NUOVE USCITERECENSIONI

Temple Of Void – Summoning The Slayer

La graduale crescita dei Temple Of Void, effetto di un trio di lavori di buona qualità, viene ora definitivamente suggellata dal battesimo discografico su un’etichetta di richiamo come la Relapse Records. Attraverso un percorso underground, capace di accrescerne rodaggio ed esperienza, la formazione di Detroit, in attività ormai dal 2013, ha via via sgrezzato il proprio death-doom, trovando un mirabile equilibrio stilistico nello scorso “The World That Was” (2020), dopo che “Of The Terror And Supernatural” e “Lords Of Death” si sbilanciavano, rispettivamente, l’uno dalle parti di Hooded Menace e Paradise Lost e l’altro in direzione Asphyx/Incantation. Ricomposte le due anime e perso un pizzico di sporcizia, il quintetto statunitense, in “Summonig The Slayer”, non rischia molto a livello di songwriting, adottando una tattica conservativa di comprovata efficacia per l’esordio su una label così importante. Ciò non equivale a una banalizzazione del sound, anzi, lo spettro compositivo si amplia leggermente, accogliendo qualche nuova istanza appena accennata nelle precedenti opere.

“Behind The Eye” sbuca dall’ombra, essenziale, impenetrabile, marziale, quasi neandertaliana nella sua basica progressione di accordi che ricorda la macina distruttiva dei Bolt Thrower e dei Benediction di “The Grand Leveller”, benché lo stacco melodico centrale possieda quel gusto evocativo di taglio gothic figlio della stagione migliore dei The Peaceville Three. Le successive “Deathtouch” ed “Engulfed”, che la produzione adiposa di Arthur Rizk esalta al massimo grado, flirtano pesantemente con il funeral à la Evoken, conducendo l’ascoltatore in territori di dolore e disperazione, dove la luce del sole annaspa tra le corde spesse delle chitarre prima di scomparire definitivamente, dilaniata dai rostri famelici della sezione ritmica.

Se “A Sequence Of Rot” trasuda sludge chimico e crudeltà ferina e la concisa “Hex, Curse & Conjuration” rappresenta il volto selvatico e diretto del combo del Michigan, in “The Transcending Horror” appare palese l’influenza tanto dei Katatonia first wave quanto dei Type 0 Negative più depressi, con il gorgoglio abissale di Mike Erdody a ricordarci che la brutalità del metallo della morte non arretra di fronte a nulla, sfumature stilistiche comprese. Chiude il lotto “Dissolution”, outro atmosferica completamente acustica in cui la furia del quintetto sembra infine trovare requie, adagiandosi su una nuvola psichedelica che li vede in compagnia di viaggio i Black Sabbath di “Planet Caravan”, i Cathedral di “Ethereal Mirror” e il folk americano dei ’70. Una conclusione che spiazza, ma non troppo, considerate le aperture elegiache dell’ultimo album.

Reinventare un genere apportando ogni volta piccole variazioni: i Temple Of Void mantengono quest’abitudine anche all’interno di “Summoning The Slayer”, magari in maniera meno deflagrante e con una percepibile tendenza a smussare gli angoli, tuttavia senza mai tradire sé stessi e coloro che li hanno apprezzati negli anni. Eppure, la strada verso quella particolare forma di mainstream che caratterizza band come Gojira o Mastodon sembra tracciata.

Tracklist

01. Behind The Eye
02. Deathtouch
03. Engulfed
04. A Sequence Of Rot
05. Hex, Curse, & Conjuration
06. The Transcending Horror
07. Dissolution

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