, nei cui otto minuti è possibile assistere a un vero e proprio viaggio musicale, passando tra momenti pesanti ed altri più riflessivi, in cui Jennings è protagonista di una performance vocale da brividi. L’eccentrica “Elephants Never Forget” non è da meno: un’introduzione al limite del teatrale (i richiami ai Queen sono a dir poco evidenti) riporta alla mente gli elementi bizzarri protagonisti delle prime composizioni della band, una sezione centrale funky (qualcuno ha detto Primus?) e continui incastri tecnici di batteria e tastiera che hanno il culmine con un esteso assolo di chitarra.

La musica si muove di pari passo con il contenuto lirico, dotato di un lessico più ricercato ed ispirato. Pur non trattandosi di un vero e proprio concept, ogni brano risulta simbolicamente associato a un animale, indicato più o meno esplicitamente. Esempio lampante è la traccia conclusiva “Eyes of Ebony”, un pezzo atmosferico che tratta l’ormai vicina estinzione del rinoceronte bianco e più indirettamente anche un tributo al padre di Henshall, storico supporter della band fin dagli albori, scomparso pochi anni fa. Questo pezzo dal sapore più atmosferico si evolve da un riff introduttivo di matrice math rock contornato da una base simil-ambient, giungendo a un breve momento di maggiore intensità in linea con gli ultimi momenti di vita dell’essere vivente, terminando con un messaggio di speranza verso il futuro.

“Fauna” è sicuramente uno di quei dischi che non fanno click al primo ascolto, specialmente tra i fan più recenti abituati a un lato più aggressivo della band. L’ecletticità e la varietà di suoni offerte sono tali al punto che può risultare in un primo momento difficile assorbire gli oltre 60 minuti di musica o anche solo inquadrare la direzione che gli Haken hanno voluto intraprendere con questo progetto. Ciò che è evidente è che la band, pur con un cambio di line-up non indifferente, si dimostra in ottima forma e molto ispirata, senza mostrare timor alcuno verso la volontà di affrontare nuove sfide e spingersi verso direzioni differenti.

Tracklist

01. Taurus
02. Nightingale
03. The Alphabet of Me
04. Sempiternal Beings
05. Beneath The White Rainbow
06. Island In The Clouds
07. Lovebite
08. Elephants Never Forget
09. Eyes Of Ebony

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