Riconsegnare alla terra. Mai come domenica scorsa siamo arrivati tanto vicino al captare l’invisibile vincolo tra uomo e natura, un legame martoriato, sepolto sotto metri di artifici e spietato egoismo. L’abbiamo provato sulla pelle trapassata dai brividi di emozione, mentre gli occhi ardevano, rivolti verso un sole che lentamente si spegneva su Peltuinum, lasciando che il resto del mondo riacquisisse i suoi lineamenti, oscurati da una forma di ipnosi senza alcun pendolino, generata dai raggi nelle pupille, dal vento sulla schiena, dal meraviglioso percorso dipinto da Trentemøller per l’ultima, bellissima, tappa di Paesaggi Sonori, rassegna che è motivo d’orgoglio per gli abruzzesi, per la splendida terra che abitano e – più in generale – per l’interezza del panorama concertistico italiano.

Un viaggio catartico che congiunge corpo e spirito, proprio come un pellegrinaggio religioso. Ma qui le divinità sono musica e natura, la prima a concedersi in dono alla seconda su di una collinetta stagliante tra Gran Sasso e Majella, tra i resti archeologici di un’antica città vestina ad accogliere, in marmoreo silenzio, l’enorme millepiedi di anime giunto in cima.

Non sono ammessi ritardi, d’altronde l’orologio del sole ticchetta in maniera ben precisa e non guarda in faccia a niente e nessuno: puntuali , poco dopo le 18, il producer danese e la sua band si proiettano sul palco come vividi ritagli di ombre in movimento, si prendono l’abbraccio del pubblico e lo tramandano all’altro protagonista della serata, proprio lì dietro di loro.

Aprono i rintocchi new wave e synth pop di “One Eye Open”, agili nel fondersi e nel transitare squisitamente verso il dream pop etereo di “No More Kissing In The Rain”: un uno-due che ci presenta l’ensemble e l’incantevole voce dell’islandese Dìsa Jakobs, un matrimonio che rievoca i delicati scorci evanescenti di Cocteau Twins e Slowdive, risciacquati dalle fresche gocce elettroniche che Trentemøller fa scivolare abilmente lungo la schiena delle tracce (“In The Gloaming”, “Glow”).

Un tributo totale all’ultimo album in studio “Memoria”, che colonizza gran parte della setlist inserendosi con armonia cureiana in “Like A Daydream”, ampliando lo spettro verso l’ariosa tensione ambient di “Darklands” e verso il serrato post-punk di “Dead Or Alive”.

Lì, per qualche attimo, abbiamo chiuso gli occhi. E tutto è imploso dinanzi al calore di un sole richiamato sempre più a gran voce dalla montagna; il terreno vibra, scosso dal basso affogato di Jacob Haubjerg e dalla sei corde di Brian Batz, sembra crollare sotto di noi mentre il producer danese lo tira verso l’alto attraverso synth che galleggiano in aria, ottenendo un equilibrio elettrico che viene a quietarsi soltanto una volta riportate le retine a contatto con ciò che abbiamo attorno.

“Still On Fire” scalcia e pulsa di oscura darkwave, penetra come un ago nella spina dorsale dei presenti che, come posseduti, iniziano ad alzarsi mano a mano da terra, marionette danzanti comandate dal flusso magico che domina l’atmosfera. Basta qualche momento – e quel beat di Trentemøller, avete capito quale – per far sì che l’intero parterre si ritrovi a comunicare col movimento degli arti, rapito da una catarsi automatica, impossibile da bloccare, che prosegue coi ritmi singhiozzanti dell’iconica “Moan”, si infuoca con l’alt rock di “Cops On Our Tail” – cover dei danesi The Raveonettes – e si spegne nella spirale elettronica di “Take Me Into Your Skin”, mentre il sole deflagra come un palloncino a contatto con uno spillo, rivestendo il cielo di rosso fuoco, tra qualche minuscola nuvoletta e qualche stella che inizia ad inchinarsi.

In questo panorama surreale, “Miss You” prende le nostre emozioni, le lucida con la cura di una madre apprensiva e le rimette a posto, prima che l’electro-rock vigoroso di “Silver Surfer, Ghost Rider Go!!!” le spazzi via nell’ultimo, tarantolato, ballo al tramonto.

Trentemoller 1 foto di Karen Rosetzsky
Photo Credits: Karen Rosetzsky

Non abbiamo semplicemente ascoltato, abbiamo vissuto. Un’esperienza assurda, senza eguali, una comunione completa con l’origine di tutto. La musica che torna alle radici, quando le note erano suoni nel vento che si propagavano, volteggiavano, univano popoli e alimentavano il pensiero che sì, esiste un modo per fuggire dalla silenziosa monotonia della quotidianità.

Un vero e proprio capolavoro, quello orchestrato da Paesaggi Sonori – e dalla bellissima terra che si è gentilmente offerta come location. Un evento epocale per l’Abruzzo e per le regioni limitrofe, che ha marchiato indelebilmente il cuore di tanti. Lo si vedeva dai sorrisi magnetici, dagli abbracci infiniti, dal senso di benessere che ogni sguardo rovesciava nell’altro.

Quelle persone non faticheranno a dire che quello di Trentemøller è stato uno dei concerti più belli della loro vita. Tra quelle, manco a dirlo, ci siamo anche noi.

Setlist

One Eye Open
No More Kissing In The Rain
Glow
In The Gloaming
When The Sun Explodes
Dead Or Alive
Like A Daydream
Darklands
Still On Fire
Moan
Cops On Our Tail
Take Me Into Your Skin

Encore
Miss You
Silver Surfer, Ghost Rider Go!!!

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