Metalcamp 2012
05/08/12 - Area Festival, Tolmin - Slovenia


Articolo a cura di SpazioRock

Report a cura di Alessandra Leoni ed Eleonora Muzzi

 

Tra i tanti festival che affollano l'estate 2012, il Metalcamp è senz'altro uno dei più popolari e longevi - l'anno prossimo festeggerà i dieci anni di vita. Quest'anno vorremo raccontarvi l'esperienza vista dagli occhi di una persona che è molti anni che partecipa al festival che si tiene a Tolmin, in Slovenia, a poche decine di chilometri da Gorizia, e dagli occhi di chi ha partecipato al più grande festival metal al mondo, ovvero il Wacken Open Air. Sia ben chiaro, non è questione di screditare un festival rispetto ad un altro, ma si tratta semplicemente di metterli a confronto, di descrivere due eventi diversi, ma ugualmente piacevoli e godibili nel loro complesso.


Il festival che ha luogo a Tolmin ha come punto di forza - sempre secondo chi scrive - di essere molto più contenuto, da un punto di vista del numero di partecipanti, rispetto a Wacken e sicuramente più spartano, ma meno dispersivo. Due palchi, stand per il cibo in giusta quantità - e vi assicuriamo che quelli con la frutta fresca hanno salvato la spedizione nei giorni di feroce solleone! - poche distrazioni e pochi stand di CD e merchandising in generale. Una pregevole nota di merito spetta alla spiaggia presso il fiume Isonzo, dalle acque gelide, ma davvero cristalline, al punto da potercisi abbeverare senza avere il timore di rischiare la vita - rischio che accresce qualora si decidesse di buttarsi nelle fredde acque dopo i pasti. Passando all'aspetto strettamente musicale, le band alla fine sono sempre quelle che girano in estate per l'Europa - Testament, Epica, Sabaton, Edguy e via discorrendo - anche se c'è da dire che il Metalcamp rimane perlopiù orientato verso metal band più estreme, cambiando più o meno ogni anno tendenza generale: se un anno la presenza di band viking e folk metal ha costituito una buona fetta della bill, l'anno seguente sarà difficile vedere una tale concentrazione di band dello stesso genere, ma sarà più facile assistere ad una bill più incentrata sul thrash e il death metal, per controbilanciare. La programmazione giornaliera dei concerti rispetto al blasonato festival tedesco è sicuramente più contenuta, difatti le esibizioni non partivano prima delle 16.30/17.00, ma si distribuiscono nell'arco di cinque giorni, dal lunedì al venerdì, per finire verso le 02.00/03.00 di notte. A Tolmin i sonni sono sicuramente più garantiti - e su questo, chi scrive non ha troppi dubbi al riguardo, avendo brutti ricordi circa l'insonnia patita a Wacken, complici gli assordanti impianti audio dei vicini - il tutto sta nell'avere la fortuna di avere attorno compagni d'avventura con un po' di buonsenso, e molto sonno.


Nel complesso la macchina organizzativa del Metalcamp ha funzionato bene anche per quest'anno, con concerti sempre in orario e infrastrutture ottimamente gestite, con la piacevole aggiunta di uno stand per cibo e bevande anche all'interno dell'area campeggio, più o meno a metà, con possibilità di acquistare generi di prima necessità ma anche prodotti per l'igiene e quant'altro, rendendo i viaggi in paese più ridotti. L'unico neo sul quale proprio non si può soprassedere è l'impianto audio che, a causa di qualche regolazione non ottimale, ha causato qualche fastidio a numerose esibizioni, con volumi sbilanciati e talvolta ronzii poco gradevoli intanto che le band erano sul palco. Ma a parte questo, ora possiamo parlare delle band che hanno partecipato all'edizione di quest'anno.


Il primo giorno, da tradizione, è dedicato agli ultimi arrivi, alle ultime file per comprare i biglietti e i primi bagni al fiume. Il caldo attanaglia tutto il campo ed è più facile vedere ragazzi e ragazze intenti a mangiare una fetta di anguria più grande di loro piuttosto che intenti all'ubriacarsi tracannando una birra dietro l'altra. L'area concerti inizia a riempirsi solo quando il sole inizia a calare dietro le montagne e sul palco salgono i Sanctuary di Warrel Dane, autori di una performance decisamente sottotono, per gli standard cui ci ha abituato il cantante americano con i Nevermore. Seguono i Napalm Death giusto per l'ora di cena, che al contrario dei precedenti riescono a mettere a segno un'ora di musica perfetta, violenta, cattiva, in puro stile grind. Scende la sera e sul palco salgono i Testament, freschi di pubblicazione del nuovo album. Esattamente come i colleghi inglesi, i thrasher americani tirano fuori dagli amplificatori una delle performance più belle di tutto il festival, Chuck Billy da sfogo alle sue incredibili doti vocali mentre sotto al palco si scatena l'inferno tra i fan impegnati in un pogo violentissimo. L'unica pecca ad un'esibizione al limite della perfezione è la coppia di cartelli apparsa sul palco durante l'encore con su scritto "Free Randy" a riferimento della vicenda giudiziaria che vede protagonista Randy Blythe dei Lamb Of God, un tantino fuori luogo, tutto considerato. Co-headliner della serata sono i Machine Head, anch'essi in piena forma, capaci di aizzare il pubblico fisiologicamente già stanco dopo l'assalto sonoro dei Testament. Phil Demmel da solo tiene le redini del palco e dalla sua postazione centrale lancia stoccate incredibili con la chitarra e la voce.


