Foto copertina: Mark Beemer

Gli L.S. Dunes sono una delle cose più belle che la pandemia ci potesse regalare. Il supergruppo post-hardcore per eccellenza: Tucker Rule (batteria) e Tim Payne (basso) dei Thursday, Frank Iero (chitarra) dei My Chemical Romance, Travis Stever (chitarra) dei Coheed and Cambria ed Anthony Green (voce) dei Saosin e dei Circa Survive. In attesa di vederli a Milano tra pochi giorni, abbiamo chiacchierato un po’ con Travis, che non si è rifiutato nonostante le non ottimali condizioni fisiche.

Ciao Travis, benvenuto su Spaziorock. Come stai?

Un po’ raffreddato, come te vedo. Il tempo fa schifo ultimamente e questo è stato uno degli anni peggiori per chi è allergico. Anche tu lo sei?

In realtà no, ma qui a Milano non fa altro che piovere da giorni…

Sì, anche qui, ma speriamo migliori per quando arriveremo!

Speriamo di sì! Innanzitutto però mi piacerebbe sapere di più del vostro nome.

Stavamo giocando con le parole, soprattutto con Dunes e poi abbiamo cominciato a pensare a delle lettere da inserire prima. Per ognuno di noi ha un significato diverso, ma ci siamo promessi che non lo avremmo detto a nessuno [ride, ndr]. Oggi come oggi il mistero si è un po’ perso nell’arte e a noi piace riportarlo.

Le cose esoteriche attraggono sempre. “Past Lives” è uno dei dischi post-hardcore più belli che abbia mai sentito e credo sia anche grazie alla pandemia. C’era così tanta incertezza al tempo e non c’erano aspettative, da parte dei vostri fan ma anche da parte vostra.

Ti ringrazio molto! Condivido quanto dici. È stata una sfida per noi, mostrare a tutti che questa era una vera band e che questo album valeva molto per noi. E stiamo continuando a farlo, semplicemente ora lo facciamo di persona.

Mi è piaciuta in particolare “Sleep Cult”, che ha queste vibes molto anni ’50 ed è una bellissima chiusura per l’album, come un arcobaleno dopo la pioggia. Cioè, non è una canzone allegra, ma c’è una sorta di serenità, non trovi?

Sì, credo che [starnutisce, ndr] abbia un sacco di contrasto al suo interno. [starnutisce, ndr] Credo che crei delle belle immagini con la musica [starnutisce, ndr]. Spero che fosse l’ultimo… [ridiamo, ndr] Il testo ovviamente, Anthony è molto bravo a scrivere bellissime melodie, a creare un effetto quasi di felicità mentre sta descrivendo cose così oscure. Credo che sia il suo modo di scacciare i suoi demoni. E la canzone alla fine ha permesso a tutti noi di farlo. Io personalmente ci ho messo la lap steel e gli accordi migliori che avevo in mente, non sapevo come Anthony avrebbe proseguito con la sua parte… È una delle ultime canzoni su cui abbiamo lavorato, infatti lo abbiamo fatto di persona, ma parte come tutte le altre: uno scambio di file a distanza. Ho mandato le mie idee a Will Yip perché non potevo raggiungere lo studio all’inizio. È stata un’esperienza molto strana, quasi miracolosa, alla fine ti viene da pensare: “Come ha fatto ad andare così bene senza che nemmeno ci parlassimo?”. Credo che al contrario si lavori meglio, ma “Past Lives” è una strana creatura, nata dai nostri dolori messi sul piatto, e ha una bellezza unica per questo.

È interessante perché ora che la pandemia è finita molti artisti continuano comunque a registrare così, a distanza. Non è strano?

Credo che la cosa abbia avuto il suo picco in quel periodo, ora molti tornano a fare i dischi insieme ed è bello perché dimostra che nulla può fermare noi umani dal creare arte. Al tempo stesso, ci sono canzoni che hanno beneficiato da quella situazione, perché ci abbiamo lavorato senza analizzarle troppo. Ma comunque quando si lavora tutti insieme dal vivo si crea tutta un’altra atmosfera.

Puoi fare un esempio di quelle canzoni?

Allora, ti direi in generale quasi tutto “Past Lives”, ogni pezzo è rimasto abbastanza fedele ai file che ci scambiavamo. Ci sono quei 2 o 3 pezzi che sono nati di persona… Non starnutire, non starnutire… Ce l’ho fatta! [ridiamo, ndr] “Permanent Rebellion” e “Sleep Cult” nascono da riff che Frank aveva e ha fatto sentire agli altri. Secondo me mancava qualcosa e allora ho cominciato a lavorarci. Anche Anthony, dallo studio di Will Yip. Non c’è mai stata troppa riflessione, troppa dissezione… Quando ci sentivamo su Zoom era tutto un “Adoro quest’idea!”, mai un “Credo che dovresti fare così”. Accettiamo sempre le idee di ciascuno. Ovviamente, è stato bello incontrarsi, anche perché: dopo che hai fatto qualcosa di cui sei così fiero, qual è il prossimo passo? Beh, noi avevamo questo vantaggio, dovevamo ancora vederci dal vivo.

