Dopo la pubblicazione della deluxe edition di “Dominion” e il tour negli Stati Uniti, gli Skillet torneranno in Europa e potremo vederli in azione all’Alcatraz di Milano il 10 maggio, quasi 4 anni dopo l’ultima volta. Insieme al frontman John Cooper abbiamo ricordato quello show, parlato di quello che ci aspetta a maggio e dell’importante messaggio che la musica degli Skillet vuole comunicare.

Ciao John, bentornato su SpazioRock! Come va?

Ciao, sto benissimo, grazie!

Qualche settimana fa avete pubblicato “Day Of Destiny”, che è la deluxe edition del vostro ultimo album “Dominion”, con cinque nuove canzoni. Come avete lavorato a questi pezzi? Sono nati mentre scrivevate “Dominion” o dopo?

Credo che sia un mix delle due cose, alcune le abbiamo scritte mentre lavoravamo a “Dominion”, altre dopo. Ad esempio “Psycho In My Head” è stata scritta dopo prima di essere pubblicata. Di “Finish Line” invece avevamo già una versione, ma l’abbiamo riregistrata.

A proposito di “Finish Line”, a questo pezzo partecipa anche Adam Gontier. Come avete deciso di lavorare insieme?

Non mi ricordo di preciso come è accaduto, ma ero molto contento che facesse un pezzo con noi. I Saint Asonia mi piacciono un sacco e conosco Adam da un sacco di anni, credo fosse il 2008 quando abbiamo fatto un tour con lui, mentre era ancora con i Three Days Grace. Quindi insomma, ci conosciamo e mi piaceva molto il fatto che i suoi testi per certi versi sono simili ai nostri, sono molto emozionali e parlano di speranza, quindi credevo che averlo come ospite in una canzone fosse una buona cosa. Non mi ricordo in che occasione ne abbiamo parlato, ma lui ha accettato subito e sono molto contento del risultato finale, credo che le nostre voci si completino bene a vicenda.

Avete pubblicato da non molto il video di “Psycho In My Head”. Come mai tra le cinque nuove canzoni avete scelto proprio quella?

Innanzitutto l’abbiamo scelta perché credo che sia un up-tempo che però rimane facilmente in testa, è molto catchy. Poi anche per il suo messaggio, che può arrivare ad un sacco di persone. Chiunque negli ultimi anni si è sentito un po’ “matto”, il mondo impazzito, sono successe un sacco di cose e le persone hanno sempre più bisogno di riconoscersi in qualcosa e condividere il modo in cui si sentono.

Parlando di questo, “Dominion” è stato pubblicato un anno fa e dal punto di vista tematico credo che volesse comunicare la voglia di essere liberi dalla paura e il fatto che dopo momenti difficili possiamo sempre rialzarci. Quindi volevo chiederti, come hai affrontato la pandemia? E ora ti sei rialzato?

Sì, “Dominion” parla proprio di quello. È stato molto triste vedere tutte quelle persone in sofferenza, sole, depresse. Ci sono molte persone che sono morte senza poter aver vicino i propri cari e tutto questo è davvero triste. Quello che volevamo comunicare con questo album è che ci sono cose che non si possono cambiare, non possiamo fermare una pandemia, non possiamo cambiare le decisioni di un governo e così via. Quello che possiamo fare è decidere di non vivere nella paura, perché c’è sempre speranza. Soprattutto ai giovani, voglio dire di non vivere la vita da soli, perché anche se ci sono momenti in cui ci sentiamo in quel modo non siamo mai da soli. Spero che questo album possa aver aiutato qualcuno a sentirsi meno solo, ci sono arrivati molti messaggi di persone che dicevano di essere state aiutate molto da queste canzoni e questo mi ha dato ancora più forza per uscire da quel periodo difficile.

Tra l’altro questo non è neanche l’unico vostro album con un messaggio simile. Insomma, avete sempre cercato di risollevarvi insieme ai fan.

Sì, è vero, abbiamo sempre cercato di fare musica che avesse questo significato. C’è un nostro album che si chiama “Rise” uscito 10 anni fa e quando abbiamo ripreso a fare tour l’anno scorso ho detto a mia moglie Korey [chitarrista della band, ndr]: “Dobbiamo riprendere a suonare la title track, ha quasi più senso ora rispetto a quando è uscita” [ride, ndr]. Abbiamo sempre cercato di parlare di speranza e di tutto questo e credo che siano questi i motivi per cui alle persone piacciono gli Skillet.

Sì e tra l’altro è simpatico vedere come i titoli dei vostri album siano in qualche modo connessi da “Collide” a “Dominion”.

Sì, inizialmente non avevamo in mente di fare una cosa del genere, ma poi negli anni abbiamo deciso di tenere questo trend positivo nei titoli degli album. Adesso però non sappiamo se cambiare modo di chiamare gli album o se andare avanti così [ride, ndr].

