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Movements – Ruckus!

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Non ci è dato sapere cosa significhi il titolo del nuovo lavoro dei Movements, ma a detta del frontman Patrick Mirandaracchiude l’energia delle canzoni e smuove l’ascoltatore”. A distanza di 3 anni dall’acclamato “No Good Left to Give” (2020), il quartetto californiano pubblica “Ruckus!”.

In mezzo ai dilemmi generati dal nome alquanto particolare, negli ultimi mesi la band si è impegnata a rassicurare i propri fan con una buona manciata di singoli. “Killing Time” e “Lead Pipe” mostrano le fortissime influenze indie ed emo del gruppo. Il primo ha un sound disteso dominato dal basso di Austin Cressey; il secondo invece è un brano che strizza l’occhiolino agli Arctic Monkeys, ma senza uscire del loro contesto core, aggressivo e sincopato.

Le capacità tecniche dei componenti si sentono maggiormente in “Fail You”, in particolare quelle del batterista Spencer York, il quale regge ritmi sia pari che dispari con assoluta destrezza, scanditi dagli accenti del riff di Ira George. Molto azzeccata anche la performance vocale di Miranda.

I riff di George non sono dei più complicati che esistano, ma sono cuciti bene sui brani, così come le parti di York e Cressey, e tutti e tre insieme permettono a Miranda di dilettarsi facilmente all’interno dei brani. Esempi di ciò sono l’introversa ma quasi ballabile “A.M.P.” e soprattutto “Tightrope”, uno dei pezzi migliori del disco, che con molte probabilità diventerà una delle tracce di punta dei Movements. La scrittura e l’arrangiamento sono molto buoni, la dinamica è ottima, ogni strumento trova il suo spazio senza sovrastare gli altri.

L’ultimo singolo che precedeva il disco, “Heaven Sent”, abbassa la pressione e dà sfogo piuttosto ad emozioni più melense, in un paesaggio sonoro contornato da un riff semplice e da una dolcissima linea vocale. Il bridge sembrerebbe essere il punto di svolta, cresce per poi però portare a un ritornello identico ai precedenti, quando forse sarebbe stato più bello sconfinare.

Diciamo che i singoli selezionati fanno ben intendere cosa aspettarci da “Ruckus!”: un disco post-hardcore moderno, che però, al contrario di tante band che negli ultimi anni ricadono sotto questa definizione, si colloca nella nicchia più canonica del genere, ricca delle influenze emo, punk, indie, alternative e math. L’apertura di “You’re One Of Us Now” forse ricorda un po’ troppo “Happy Song” dei Bring Me the Horizon, ma tutto sommato riesce a mantenere una propria identità, grazie a un sound legato molto di più al mondo core, senza troppi fronzoli.

La grinta del gruppo si sente molto bene in “I Hope You Choke!” e ancora di più in “Dance With Death”, un brano punk/post-hardcore che ricorda un po’ gli You Me at Six del decennio scorso: batteria e basso inarrestabili, una chitarra impegnata a tracciare una melodia decisa e una voce talmente emozionata che sembra quasi rompersi.

“Coeur D’Alene”, che chiude l’album, racchiude perfettamente il concetto generale dell’opera: introverso, fragile ma al tempo stesso potente, determinato. Tutto ciò si percepisce lungo tutti i 36 minuti di “Ruckus!”, non solo dalla musica ma anche dai testi: il tema più ricorrente in assoluto è la morte, affrontata come desiderio di riscatto (“Lead Pipe”, “I Hope You Choke!”), senso di colpa (“Fail You”), sprovvedutezza (“Dance With Death”), parte di un amore (“Killing Time”, “Heaven Sent”), con conseguenze anche drastiche (“Tightrope”).

I Movements col loro terzo lavoro decidono di rimanere in terreni ben conosciuti, affidandosi ancora una volta all’esperto Will Yip (Circa Survive e Code Orange tra le band che ha prodotto), tirando fuori un disco che non diverrà una perla rara del genere, ma che di certo piacerà ai fan dell’autentico post-hardcore, stufi di sentire prodotti quali Bring Me the Horizon o Falling In Reverse e nostalgici degli anni d’oro di Alexisonfire e Saosin.

Tracklist

01. You’re One Of Us Now
02. Killing Time
03. Lead Pipe
04. Heaven Sent
05. Tightrope
06. I Hope You Choke!
07. Fail You
08. A.M.P.
09. Dance With Death
10. Coeur D’Alene

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