Tradizione e innovazione in quest’ultimo scorcio d’inverno oscuro.

Omega Infinity – The Anticurrent (Season Of Mist)

Con il debutto “Solar Spectre”, gli Omega Infinity non hanno certamente reso le cose facili agli ascoltatori meno inclini ai suoni sperimentali, attraendoli nelle oscurità più profonde dello spazio per polverizzarne i corpi. In “The Anticurrent”, il progetto tedesco-australiano del singer Xenoyr (Ne Obliviscaris) e del polistrumentista Tentacle P. (Todtgelichter) sembra fare un ulteriore passo avanti verso la rottura delle tradizionali strutture liriche e musicali del nostro evo, scegliendo la strada del non convenzionale a tutti i livelli. Questa volta il duo si dedica al tema del Tempo, partendo dalla nascita dell’universo sino ad arrivare alla fine di esso attraverso la narrazione dell’ascesa e della caduta delle civiltà umane via via succedutesi nel corso di esso. Un’impresa ambiziosa, ma dall’epilogo positivo, irrorata da un black/death metal d’avanguardia che strizza l’occhio all’elettronica e all’industrial, con un utilizzo delle tastiere capace di imperlare i brani – , comprese due cover dal repertorio di Emperor e Sear Bliss – di freddi sudori cosmici. Adrienne Cowan, Marta, András Nagy e Lindsay Schoolcraft sono i compagni di viaggio di un disco gelido e febbrile, che si innalza maestoso sulle ceneri dell’Apocalisse e le intuizioni dei Darkspace.

Tracce consigliate: “The Alpha”, “Iron Age”, “Voices From The End Of Time”

Parasitario – Everything Belongs To Death (F.D.A. Records)

Nonostante provengano dal Giappone, precisamente da Osaka, i Parasitario esibiscono una viscerale passione per il death metal old school di matrice europea nell’album d’esordio “Everything Belongs To Death”, rilasciato dalla F.D.A. Records dopo la consueta serie di demo ed EP, con nel mezzo la curiosa pubblicazione di un live album. Sono l’Inghilterra, i Paesi Bassi e la Svezia a fungere da fonte d’ispirazione per il trio nipponico, visto che, se il sound a motosega delle chitarre richiama chiaramente gli Entombed, nelle sezioni in mid-tempo il marchio degli Asphyx e dei Bolt Thrower appare altrettanto inconfondibile. Ciò non significa che i nipponici si impegnino in una mera e semplice imitazione dei propri modelli, ma, un po’ come i ben più celebri Skeletal Remains, optano per una rivisitazione fresca e sincera di un genere che, tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90, conobbe una fioritura a dir poco eccezionale. Un LP compatto, composto da dieci pezzi quadrati ed essenziali che non si perdono in inutili lungaggini, beneficiando di una produzione terrosa in grado di conferire loro quel senso di putrida autenticità così amata dai buongustai dell’estremo. Dall’Estremo Oriente con furore.

Tracce consigliate: “Blizzard Of Death”, “Devouring Parasites”, “Five To Die”

Sarcoptes – Prayers To Oblivion (Transcending Obscurity Records)

Con un paio di EP e un full-length nel carnet, è ora giunto il momento di un secondo album per i Sarcoptes, duo di Sacramento le cui scorribande tra black, death e specialmente thrash non lasciano indifferenti. L’amore per la Storia, già evidente nello scorso “Songs And Dances Of Death” (2016), trova ancora maggior risalto in questo nuovo “Prayers To Oblivion”, nel quale eventi come la Prima guerra mondiale, l’influenza spagnola e il conflitto in Vietnam operano da sfondo a un sound ibrido e affilato, benché non sempre di presa subitanea. Tre dei cinque brani, infatti, superano i tredici minuti di durata che, per una band legata agli insegnamenti di Slayer e Sodom, risulta alquanto bizzarra e potrebbe far sorgere dubbi circa la qualità complessiva del songwriting. L’utilizzo delle tastiere in modalità CthoniC, tuttavia, riesce a conferire al disco un mood atmosferico che va a compensare una certa mancanza di varietà, regalando all’insieme quella piacevolezza d’ascolto altrimenti impegnativa da ricavare. Le basi sono solide, ma il verbo sottrarre dovrà servire da mantra per il futuro.

Tracce consigliate: “Trenches”, “Spanish Flu”

Siege Of Power – This Is Tomorrow (Metal Blade Records)

Un supergruppo death metal della caratura dei Siege Of Power, con membri di Asphyx, Autopsy ed Hail Of Bullets, non poteva certo restare al palo per lungo tempo dopo un debutto come “Warning Blast” (2018), dignitoso, tuttavia privo di momenti davvero memorabili. Il nuovo lavoro degli euroamericani, ”This Is Tomorrow”, pur presentando ancora, al pari del predecessore, un’atmosfera punk/crossover in gran parte dei brani, mostra un quartetto più deciso e convinto nell’impollinare i generi ed esplorare diversi paesaggi sonori. Black, crust, doom ed heavy classico vengono gettati insieme nel calderone, conditi da una cruda spolverata di metallo della morte old school e da una folle prestazione vocale di Chris Reifert che vale, da sola, il prezzo del biglietto. Le rasoiate di Paul Baayens, le accelerazioni in D-beat di Bob Bagchus e le adiposità del basso di Theo Van Eekelen completano un’opera di demolizione infernale, esaltata da una produzione da selvaggio live album, capace di catturarne l’intensità e la forza propulsiva. Brutti, sporchi e cattivi, ma con la voglia di cambiare la percezione che solitamente si ha della band all star: missione compiuta.

Tracce consigliate: “Sinister Christians”, “Scavengers”, “Deeper Wounds”

Ulthar – Anthronomicon & Helionomicon (20 Buck Spin)

Provenienti dagli Stati Uniti, gli Ulthar rappresentano una macabra entità cosmica che dal 2014, anno di diffusione dell’esordio “Cosmovore”, propina agli ascoltatori, al pari dei tedeschi Sulphur Aeon, viaggi imprevedibili nell’immaginario letterario di H. P. Lovecraft. E non si può certo dire che il trio di Portland traduca in musica il lascito dello scrittore nordamericano scegliendo la strada dell’ortodossia estrema, anzi, il desiderio di esplorare i confini più remoti dell’universo li conduce spesso e volentieri a soluzioni compositive davvero peculiari e agghiaccianti. Dopo la release di “Providence” (2020), il gruppo decide di tenere fede alla propria originalità pubblicando due album distinti e separati, facce sinistre della stessa medaglia in cui viene frullato, in maniera lucidamente folle, tutto il buono del death metal novantiano, con dissonanze black e technical thrash a insaporire la ricetta. Sulla scia di Blood Incantation e formazioni affini, l’act assorbe l’antica dottrina di Atheist, Demilich, Gorguts e Morbid Angel calandola nel vivo presente, congegnando un puzzle invero fluido e organico, che gioca sull’apparente frammentarietà per destabilizzare – e affascinare – le orecchie degli ignari fruitori. Un labirinto sonoro frenetico e malvagio che in “Anthronomicon” si snoda attraverso canzoni nelle quali risulta relativamente più semplice individuare le figurazioni dei riff, mentre occorre maggior concentrazione per addentrarsi nelle spirali di “Helionomicon”, costruito su due suite sì vertiginose, ma di un’agilità a dir poco prodigiosa. Applausi a scena aperta.

Tracce consigliate: “Cephalophore”, “Astranumeral Octave Chants”, “Larynx Plateau”, “Helionomicon”

Comments are closed.