La polvere del Knotfest si è posata da poco in quel dell’Arena Parco Nord di Bologna, ma è già tempo di una nuova caldissima giornata che di sicuro avrà riportato indietro nel tempo i nostalgici dei vecchi Gods Of Metal. In questa prima domenica di luglio, oltre 15 mila persone hanno preferito l’arena bolognese ai weekend fuori porta per l’unica, attesissima e al contempo contestatissima data dei Pantera. La chiacchierata reunion (con le dovute eccezioni del termine) della band statunitense ha fatto gola al popolo del metal italiano che si è raccolto già dalle prime ore del mattino per non perdersi nulla di questo evento, soprattutto per vedere con i propri occhi di cosa sono stati capaci Phil Anselmo e Rex Brown affiancati dai mitici Zakk Wylde e Charlie Benante per riportare sulle scene la leggenda dei Pantera dopo oltre 20 anni.

Si comincia poco dopo mezzogiorno con i nostrani Sadist e gli statunitensi Vektor, per iniziare subito con la leggerezza del death e del thrash metal – si fa per dire. Ci sono poi i Fleshgod Apocalypse che, insieme alle docce gentilmente offerte dalla security, portano ristoro all’accaldato pubblico dell’Arena Parco Nord, del resto si sa che l’headbanging massivo regala refrigerio e mantiene alta l’adrenalina che servirà per tutta la giornata. È poi il momento degli svizzeri Coroner, vere leggende del thrash metal, apprezzatissimi dal pubblico che si fa sempre più numeroso e folto col passare dei minuti: il popolo del metal è ammaliato dalla compagine svizzera, siamo davanti a una band con ben 40 anni di storia (seppur con una lunga pausa) alle spalle e si vede, dalla tecnica, dalla capacità di tenere il pubblico e dalla sapiente scelta di brani che soddisfano ogni palato.

Intanto arriva la notizia di un imprevisto non da poco: i Behemoth danno forfait e sono costretti ad annullare la loro esibizione a causa della inaspettata cancellazione del loro volo per Bologna da Varsavia; di sicuro una delusione per i tantissimi fan della band venuti appositamente per gustarsi il loro set così come per i tanti che avrebbero voluto vederli esibirsi ma tant’è… the show must go on! Ed infatti prosegue, seppur dilatato per “riempire” il buco lasciato dalla band di Nergal, con il super gruppo degli Elegant Weapons: Ronnie Romero dei Rainbow, Richie Faulkner dei Judas Priest, Christopher Williams degli Accept e Dave Rimmer degli Uriah Heep hanno unito le forze poco meno di un anno fa e sono in giro per promuovere il loro primo lavoro “Horns for a Halo”, che hanno proposto quasi nella sua interezza. La grande esperienza e la bravura di questi musicisti rende il loro uno show molto coinvolgente, alla portata di tutti, fan e non, anche se raggiungono il consenso unanime solo con la cover di “War Pigs” dei Black Sabbath che conclude magistralmente il loro set. Inizia a calare la sera e sul palco arrivano cadaveri, sia impalati che impiccati e un notevole Satana gonfiabile: è il momento dei Kreator, una band che non ha bisogno di presentazione alcuna. I tedeschi sguinzagliano la loro potenza devastante in tutta a sua gloria, per la gioia degli accaldati e impolverati fan, in un’arena ormai pienissima ma anche carica di energia, come dimostrano i numerosi wall of death e circle pit che si creano, sia spontaneamente sia incitati dal cantante Mille Petrozza. I Kreator propongono il meglio della loro ricca discografia di oltre quarant’anni di carriera, dosi generose di thrash più classico che mai vengono riversate a piene mani sul pubblico di Bologna, non un singolo sprazzo di energia viene risparmiato e l’atmosfera si fa davvero bollente prima dell’arrivo degli headliner.