La seconda giornata si apre all'insegna del New York Core con i Madball che sul palco ancora inondato di sole accendono le braci per i Finntroll che si esibiscono subito dopo, e a dispetto di quello a cui siamo abituati, il concerto a cui abbiamo assistito ci è sembrato più che altro un atto di mestieranza, non una cosa vissuta col cuore. Bravi ed efficaci come al solito, ma meno emozionanti, come se non vedessero l'ora di scendere dal palco. Sensazione subito spazzata via dall'eccezionale esibizione dei Kataklysm che letteralmente macina le ossa dei coraggiosi rimasti sotto al palco, soprattutto quando Iacono dal palco sfida la folla ad arrivare a 600 crowdsurfer durante la prossima canzone. Lo spettacolo è indescrivibile: dopo pochi secondi l'area sotto al palco è costellata da surfer a ripetizione, la security a malapena riesce a gestire il mare di persone in arrivo, e dal nostro punto di osservazione è seriamente uno spettacolo più unico che raro. Si cambia decisamente rotta con i Paradise Lost, che rallentano il ritmo ma non abbassano la qualità. Al contrario di due anni fa, quando la loro esibizione su questo stesso palco ci era sembrata non esattamente all'altezza del loro nome, in quest'edizione la band inglese da il suo meglio, impressionando sia i numerosi fan sia chi invece è lì per gli At The Gates che si esibiscono subito dopo. Per quanto lo show sia abbastanza coinvolgente, la sensazione è però la stessa che ha pervaso l'esibizione dei Finntroll poche ore prima, ovvero che si stiano esibendo solo perché da contratto devono farlo, senza metterci quel tocco di impegno in più per creare quel feeling col pubblico che avrebbe reso un concerto del genere memorabile.


La terza giornata diventa un po' problematica. La maggior parte dei campeggiatori è in loco da quattro giorni, il caldo continua imperterrito a non dare tregua, il che causa qualche problema anche a noi, al punto che abbiamo bisogno dell'intervento del centro medico. Una volta risolti i malesseri, accorriamo all'area concerti appena in tempo per vedere i Nile salire sul palco. Precisi e brutali come da tradizione, la band americana lascia presto spazio agli olandesi Epica, che tornano al Metalcamp con una scaletta che vede incluse alcune canzoni dell'ultimo "Requiem For The Indifferent". Nel complesso, si può dire tutto tranne che la band non sia valida, da un punto di vista scenico ed dell'esecuzione. Anche Simone Simons, soprattutto su alcuni brani vecchi e su quelli di "Design Your Universe", si rende autrice di una performance buona. C'è da dire, però, che i brani dell'ultimo album faticano a decollare in sede live. Ma veniamo ai veri highlights della serata in quel di Tolmin: Eluveitie e Korn. Gli elvetici si rendono autori di una bella performance, coinvolgente e molto sentita anche e soprattutto dal pubblico, molto incentrata sull'ultimo album "Helvetios". Non è mancata l'irrinunciabile "Inis Mona" e "Bloodstained Ground", prese da "Slania", per completare l'esibizione a dire il vero non lunghissima, ma molto solida e compatta. Le luci sul palco si riaccendono di nuovo ed ecco i Korn, quelli che forse erano quelli meno in linea con il resto delle band presenti al festival. E sono quelli che hanno sorpreso tutti, perché, a parte lo spettacolare impianto e giochi di luce, la bella setlist, la performance è granitica e decisamente varia. Si parte con brani vecchi e rarità, per poi passare ad un set dedicato tutto all'ultimo disco "The Path Of Totality", che ha visto la band alle prese con musica dubstep e sperimentazioni verso l'elettronica. Non era un semplice dj set tutto da ballare - come qualcuno poteva pensare dato quanto fatto dalla band, ultimamente - o meglio, la combinazione di strumenti e musica elettronica ha fatto sì che si creasse un massiccio muro di suono verso il pubblico. C'era chi se ne andava, probabilmente non attirato dalla proposta, ma alla fine di questa parentesi dedicata all'ultimo album, si sono persi un'interessante parte dedicata ad altre hit della band e a due cover sorprendenti, ovvero "Another Brick In The Wall" dei Pink Floyd e "One" dei Metallica.


Gli ultimi due giorni sono stati quelli un po' meno interessanti, o meglio, ci sono state poche band che si sono rese artefici di una performance degna di quelle dei protagonisti delle giornate precedenti. Spendiamo qualche parola per i divertentissimi Korpiklaani - Jonne Jarvela, il cantante, ancora più spassoso in quanto poco sobrio e con evidenti problemi con i testi e gli attacchi dei brani - e per gli Edguy, con un Tobias Sammet infortunato, ma più divertente che mai, soprattutto quando si accorge che tra il pubblico vaga un gonfiabile a forma di pene. Gli Amon Amarth chiudono la quarta giornata con una performance musicalmente inappuntabile, ma alquanto fredda da un punto di vista emotivo. La giornata che chiude la manifestazione si ricorda per l'esibizione brutale e cattiva dei Sodom, per i Pain con un Tatgren decisamente in affanno con la voce, e il divertimento assicurato con i Sabaton, brillanti anche da un punto di vista dell'esecuzione. La stanchezza è piuttosto tangibile nei presenti, dato anche il caldo che non ha dato tregua in questi giorni intensi, e i Trollfest chiudono il nono anno di Metalcamp, che dall'anno prossimo verrà riportato a fine luglio e avrà un nuovo nome - ovvero Metaldays - e promette tante novità e qualche cambiamento.

 




Intervista
Anette Olzon: Anette Olzon

Speciale
L'angolo oscuro #31

Speciale
Il "Black Album" 30 anni dopo

Speciale
Blood Sugar Sex Magik: il diario della perdizione

Speciale
1991: la rivoluzione del grunge

Speciale
VOLA - Live From The Pool