Quindi non rifiutate mai nulla a primo impatto?

Nessuno di noi. Io cerco di non farlo mai, specialmente con l’arte. Come faccio a sapere cosa vale la pena esplorare e cosa no? Se non è di mio gusto e aggiungo qualcosa di mio, forse l’amerò.

Ho la stessa filosofia con la mia band, ti capisco.

È difficile però, no? Perché non riesci a lasciar andare nulla.

È difficile e richiede molto tempo. A volte ti ritrovi dopo 3, 4, 5 ore che hai lavorato su questa parte e non sei andato da nessuna parte, perciò è come se avessi perso del tempo ed è frustrante.

Sì, ma non lo trovo tempo perso. È frustrante, ma passa subito. Finché sono produttivo… Come dicevamo prima, ora non sto benissimo per via delle allergie, mi devo preparare per il tour e sono uno straccio, ecco questo per me è brutto. Se avessi lavorato su qualche nuova idea, anche se non fossero diventate nulla, mi sentirei bene. È una merda quando non puoi fare nulla. Sarà un cliché, ma sono felice se sto lavorando su qualcosa.

Cerchi di prendere lezioni anche dai fallimenti, è un bellissimo modo di vedere le cose. E com’è stato lavorare con Will Yip? Produce grandi artisti del vostro genere ed è un collaboratore frequente di Anthony, se non sbaglio.

Io non ho potuto farlo se non recentemente. Solo ora capisco perché così tanti lavorano con lui. Diventa un altro membro della band: è come se diventasse lui stesso il banco da lavoro, è al servizio delle canzoni. Frank, Tucker e Anthony hanno registrato lì. Solo io e Tim non siamo riusciti a farlo a causa delle restrizioni. Diciamo che le canzoni sono il risultato d tutto ciò che abbiamo scritto per un anno, non sono poi cambiate molto in studio, quindi in quel caso Will ha agito più da fonico che da vero e proprio produttore. In ciò che è venuto dopo, sono venute fuori le sue idee, alcune delle quali veramente buone. Diventa cruciale in molti modi, credo che sia per questo che produce grandi dischi.

Avete pubblicato le demo di quasi ogni vostra canzone. Per voi è importante mostrare come le canzoni evolvono, dalla scrittura fino alla produzione?

Sì. Molte di quelle demo sono praticamente ciò che noi ci inviavamo. E io amo le demo, a volte più delle versioni finali.

Davvero?

Dipende da chi è l’artista in questione. Il mio autore preferito è Neil Young e ho amato certe sue demo di più. Stessa cosa per i Talking Heads. Mi piace che gli artisti lo facciano, mostrino tutti i passaggi, l’origine, mi intriga moltissimo. A volte preferisco le demo, ma di solito c’è un motivo se sono rimaste tali e sono cambiate.

Vero. Il vostro ultimo singolo, “How Dare You”, è uscito a san Valentino. Parla di amore, ma in modo violento, direi.

Non credo che sia violento, magari tossico ecco. Più che altro cerca di comunicare qualcosa che va oltre il significato letterale, Anthony lo fa spesso secondo me… C’è una parola precisa per indicare questa cosa… Anche Claudio [Sanchez, voce e chitarra, ndr] nei Coheed and Cambria lo fa… Non posso credere che non mi venga in mente questa parola [ride, ndr].

Intendi quando rivedi te stesso in un testo di qualcun altro?

Non esattamente… Aspetta che lo cerco… Una metafora! [ridiamo, ndr]

Era così facile! E quest’anno uscirà altro da parte vostra?

Allora, non posso dire che non ci sia nuova musica, non posso dire che non potrei essere più eccitato… Tenete d’occhio i nostri canali. Vorrei dire altro, ma sai…

Ma certo, immaginavo, però dovevo chiedertelo…

Tranquillo, mi fa piacere, vuol dire che ti piacciamo [ride, ndr].

Di solito, i supergruppi sono una cosa che dura poco, invece voi siete ancora in tour due anni dopo il disco. Anthony voleva che gli L.S. Dunes diventassero la sua band principale, direi che il desiderio si è realizzato.

Sì, abbiamo tutti un sacco di cose in ballo ma questo progetto è molto importante per noi.

E state per iniziare il vostro tour europeo. Cosa vi aspettate dalla vostra prima data italiana?

Sono emozionato di tornare in Italia, la amo ed è passato molto dall’ultima volta. Venirci con questa band è come un sogno che si avvera. Spero solo che siano tutti pronti per ballare e cantare.

E ci sarete tutti? Ho letto che Tim è stato assente da alcune date l’anno scorso, immagino sia appunto per tutti i vostri impegni, tra famiglia e band…

Sì, è così, ma adesso stiamo cercando di bilanciare tutto. Ci saremo tutti.

Magnifico. Travis, ti ringrazio per il tuo tempo. Vorresti dire qualcosa ai vostri fan che leggono Spaziorock?

Mi raccomando, venite a divertirvi al nostro show e seguiteci, ci sono bellissime notizie in arrivo da parte degli L.S. Dunes.

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