A pochi giorni dall’uscita del loro album d’esordio “Touch The Sky” abbiamo avuto il piacere di scambiare quattro chiacchiere con Gabriele Robotti, chitarrista della band italiana Raised By Haze. Durante la nostra intervista Gabriele ci ha portati per mano in un viaggio tra le numerose influenze del gruppo, raccontandoci qualcosa in più sull’album e sulle canzoni che lo compongono.

Ciao e benvenuto su SpazioRock. Come stai?

Ciao, tutto bene.

Per prima cosa ti andrebbe di raccontarci un po’ com’è nata la vostra band?

Allora guarda, la band è nata fondamentalmente da una mia idea, da una mia esigenza di esprimermi con la musica. Ho cominciato a scrivere in realtà i pezzi che poi sono stati i pezzi di questo primo album ormai anni fa, forse le prime bozze risalgono addirittura al 2017/2018, quando dopo un po’ d’esperienze non concretizzate e non sbocciate come sperato ho deciso di mettere in piedi qualcosa di interamente mio, in cui potevo esprimermi a mio modo e quindi ho cominciato li a buttare giù le mie idee. Diciamo che il tempo a disposizione forse non era quello che speravo per lavorarci come avrei voluto, ho avuto un po’ di difficoltà e tutto, ma improvvisamente il tempo è diventato tantissimo nel 2020 quando c’è stata la pandemia e infatti è stato il periodo in cui ho scritto la maggior parte dei pezzi. Li ho composti inizialmente tutti in versione strumentale, poi mi sono appoggiato a due miei cari amici che sono Leonardo (il bassista che ha suonato sul disco) e Marco, il batterista con i quali avevo già collaborato da anni e avevamo fatto sempre cose insieme da ragazzini. Poi mi sono messo alla ricerca di una voce e ho trovato Valentina a inizio 2021, abbiamo cominciato a lavorarci insieme e i pezzi sono venuti fuori come sono adesso. Questa è un po’ la storia.

Grazie per averla condivisa con noi. Hai appunto citato il vostro album d’esordio “Touch The Sky” che uscirà il 17 novembre, come ti senti a riguardo dopo averci lavorato per tanto tempo?

È particolare come sensazione perché è quasi un po’ straniante, nel senso che è una cosa a cui lavoro da tantissimi anni e l’obiettivo di mettere in piedi un progetto d’inediti è sempre stato un po’ il mio sogno fin da ragazzino. Adesso che ci siamo sono ovviamente contentissimo della cosa e non vedo l’ora che esca, di farlo ascoltare a più persone possibili. C’è ovviamente anche molta paura, ma credo forse che sia anche normale, non lo so. Forse fa anche parte del mio carattere, del mio modo di vivere le cose. C’è anche tanto orgoglio perché comunque da un punto di vista artistico per come sono venuti i pezzi, per come musicalmente suona questo disco, sono molto soddisfatto, quindi da quel punto di vista li c’è sicuramente grande soddisfazione.

Daresti qualche spoiler sull’album ai nostri lettori? Cosa devono aspettarsi nell’ascoltarlo?

Allora è difficile dirlo perché l’album è un molto variegato dal punto di vista delle sonorità. In fase di composizione diciamo che non mi sono prefissato nessun tipo di idea precisa, semplicemente ho cercato di dar sfogo a tutte le mie influenze musicali, che sono molto variegate. Probabilmente la matrice principale è quella del progressive rock e del progressive metal, ma credo che alla fine sia più rock che metal come disco. Poi ci sono tantissime altre influenze, il filo costante credo sia comunque il fatto che è un disco piuttosto melodico e orecchiabile. Non è stato pensato per essere, pur essendo nell’ambito prog, per i musicisti, ma è un disco per tutti gli appassionati di musica, per chi vuole godersi quaranta minuti di musica, ecco. Ci si può aspettare un po’ un viaggio, il tema principale del disco forse è quello appunto del viaggio, un viaggio onirico, nel senso che ci sono atmosfere molto sognanti in generali. Al livello di generi si spazia dal prog rock al soul a parti più blues, addirittura c’è qualche parte un po’ rappata perché mi è sempre piaciuto anche quel filone lì, pur avendo iniziato a suonare la chitarra come appassionato dei Dream Theater sono sempre stato appassionato di tutta la scena nu metal anni 2000, quindi Linkin Park e tutto quel filone lì. Io sono un po’ di tutto questo. Tra le ansie forse c’è proprio la paura che potesse suonare sconclusionato, ma poi in realtà ascoltandolo e riascoltandolo tante volte non credo che sia il caso perché comunque c’è un filo conduttore in tutti i brani, che è poi la mia cifra stilistica in generale nella composizione, nella creazione di atmosfere. Una delle cose che più mi preme quando scrivo delle canzoni è l’atmosfera, ecco.

Ascoltando il disco ho effettivamente sentito tutte queste influenze di cui mi parli. A proposito del genere musicale che avete deciso di fare e che comunque possiamo definire rock in qualche modo, in un panorama musicale italiano sempre più dominato dalla trap e dal rap, quanto credi sia difficile oggi per una band che fa rock emergere?