Il momento tanto atteso arriva puntualissimo alle 21:30: le note registrate di “Regular People (Conceit)” sono un infuocato preludio all’arrivo sul palco dei quattro musicisti, accolti da un vero e proprio boato del pubblico già in fibrillazione. Phil Anselmo, Rex Brown, Zakk Wylde e Charlie Benante scaldano immediatamente i motori con “A New Level”, nuvole di polvere si alzano dal pit gremito e totalmente invaso dal pogo, ma serpeggia anche un’atmosfera di incredulità nell’assistere a un simile spettacolo. L’ultimo show dei Pantera originali risale a ben 23 anni fa e tanta acqua è passata sotto i ponti ma la musica della band si mantiene viva nei cuori dei loro fan: per chi c’era ai tempi d’oro e per chi per varie ragioni non ce l’ha fatta canzoni come “Mouth For War” o “I’m Broken” fanno esplodere un’energia trattenuta per lunghissimo tempo. Le scenografie sui mega schermi alle spalle della band sono un susseguirsi, oltre alle classiche grafiche, di immagini dei grandi assenti della serata: i fratelli Abbott. Inutile nascondersi dietro un dito, Dimebag Darrell e Vinnie Paul erano l’anima e il cuore dei Pantera e vedere le loro foto sugli schermi, i loro volti sulla doppia cassa della batteria di Benante, i loro nomi sul gilet da motociclista di Zakk Wylde è sia un tributo che un doloroso ricordo della loro tragica scomparsa.

Lo show scorre via anche troppo in fretta, seguendo le tracce sicure di un gruppo di musicisti rodati e di grandissimo talento. “5 Minutes Alone” e “This Love” provocano la folla illuminata dalle luci del palco e dalla splendida luna estiva indicata da Anselmo, una marea in continuo, tormentoso movimento, senza un secondo di quiete. Wylde in particolare da il meglio di sé nel tributare il giusto rispetto al compianto collega ma soprattutto amico Dime, non senza metterci dentro la sua incontenibile personalità, in modo da non risultare mero imitatore del leggendario chitarrista. Sulle note di “Fucking Hostile” il pubblico dell’Arena Parco Nord perde totalmente la testa – com’è giusto che sia – con un brano che è potenza pura, placata solo da un breve accenno registrato dell’inizio di “Cemetery Gates”, che fa scappare quasi una lacrima mentre le immagini dei fratelli Abbott scorrono ancora sugli schermi. Il tempo di festeggiare i 55 anni di Phil Anselmo, con tanto di torta e candelina e si è tutti pronti a ripartire per il rush finale che vede susseguirsi implacabili una dopo l’altra una incendiaria “Walk”, supportata dai cori dei Kreator invitati appositamente sul palco, il medley “Domination/Hollow”, ma soprattutto l’inno per eccellenza dei Pantera, “Cowboys From Hell”. Anselmo è forse quello che più di tutti accusa il peso dello show ma grinta ed energia non gli mancano, oltre che l’esperienza da frontman abituato a condurre fino alla fine per cui, nonostante qualche difficoltà e molto aiuto del pubblico, riesce a portare a casa il risultato; l’accoppiata ritmica Brown/Benante invece funziona alla grande, sebbene lo stile del batterista italo americano sia totalmente diverso da quello classico dei Pantera: vere e proprie macchine da guerra del groove, offrono per tutto il concerto una base solida come roccia, fondamentale per la buona riuscita della performance.

Per tirare le somme, quello di Bologna, l’ultimo della leg europea del tour mondiale che sta conducendo la “legacy” dei Pantera in giro per il globo, è uno show privo di compromessi: si ama o si odia. E non è detto che questo amore/odio nasca a prescindere, può scaturire alla luce del concerto stesso: chi si aspettava una specie di super cover band dei Pantera originali, infatti, è sicuramente rimasto deluso, È impossibile pensare che musicisti del calibro di Zakk Wylde o Charlie Benante possano eclissarsi per imitare i colleghi scomparsi. Chi invece ha abbracciato l’idea portata avanti da Anselmo e Brown ovvero di un tributo a quella che è la storia di una band fondamentale del metal e dei suoi fondatori può ritenersi mediamente soddisfatto, anche se forse la scaletta piuttosto corta e la performance non sempre brillante del cantante possono lasciare un po’ di amaro in bocca. Certo è che, per coloro che, per ragioni inesorabili di età anagrafica, non sono riusciti a vedere i Pantera in tutta la loro devastante gloria, “questi” Pantera possono essere un giusto compromesso, quel qualcosa che fa ancora bruciare il fuoco dei cowboy dall’inferno.

Setlist

A New Level
Mouth for War
Strength Beyond Strength
Becoming
I’m Broken
Suicide Note Pt. II
5 Minutes Alone
This Love
Fucking Hostile
Planet Caravan (Black Sabbath cover)
Walk
Domination / Hollow
Cowboys From Hell

Encore:
Yesterday Don’t Mean Shit

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