Soddisfa un po’ tutti i gusti questa coda di febbraio estremo.

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Darkspace – Dark Space -II (Season Of Mist)

Sembrava che i Darkspace fossero stati definitivamente inghiottiti da quei medesimi buchi neri che loro stessi erano maestri nel creare, a parte qualche sporadica rentrée sul pianeta Terra per esibizioni dal vivo di indubbia presa siderale. Dopo il passaggio da Avantgarde Muisic a Season Of Mist e la defezione della bassista Zorgh nel 2019, ora la formazione svizzera, pubblica, esattamente a dieci anni di distanza da “Dark Space III I”, “Dark Space -II”, full-length che si collega in via diretta, mediante il titolo, alla demo “Dark Space -I”, tagliando i ponti con l’ultimo lavoro in studio. Un’operazione profumata, in apparenza, di rifondazione, visto l’ingresso alle quattro corde di Yhs, nuovo compagno della drum machine e dei chitarristi Zhaaral e Wroth, ma che in realtà, a livello musicale, non corrisponde a una significativa variazione di rotta, se non per la durata contenuta di quarantasette minuti. L’unica traccia dell’album si snoda, infatti, attraverso colossali, ma pericolose distese di vuoto cosmico, percorse da spigolose increspature black metal e intrise di noise e claustrofobia dark ambient, con samples e space recordings di origine aliena a rendere il viaggio ancora più terrificante. Si sprofonda nelle anomalie gravitazionali, schiacciati e senza speranza.

Tracce consigliate: “Dark -2.-2”

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Farsot – Life Promised Death (Lupus Lounge)

Attraverso un decennio e tre full-length, “IIII”, “Insects” e “Failure”, i Farsot hanno a poco a poco ampliato lo spettro della propria proposta, convertendo l’impostazione vagamente depressive degli inizi in uno stile prospettico, la cui crudezza d’espressione si sposa a una stratificazione atmosferica dei suoni, per un allucinatorio mélange metropolitano che li situa qualche parte nella periferia accessibile del black metal tedesco d’avanguardia appannaggio di Agrypnie, Nocte Obducta, Secrets Of The Moon. Prodotto dal chitarrista V. Santura nei suoi Woodshed Studio e, dunque, inciso da un signore che ben conosce cosa si intenda con dark metal e affini (Dark Fortress, Noneuclid, Triptykon), “Life Promised Death” rappresenta un deciso passo del gruppo di Gotha verso lidi musicali che richiamano tanto gli ultimi Enslaved, influenza comunque già percepibile negli scorsi lavori, quanto gli Agalloch, con spruzzi di alternative rock anni ’90 e un singer della versatilità di X . XIX capace di evocare al meglio i diversi stati d’animo sondati nei brani. Certi eccessi melodici e qualche sezione acustica posticcia rendono il disco a tratti sfilacciato, ma ai teutonici della Turingia non manca la voglia di osare, rischiando anche più di qualcosa. Metallo nero anticonvenzionale.

Tracce consigliate: “Nausea”, “Buoyant Flames”, “Descent”

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Morbid Saint – Swallowed By Hell (High Roller Records)

Album uscito la prima metà di febbraio, ma che doverosamente recuperiamo, vista l’importanza dell’evento, “Swallowed By Hell” costituisce soltanto il terzo lavoro in studio dei Morbid Saint, band del Wisconsin autrice nel 1990 del leggendario “Spectrum Of Death”. Un debutto col botto, veicolo di un thrash metal estremo e brutale e che avrebbe tosto meritato un sequel all’altezza, invero giunto, dopo vicissitudini varie, soltanto nel 2015 con “Destruction System”, LP di certo ottimo, eppure dalla ferocia ridotta, almeno rispetto all’augusto predecessore. Mai arresosi alle difficoltà, il leader e axeman Jay Visser è riuscito a reclutare due dei suoi vecchi compagni di strada, il chitarrista Jim Fergades e il singer Paat Lind, così da poter infondere lo spirito letale dell’inarrivabile esordio in un nuovo full-length che trabocca di aggressività e violenza, molto vicino alla scuola tedesca e a tratti ai confini del death. Certo, sentire degli uomini di mezza età che suonano e strepitano da ribelli contro tutto e tutti potrebbe, sulle prime, lasciare delle perplessità, ma in realtà gli statunitensi non fanno altro che onorare il proprio DNA, realizzando un pugno di pezzi di calibro notevole. Che legnata!

Tracce consigliate: “Swallowed By Hell”, “Bloody Floors”, “Fuck Them All”

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Pestilength – Solar Clorex (Debemur Morti Productions)

Dopo il trascurabile “Eilatik” (2020), i Pestilength pubblicarono un secondo long playing, “Basom Gryphos” (2022), sì parecchio viscido e punitivo, eppure non del tutto efficace sia per una certa farraginosità interna sia per la spudorata adorazione, ai confini del plagio, nei confronti dei Portal. Il potenziale era comunque lì, in agguato sotto la superficie, come una divinità arcana pigra e sonnacchiosa, ma era necessaria la giusta combinazione di sortilegi e blasfemie al fine di risvegliare la forza devastatrice insita nel sound dei baschi. In “Solar Clorex”, M. e N. sembrano adattare le tecniche pittoriche di Jackson Pollock alla propria musica, utilizzando il death metal dissonante, ma privo degli eccessi sperimentali di matrice australiana, quale tela su cui far gocciolare, tra istinto e riflessione, caustiche gocce di grindcore e black, incapsulando l’insieme iperdistorto nelle fauci di un doom/sludge lavico e oppressivo che, a tratti, non disdegna di assorbire qualche inserto di natura jazz. Nonostante le varietà notali e ritmiche possano sfidare la più strenua resistenza auricolare, il duo riesce a confezionare un disco a suo modo snello e dal minutaggio molto moderato, che trasuda disintegrazione neuronale da ogni singolo poro. La metodicità della follia.

Tracce consigliate: “Neerv”, “Baleful Profusion”, “Verbalist Aphonee”

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Vincent Crowley – Anthology Of Horror (Hammerheart Records)

Dopo il discreto esordio “Beyond The Acheron”, Vincent Crowley torna con la propria creatura omonima a strimpellare del succoso e grovvy death metal con “Anthology Of Horror”, album che, rispetto al predecessore, sembra aprire, in maniera più convinta e decisa, a influenze capace di arricchirne l’identità e la sostanza. Se gli Acheron, progetto ormai dismesso del mastermind statunitense, si dedicavano a un metallo della morte tradizionale e profondamente satanico, sfumato da qualche riff zanzaroso di matrice black, i Vincent Crowley di oggi preferiscono arrotondare il sound attraverso buone dosi di heavy anni ’80 e di doom vecchia scuola, tanto che il nuovo disco sembra quasi, eccetto l’assenza del falsetto, un’estremizzazione dei migliori lavori di Mercyful Fate e King Diamond. A questa lucida correzione stilistica, aggiungiamo anche il fatto non accessorio che viene abbandonato l’abituale sfondo lirico a base di altari caprini, messe nere e riti sacrileghi, il tutto a vantaggio di storie ispirate al cinema, alla letteratura e alla mitologia horror, che si tratti della saga di Amityville, dei racconti di Howard Philip Lovecraft, de Lo strano caso del dottor Jekyll e Mr. Hyde o delle leggende sulla licantropia. Retromania intelligente, artwork compreso.

Tracce consigliate: “Amityville’s Horror”, “Nowhere To Hyde”, “Madame Laveau (Voodoo Queen)”

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