È difficilissimo, ne sono abbastanza consapevole, soprattutto un rock di questo tipo che non è stato fatto per colpire per forza la massa, ma semplicemente per il gusto e per la ricerca del bello. Mi rendo conto che possa essere difficile però anche dai pochi riscontri che ho avuto, dalle persone che l’hanno già ascoltato, ho sempre visto grande piacere nell’ascoltare una musica di questo tipo quindi chissà, non possiamo sapere ancora come verrà accolto. A livello della difficoltà, per rispondere alla domanda, sicuramente mi rendo conto che a livello di emergere ce ne sia parecchia. Poi bisogna sempre vedere quello che uno ha in mente anche, quello che uno vuole raggiungere, credo che comunque ci si possa togliere delle soddisfazioni, quello sicuramente. Parlando invece di successi incredibili, visualizzazioni pazzesche e numero d’ascolto questo non lo so, non credo più di tanto che una musica di questo tipo possa emergere.

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Noi ve l’auguriamo. Ad anticipare l’album ci sono stati alcuni singoli, tra cui “Prediction”. Ci parleresti un po’ di questa canzone? Com’è nata? 

“Prediction” è stato l’ultimo pezzo che è stato composto per il disco ed è un pezzo che io in realtà avevo finito da anni, o meglio, avevo l’arpeggino iniziale del brano ed il giro d’accordi, che fondamentalmente è un giro molto semplice. Ci abbiamo lavorato poi insieme io e Valentina in un pomeriggio di un paio d’anni fa e in quel pomeriggio abbiamo esteso la canzone nella versione attuale, abbiamo aggiunto gli arrangiamenti e tutto quanto. È nata così, da un’idea mia iniziale e poi in un pomeriggio di lavoro mio e di Valentina. L’idea era fin dall’inizio quella di renderla la ballad dell’album, di fare un pezzo più melodico, forse è quello con le tinte tra virgolette più pop tra tutti i brani dell’album, ma non tanto per andare a ricercare un successo, trovare la hit, ma proprio perché a noi il pop piace e tra le varie influenze c’è sicuramente anche quello.

Diciamo che l’importante è che comunque i pezzi piacciano per primi a noi, no? Anche perché quando facciamo qualcosa che non piace per primo a noi stessi si sente, i fan lo percepiscono. Quindi è importante fare qualcosa che ci rispecchi.

Assolutamente.

I pezzi dell’album sono tutti in inglese, come mai questa scelta?

Perché Valentina in generale, da quando abbiamo iniziato a lavorare, mi ha subito detto che si trovava meglio a cantare in inglese, ma ho subito in realtà appoggiato la sua idea anch’io. Nella mia idea avevo quella di far cantare questi brani in inglese fin dall’inizio perché secondo me suonano meglio, è proprio una questione di bellezza dell’ascolto. Secondo me su questo tipo di musica era anche più immediato scrivere in inglese. Ce l’immaginavamo già così. Poi, per carità, ci sono anche band che cantano in italiano che non mi dispiacciono assolutamente, per esempio i Negramaro non mi dispiace come suonano anche in italiano, tipo anche l’ultimo singolo che ho sentito con Fabri Fibra. E ti sembrerà strano ma tra le mie influenze c’è anche Fabri Fibra, sono un grande fan! Nel caso loro mi piace come suona la loro musica in italiano ma per i nostri pezzi, per la loro atmosfera, preferivo l’inglese. Faccio fatica proprio ad immaginarmeli cantati in italiano.

Nel vostro album c’è anche un feat con Derek Sherinian. Com’è nata questa collaborazione?

Come ti dicevo prima, ho iniziato a suonare la chitarra grazie ai Dream Theater, per la passione per la musica in generale, ma quello che ha fatto scoppiare la scintilla sono stati i Dream Theater. Ho visto, semplicemente seguendolo sui social, che Derek Sherinian è disponibile a questo tipo di collaborazioni, ho provato a scrivergli e lui incredibilmente è stato subito disponibile dopo aver sentito i pezzi che gli erano piaciuti. Tra l’altro questo è successo nel periodo del lockdown in cui avevo proprio il Covid, a cavallo delle feste natalizie, quindi ero chiuso in casa per due settimane. È stato tutto molto semplice.

Il sogno di ogni fan insomma.

Esatto, esatto! È stato un momento incredibile, ripensandoci adesso è stato proprio un po’ un sogno! E sì, è andata proprio così, molto semplicemente. Tra l’altro sono soddisfatto di come è venuto quel pezzo, delle sue parti, dei suoi assoli, del fatto di avere addirittura due assoli di tastiera, uno nella prima parte e una nella seconda, con due suoni diversi. È stato incredibile.

C’è qualche altra collaborazione che vi farebbe piacere in futuro?

Ce ne sono sicuramente tantissime, dalle più strane alle più prevedibili.

Io aspetto quella con Fabri Fibra!

Ma infatti te l’avrei detto, una strofa di Fabri Fibra che sbuca ad un certo punto in italiano in una delle nostre canzoni per me sarebbe una figata pazzesca! Ma capisco che stiamo sognando. Poi penso al filone prog metal moderno… Ce ne sarebbero un miliardo di collaborazioni che mi potrebbero piacere.

E invece dove vi piacerebbe suonare? Quale sarebbe per voi un punto d’arrivo?

Non saprei dirti. Già solo arrivare a suonare in uno stadio, uno qualunque, sarebbe una cosa pazzesca. Probabilmente la prima cosa che mi viene in mente sarebbe fare una data al Mediolanum Forum che è un posto super conosciuto, nel quale ho visto tanti concerti. Il primo che viene in mente è quello perché avendolo visto tante volte da spettatore mi sono sempre chiesto come sarebbe essere dall’altro lato, nel backstage.

Allora speriamo di vedervi prima o poi al Forum. Grazie mille per il tuo tempo ed in bocca al lupo con il disco, speriamo di riavervi presto su SpazioRock.

Volentieri e grazie a te!

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