Il singolo “Scatolette” in uscita oggi e un tour per i locali italiani che partirà a fine mese dal New Age di Roncade: i Ministri sono tornati! Abbiamo parlato con Davide Autelitano – in arte Divi – cantante e bassista del trio milanese, che ci ha raccontato le sensazioni della band riguardo il ritorno sui palchi.

Ciao Divi, grazie di essere qui con noi su SpazioRock!

Ciao! Grazie a voi!

Nuova musica in uscita e un tour che sta finalmente per cominciare: cosa dobbiamo aspettarci da questo Numeri Tour?

Siamo felicissimi di tornare a suonare dal vivo e saranno concerti senza compromessi, totalmente rock e fatti per permettere alla gente di tornare nuovamente a stare vicina sotto ad un palco. Il pericoli più grandi ormai sono scemati, abbiamo riflettuto sul fatto di poter posticipare le date, ma la nostra decisione è ferma. Vogliamo suonare. Le ultime notizie dal mondo ancora non danno tregua ma a musica deve avere una funzione di alleggerimento ed evasione. Ripartiamo da questo.

Scorrendo il calendario delle date si può notare come siano stati scelti tutti club di dimensioni contenute. A cosa è dovuta la scelta?

Non è un tour promozionale, ma lo abbiamo voluto fortemente vicino alle realtà più “piccole” per fare le cose partendo da un punto genuino. Una scelta che certamente stata anche politica: vedendo quei locali, che sono state le nostre Chiese, in situazioni drammatiche è estremamente simbolico tornarci per farli rivivere appieno.

Un ritorno alle origini che in molti hanno riscontrato anche nelle ultime produzioni musicali.

Abbiamo il cuore in pace riguardo a quello che la gente vorrebbe o non vorrebbe che fossimo. Noi facciamo la nostra musica, la musica dei Ministri e vogliamo tenere la barra dritta. Vogliamo essere liberi di ribadire alcune scelte che, forse per alcuni ed anche per noi, sono state contestabili: chi se ne frega.

Scelte indipendenti che forse un giovane artista ora non farebbe?

La nuova generazione di artisti ha un modo molto diverso di approcciarsi alla musica. Vivono in un contesto più solitario. L’home recording ha reso la figura del musicista molto più eremitica, anche se con una visione d’insieme che forse noi in gioventù non avevamo. Quel che è sicuro è che sia diverso, non migliore o peggiore: diverso. Noi vivevamo la sala prove come un centro di socialità, che si frequentava anche se non si doveva suonarci quella sera. Focalizzati sul nostro strumento e sul dover condividere i nostri progressi con i compagni di band. Ecco, forse c’era più pancia nel condividere tutto questo, ora la solitudine di un giovane musicista lo porta più spesso a doversi affidare a delle guide che cercano più il successo economico che quello artistico. Va così, senza alcuna intenzione di vedere delle ostilità tra la nostra e la loro generazione.

Il tempo passa e le generazioni prendono ognuna il proprio posto…

Certamente, noi ormai ci rendiamo conto di essere dei dinosauri! (ride, ndr) Ma ci sono ancora tante band che hanno voglia di spaccare il palco assieme. Non vediamo l’ora di sentire i gruppi emergenti che apriranno le date del nostro tour: sono la nostra porta per il locale ed il luogo in cui ci troviamo. I nostri nuovi lavori parlano di musica in crisi e vogliamo, anzi, dobbiamo fare qualcosa noi per primi per aiutarla. Per le band in apertura può essere un importante possibilità quella di fare da spalla ad un concerto dei Ministri, come per noi è un’opportunità conoscere la gente che quotidianamente vive quei luoghi e attira tante nuove facce verso i nostri spettacoli.

Il mondo dei live ha bisogno di tornare a condividere sensazioni sia sopra che sotto il palco. Come sarà il pubblico di questo Numeri Tour?

Un concerto ha sempre due metà che lavorano all’unisono per un risultato finale. Una metà siamo noi sul palco a suonare le nostre canzoni, l’altra metà di uguale importanza è formata dalla gente che canta con noi e che vive la foga che un live deve avere. Fare concerti è una festa, ma una festa da soli che divertimento sarebbe?

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