In un’intervista rilasciata a “House of Strombo“, un programma radio canadese presentato da George Stroumboulopoulos, Geddy Lee e Alex Lifeson hanno parlato apertamente dell’industria musicale odierna, delle droghe e degli ultimi anni di Neil Peart, scomparso il 7 gennaio 2020.

L’ultimo lavoro con Peart

Lifeson e Lee hanno discusso di come hanno reagito all’idea che l’ultimo lavoro di Neil Peart con i Rush sarebbe stato quello sul tour “R40“, il quale commemorava i quarant’anni dall’uscita di “Mooving Pictures“. Lee afferma:

Direi che Al e io abbiamo avuto modi diversi di affrontare la cosa. Al si è buttato in piccoli progetti e in progetti più grandi e ha continuato a lavorare per tutto il tempo, e questo è stato un vero tonico per lui. E io posso capirlo, perché quando abbiamo attraversato la nostra prima serie di tragedie con Neil, quando ha perso sua moglie e sua figlia, ho fatto così – mi sono buttato nel mio album solista, e mi ha salvato in molti modi.

Lee e Lifeson hanno affermato che a fine tour, i due erano molto in forma nonostante la mole dei concerti; tuttavia, Neil Peart ricevette la notizia di essere malato di una forma molto aggressiva di tumore al cervello (glioblastoma). Lee ha aggiunto:

Volevo portarlo (il tour, n.d.r) in Europa per suonare per i fan europei, volevo portarlo in Sud America, ma questo non sarebbe successo. […] Dovevo pensare ai bisogni del mio amico e a quello che voleva.

La lotta contro la malattia

La volontà di continuare il tour e di fare musica con i propri compagni non mancava di certo a Neil Peart, il quale però decise di mantenere il massimo riserbo sulla sua malettia nei confronti dei fan. Geddy Lee ha si è espresso sullo stato di salute di Peart:

Voleva tenerlo segreto, tra la famiglia. E l’abbiamo fatto. Ed è stato difficile. Non posso dirvi che è stato facile, perché non è stato facile. Ed è stato continuo. La sua diagnosi era… Gli era stato dato un massimo di 18 mesi, ed è andato avanti per tre anni e mezzo. E così è stato un flusso costante di noi che andavamo a trovarlo, dandogli sostegno. […] E così ci si sente, da un lato, disonesti, ma dall’altro si è leali con il proprio amico.

Secondo Lifeson, Neil Peart aveva abbandonato l’idea di fare altri tour poiché non al massimo della sue solite prestazioni, cosa che lo faceva stare piuttosto male. Tuttavia per il chitarrista era impossibile tenere il palco per tre ore per Peart, visto anche il modo in cui sapeva suonare ed esprimersi alla batteria. Lifeson ha aggiunto:

I fan erano così felici. Quello era il modo migliore per assicurare la nostra eredità ed essere ricordati per quei ragazzi.

Qui l’intervista completa:

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