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Yves Tumor – Praise a Lord Who Chews but Which Does Not Consume; (Or Simply, Hot Between Worlds)

I’ll always pray to an empty sky
Stare straight into the morning star
With lips just like red flower petals

Il colore rosso che volteggia come un rapace, marchiando l’essenza della passione carnale e la simbologia del fuoco come mezzo di purificazione, in un’opera che sfida di nuovo, con occhi zeppi di trucco e brillantini, una religiosità che, ad oggi, tanto intoccabile non è.

Yves Tumor è un provocatore, un entusiasta esponente del borderline, un emissario dell’eleganza nello scandalo, una talpa rivestita di borchie e lustrini nel bureau di una società di bigotti: “Praise a Lord Who Chews But Which Does Not Consume; (Or Simply, Hot Between Worlds)” delinea una sorta di vangelo pagano, intriso di fatti personali e rifacimenti ad un sacro scomposto e rivisitato. La naturale continuazione di quel “Heaven To A Tortured Mind” che aveva spinto lo sfuggente Sean Bowie a copulare più arditamente con la ruvidezza delle chitarre e con un inventario glam ancora poco sfogliati dalla claustrofobica elettronica strozzata di “Safe In The Hands Of Love”.

Non si parla di scelte “ruffiane” – il mainstream, d’altronde, ci sembra quanto di più lontano dall’idea di musica di Yves Tumor – questo lo si denota da un decorso estremamente fluido e naturale che non cancella completamente il synth – il singhiozzo oscuro e sensuale di “Echolalia”, il ritmo ansimante della opener “God Is A Circle” – ma lo innesta come rigido sostegno ad un alternative rock che solletica gli 80s e il post-punk, accodandosi ad un revival – talvolta più esplicito (Molchat Doma), talvolta meno (Preoccupations) – che trafigge i ritmi patinati, il basso gonfio e la batteria offuscata, a mo’ di drum machine, di “Lovely Sewer”.

Un lavoro che innalza la croce del glam rock, strabordante di sfaccettature che si affacciano sul vasto emisfero della musica di confine, dal dirompente odore grungy che fuoriesce dal riffone di “Meteora Blues”, all’ibrido indie rock/stoner, rigonfio di fuzz, partorito dall’introduttivo pancione lounge pop di “Parody”.

L’acidulo delle chitarre sparate di “In Spite Of War”, la nudità strumentale della singhiozzante “Fear Evil Like Fire”, il roboante rock da cult cinematografico delle splendide “Ebony Eye” e “Heaven Surrounds Us Like A Hood”, un bustone di ingranaggi diversi a comporre un macchinario che gira meravigliosamente. L’olio che lubrifica il tutto? Nient’altro che la voce seghettata di Sean Bowie, cupa e granitica, con quella tinta roca che penetra nella pelle e che si squaglia dinanzi alle provocazioni in falsetto.

Questa è l’ultima fatica di Yves Tumor, un’ulteriore opera istrionica, lasciva, intelligente nel suo essere “caciarona” e smisuratamente ampia di vedute – stilistiche e non – impregnata di una teatralità che ha da sempre governato l’idea musicale di un artista che non solo ha plasmato dal nulla un personaggio, ma l’ha totalmente inglobato, metabolizzato, crescendo assieme a lui in un balzo creativo che puntella le sue coordinate al di fuori dei margini di genere.

Tracklist

01. God Is A Circle
02. Lovely Sewer
03. Meteora Blues
04. Interlude
05. Parody
06. Heaven Surrounds Us Like A Hood
07. Operator
08. In Spite Of War
09. Echolalia
10. Fear Evil Like Fire
11. Purified By The Fire
12. Ebony Eye

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