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Burning Witches – The Dark Tower

Nonostante il titolo sovrapponibile a quello dell’omonimo romanzo a puntate di Stephen King, che di primo acchito lascerebbe pensare a un concept album capace di riscattarne la mediocre riduzione cinematografica, questo “The Dark Tower” delle Burning Witches bazzica alla larga dalle regioni fantastiche dello scrittore del Maine, preferendo addentrarsi, benché blandamente e a singhiozzi, nella truce storia della contessa ungherese Erzsébet Báthory. Le svizzere, scoperte da Marcel Schmier, qui ancora nelle vesti di producer insieme a V. O. Pulver, rappresentano delle vere stakanoviste dell’acciaio classico e fumante, visto che siamo di fronte addirittura al quinto sforzo sulla lunga distanza in appena sei anni, una carriera al galoppo forse sin troppo frenetica e spoglia di prove al di sopra della sufficienza.

L’heavy dalla forte struttura tradizionale, e spesso in combutta con il power, che contrassegnava gli scorsi lavori, trova ulteriore terreno fertile all’interno di un nuovo platter sì piacevole, eppure ancora di seconda fascia, lontano, per qualità complessiva e spunti personali, dai maggiori prodotti della NWOTHM, e i cui testi, evocanti un personaggio abbondantemente sfruttato da legioni di band del settore, non riescono certo a evitare i topoi del genere. E non basta l’ampio registro vocale di Laura Guldemond, decisamente più sciolta e cattiva rispetto a “Dance With The Devil” e “The Witch Of The North”, a distogliere da una scrittura dei brani dignitosa, ma mai in grado di decollare davvero, e che forse la chitarrista e principale compositrice Romana Kalkhul farebbe meglio a condividere, da leader saggia, con le proprie compagne d’avventura. Una tendenza al dispotismo poco redditizia, e già responsabile degli addii di Alea Wyss e, soprattutto, di Seraina Telli e Sonia Nusselder.

Caratterizzato da un artwork memore della locandina di “Quella Villa Accanto Al Cimitero” e di vari stereotipi in saldo della cinematografia dell’orrore degli ‘80, il disco inanella una serie di pezzi capaci di coprire l’intera gamma di influenze che costituiscono lo stile del quintetto, con un generale incupimento del clima a corredo. A parte una buona “Unleash The Beast”, dalla ruvida patina thrash di impianto Destruction/Slayer, le elvetiche si dedicano meticolosamente ad alternare massicci ritagli di Judas Priest e King Diamond (“Evil Witch”, “Heart Of Ice”, “The Lost Souls”), brani di stampo euro-metal a tratti d’ispirazione Helloween (“World On Fire”, “The Last Unknown”), mid-tempo e ballad che renderebbero orgogliosi Doro e i suoi Warlock (“Renegade”, “Tomorrow”), epiche scorribande tra Blind Guardian e Manowar (“The Dark Tower”, “Arrow Of Time”, “Doomed To Die”). A incorniciare il lotto, due instrumental atmosferici, uno posto quale opener (“Rise Of Darkness”) e l’altro a metà della tracklist (“House Of Blood”), che nulla aggiungono alla natura derivativa del full-length.

Ottimo da ascoltare in auto mentre si attraversano le remote lande della Pannonia, magari con una boccetta d’acquasanta e delle spade cimmeriche nel portabagagli, “The Dark Tower” mostra le solite Burning Witches, una garanzia come compendio ciclostilato di storia del metallo, meno quando occorre inserire delle chiosi originali all’epitome stessa. Chi si accontenta gode.

Tracklist

01. Rise Of Darkness
02. Unleash The Beast
03. Renegade
04. Evil Witch
05. World On Fire
06. Tomorrow
07. House Of Blood
08. The Dark Tower
09. Heart Of Ice
10. Arrow Of Time
11. Doomed To Die
12. Into The Unknown
13. The Lost Souls

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