Perseus Into the Silence album cover
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Perseus – Into The Silence

Band pugliese nata nel 2011 e rimasta da allora coesa a livello di line-up, a parte il turnover dietro le pelli, con l’ingresso in pianta stabile di Andrea Mariani al posto di Felice Lamarina, i Perseus giungono alla fatidica soglia del terzo lavoro sulla lunga distanza, inaugurando il sodalizio con l’ambiziosa etichetta britannica Escape Music. A differenza di “The Mystic Hands Of Fate” (2014) e “A Tale Whispered In The Night” (2016), due concept album incentrati sulla figura del mago Icarus Lizard, protagonista di una vicenda a metà tra esoterismo e Bildungsroman ottocentesco, in “Into The Silence” i brindisini decidono di cambiare registro, irrorando le liriche dei brani con storie tratte da esperienze personali, a maggior ragione significative dopo la dura esperienza del lockdown. Una ripartenza dal sapore palingenetico in grado di investire anche l’aspetto stilistico, dal momento che si passa da un metal debitore di Gamma Ray, Iron Maiden e Judas Priest a un power figlio della scena europea di fine ’90 e inizi Duemila, con Rhapsody e Stratovarius a fungere da ispirazione principale, benché non esclusiva.

Un disco, dunque, a forte trazione melodica, in cui grande enfasi viene posta su voce, tastiere, batteria e orecchiabilità dei ritornelli, con arrangiamenti orchestrali, opera di Antonio Agate, che, a seconda delle esigenze e del contesto, possono rivestire il ruolo di raffinato sottofondo o assolvere un compito evocativo, traghettando le piste verso lidi epico/cinematografici. Certo, nonostante la mano di Aldo Lonobile si faccia sentire positivamente in cabina di regia, appare davvero un peccato che il basso e soprattutto le chitarre suonino spesso sepolti nel mix, non consentendo di apprezzare appieno quegli spunti e assoli marcatamente heavy capaci di incunearsi massicci e severi nell’atmosfera generale. Altro discorso, invece, per la scrittura dei pezzi, che si rivela compatta e incline alle variazioni, elemento, quest’ultimo, fondamentale quando nove brani su dieci vedono degli ospiti al microfono, ciascuno con il proprio background e le proprie specificità. Una sfida anche per il singer Antonio Abate, che riesce ad adattarsi ai tanti e diversi duetti, compiendo un notevole salto di qualità a livello tecnico e interpretativo.

Il full-length si apre con l’intro dalle sfumature ambient “The Clash Of The Titans”, prima di gettarsi nelle braccia della title track, una solidissima traccia di power metal classico, perfetta per esaltare al meglio la prestazione vocale di Roberto Tiranti dei Labyrinth, con un solo di classe di Lonobile a furoreggiare impeccabilmente. Tocca invece alle keys guidare “Strange House”, un pezzo dal lieve tocco progressive à la Kamelot che calamita l’attenzione per la timbrica morbida di Wild Steel degli Shadows Of Steel, mentre “The Kingdom”, dal ritmo moderato nelle strofe e vertiginoso in concomitanza dell’accattivante refrain, sciorina solenni punteggiature symphonic/folk che Francesco Cavalieri, frontman dei Wind Rose, governa da par suo.

Se con “The Picture Of My Time” si entra, complice le corde semi-operistiche di Claudia Beltrame dei Degrees Of Truth, nel territorio caro ai Nightwish, la turbinosa e frenetica “Defenders Of The Light” rappresenta il momento speed della tracklist, sostenuto dall’ugola incandescente di Marco Pastorino dei Temperance. “Il Labirinto Delle Ombre”, un lento in lingua madre che ricorda, per canto e linea melodica, la tradizione nazionale settantiana, e “I Believe In Love”, una ballad dagli accenni prog nella quale spicca l’ottima performance di Anja Irullo degli Elegy Of Madness, costituiscono il volto soft del platter, intervallato dal feeling hard rock intriso di Hammerfall dell’eroica “Twilight”, con le tonalità acute dell’ex Dragonhammer Marco Aguzzi a tenere fieramente banco. Nel finale, Davide “Damna” Moras elargisce l’imprimatur Elvenking a una “Warrior” davvero convincente, laddove la potente “Cruel Game” chiude in via definitiva i giochi con piglio maestoso e regale, ancorché l’apporto di Luca Micioni degli Infinita Symphonia, a dire il vero piuttosto timido, non lasci tracce significative.

Non inventano nulla di nuovo i Perseus né mancano i difetti, eppure l’efficacia, il tiro e l’eleganza traslucida di “Into The Silence” sembrano riflettere l’orgoglio e l’operato di un quintetto che ha deciso di alzare l’asticella, riprendendo e ampliando un filo interrotto otto anni fa. A cavallo di Pegaso, d’altronde, bisogna quasi obbligatoriamente librarsi in volo.

Tracklist

01. The Clash Of The Titans 
02. Into The Silence 
03. Strange House 
04. The Kingdom 
05. The Picture Of My Time 
06. Defenders Of Light 
07. Il Labirinto Delle Ombre 
08. Twilight 
09. I Believe In Love 
10. Warrior 
11. Cruel Game 

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