Quando ci si addentra nel mondo del post-metal è normale attendersi una certa dose di elementi sperimentali; le band osano e rischiano, cercando di confezionare un prodotto lodevole che possa accontentare gli ascoltatori proveniente da due mondi vicini e allo stesso tempo molto differenti come quelli del metal e del rock. Lo sanno bene i Russian Circles, ormai arrivati all’ottavo album studio, raccogliendo un discreto successo che li ha portati ad essere tra i volti più noti del genere, vantando una carriera quasi ventennale. Anche a questo giro, la band composta dal power trio Mike Sullivan, Dave Turncrantz e Brian Cook sceglie un nome evocativo per l’album, “Gnosis”, andando a ripescare dal greco antico come già successo in passato per la band originaria di Chicago. Il significato del termine può essere tradotto rozzamente come “conoscenza”, o volendo essere più pignoli, una conoscenza religiosa derivante da una ispirazione misterica. È probabile che i Russian Circles sapessero di avere sulle spalle la necessità di consegnare un buon prodotto dopo il periodo di pausa forzata dettata dal Covid. Ed è proprio durante questo periodo di pausa che la band si riunisce per lavorare al successore di “Blood Year”, uscito nel 2019. Com’è facile immaginare, la necessità di togliersi un peso così imponente dalle spalle può far denotare una certa fretta di sbarazzarsi delle prime idee che vengono in mente. È proprio questo il caso di “Gnosis”.
Nel loro ultimo lavoro, i Russian Circles propongono un sound molto cupo, a tratti dalle tonalità black metal come nel caso del singolo “Betrayal”, ma che non è sufficiente a creare quell’atmosfera che viene ispirata dal titolo dell’album. Proprio la title track può far intuire quel senso di prevedibilità e mancanza di inventiva che si può avvertire partendo dalla prima traccia dell’album, “Tupilak“. La mancanza di idee si dimostra in una mancanza di sorprese durante l’ascolto di “Gnosis”, difficile da digerire in un boccone solo nonostante la breve durata di tutto il pacchetto, composto di sette tracce per una durata di poco meno di quaranta minuti. È un viaggio in un album a tratti prolisso e poco eloquente, dei grattacapi non da poco per una band che ha fatto della strumentalità la propria bandiera e che prende ispirazione sia dai propri lavori passati che da quelli di altri colleghi ma che certamente non portano nulla di nuovo al proprio repertorio o quantomeno non dei brani memorabili nella discografia post-metal. Sono tuttavia presenti dei brani che mostrano decisamente le potenzialità della band, in particolare gli ultimi tre pezzi (“O’ Braonáin”, il già citato “Betrayal” e “Bloom”), nei quali i Russian Circles riescono effettivamente ad imbastire un prodotto convincente, caratterizzato da quell’atmosfera degna di quello che è un titolo come “Gnosis” può ispirare; tuttavia, questo non è sufficiente a sopperire alle mancanze della prima parte dell’album.
“Gnosis” è infatti un album che funziona a metà, contraddistinto in buona parte da una prevedibilità nei riff quanto nei breakdown che spesso portano l’ascoltatore a storcere il naso trasmettendogli un sentore di stantio che ne appesantisce terribilmente l’esperienza.
Tracklist
01. Tupilak
02. Conduit
03. Gnosis
04. Vlastimil
05. Ó Braonáin
06. Betrayal
07. Bloom