Però è carino, è quasi un modo per amplificare il messaggio che volete portare con la vostra musica.

Sì, questo è vero [ride, ndr].

Siete stati da poco in tour negli Stati Uniti con Theory Of A Deadman e Saint Asonia, com’è andata?

Alla grande! È stato decisamente meglio di quanto mi aspettassi, è venuta un sacco di gente e i fan erano davvero felici. Stiamo voltando pagina, ci stiamo mettendo alle spalle la pandemia e un sacco di altre cose e si vede che la gente è felice di potersi nuovamente riunire.

Tra pochi giorni invece inizierà il tour europeo e suonerete anche a Milano il 10 maggio. Ma prima di chiederti di questo, facciamo un passo indietro: nel 2019 avete fatto il vostro primo concerto da headliner in Italia ed è stato incredibile, c’erano un sacco di persone ed è stato uno show davvero intenso. Che ricordi hai di quella serata?

È stato fantastico, non riuscivo a credere ai miei occhi davanti a tutta quella gente. Prima di quel momento non avevamo suonato molto in Italia e non sapevo che ci seguissero così tante persone lì. E oltre a questo i fan erano tutti gentili e calorosi. Mia moglie ha origini italiane e tra l’altro è cresciuta pensando di essere italiana al 100% perché i suoi familiari a casa parlavano spesso italiano, anche se in realtà solo suo padre lo è [ride, ndr]. Quando abbiamo festeggiato il 15esimo anniversario di matrimonio le ho detto che saremmo andati dovunque volesse lei e ha scelto proprio l’Italia. È stato un viaggio bellissimo e mi è piaciuto tutto un sacco, ma non avrei immaginato di fare concerti con tanti fan anche lì. Non vediamo l’ora di tornare a maggio.

Mi ricordo che un concerto del genere ho pensato che sareste tornati presto. Poi è arrivata la pandemia, ma effettivamente una volta conclusa, eccovi qui di nuovo. Quindi questa volta cosa dobbiamo aspettarci da questo show?

Sì quel tour è stato poco prima che arrivasse il Covid ed è stato un grande tour per noi, quindi eravamo abbattuti quando ci siamo resi conto che avremmo dovuto fermarci. Ma anche per questo non vediamo l’ora di tornare. Di sicuro rispetto a quella volta abbiamo nuove canzoni da suonare e anche una produzione un po’ più grande. Poi non so se è perché le persone stanno cercando qualcosa di positivo dopo la pandemia, ma stiamo crescendo molto in Europa e quindi credo che molte persone ci vedranno per la prima volta. Sarà una grande serata, metteremo un sacco di energia sul palco.

Qualche settimana fa tu e Korey avete festeggiato 26 anni di matrimonio, quindi congratulazioni! Ma oltre a ciò, quali sono le cose buone e quelle meno buone riguardo all’essere in una band con tua moglie?

Innanzitutto, grazie! Abbiamo passato un ottimo anniversario e quella sera avevamo anche un concerto. Quindi in un certo senso credo che questo risponda anche un po’ alla tua domanda. Le cose meno buone derivano dal fatto suonando insieme non riusciamo praticamente mai a staccarci dal lavoro e fare altre cose insieme. Quest’anno ad esempio abbiamo festeggiato l’anniversario in tour, lo stesso succede con i compleanni dei bambini e così via. La parte buona è che in questo modo stiamo sempre insieme e siamo una famiglia molto unita. I nostri figli sono stati in molte parti del mondo e in questo modo possono entrare in contatto con culture diverse e imparare un sacco di cose. Questo è fantastico. Poi da questo derivano anche le cose negative di cui parlavo prima, non è sempre semplice gestire discorsi e tutto ciò che c’è in una famiglia mentre stai lavorando e sei a contatto con altre persone.

Invece parlando del futuro, state scrivendo qualcosa al momento?

Per ora no. Ed è una cosa buona perché dopo aver pubblicato qualcosa ho sempre bisogno di staccarmi un attimo dalla scrittura per non andare in burn out. Questo succederà per sei mesi e poi sentirò di nuovo il bisogno di scrivere, mi verranno altre idee. E questo è normale, le idee mi vengono in tour, molto spesso ascoltando le storie dei fan, quello che stanno passando, i loro problemi e così via.

Come ultima cosa, vorresti lasciare un messaggio ai vostri fan italiani?

Vorrei ringraziarli tanto, ci sono molte persone che ascoltano gli Skillet e non vediamo l’ora di tornare lì. Sarà un concerto rock con un sacco di energia e sarà rigenerante. Quindi venite a vederci, divertiamoci insieme!

Grazie mille per questa intervista, è stato un piacere. Ci vediamo a Milano!

Grazie a te, a presto!

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