Attivi dal 2013, i Dead Poet Society, da Boston, tornano con il nuovo album “Fission” a tre anni dall’ultimo lavoro “!”. Partendo come gruppo indipendente auto-prodotto, per poi passare sotto Universal, ed ora sotto Spinefarm Records, la band inserisce la propria musica nel panorama alt-rock, strizzando l’occhio anche a delle sonorità piú heavy, soprattutto in questo ultimo disco.
Si inizia direttamente senza troppi preamboli con “5:29:45”(che non è l’effettiva durata della canzone): l’atmosfera è incalzante e cupa, le chitarre, molto aggressive, non fanno vedere una via d’uscita, ma la risposta arriva (“Can you feel it? A new freedom”). I toni diventano più accattivanti con “Running in Circles”, con il cantato che tende agli acuti e riesce a catapultarci in un’atmosfera nella quale, invece di scappare via, ci sembra proprio di correre in maniera concentrica, con l’illusione perpetua di non trovare una via di scampo. “HURT” è il seguito naturale della precedente: torna il concetto del correre per il resto della propria vita e le chitarre esplodono nel fine, con l’aggiunta anche di un tocco emo.
La tripletta “How Could I Love You?”, “I hope you hate” e “Uto” permette di presentare al meglio il tema che da qui in poi sarà presente sotto varie sfumature, in quasi tutte le canzoni: l’amore. I tre brani si sviluppano in maniera interessante giocando sugli opposti sia dal punto vista tematico, che da quello dei suoni, con “I hope you hate” che presenta elettronica e pop come protagonisti e “Uto”, che è una perfetta unione di calma iniziale e potenza nei ritornelli. Una piccola pausa arriva con la placidissima ballad “Tipping Point”, ma tutto ciò ha vita breve: “LA Queen” e “Hard To Be God” ravvivano l’ambiente, e, soprattutto la seconda, ci trasportano in un universo pieno di elettronica e chitarre tendenti al metal. E se “81 Tonnes” si carica pian piano fino ad esplodere nel finale, vediamo un vero cambiamento con “My Condition”, nella quale la band cambia completamente volto e l’alternative rock scompare, lasciando spazio al pop rock, in un mondo in cui tutto diventa bello e possibile. Il lavoro termina poi in bellezza con “Black and Gold”, pezzo più lungo e aggressivo dell’album, contraddistinto dal riuscito cambio di ritmo a metà e da un assolo che si erge a protagonista indiscusso.
Senza troppe pretese, i Dead Poet Society creano un lavoro solido e corposo che incuriosisce dall’inizio alla fine e non annoia. Senza dubbio, un buon trampolino di lancio per puntare a mete ancora più alte.
Tracklist:
01. 5:29:45
02. Running In Circles
03. HURT
04. How Could I Love You?
05. I Hope You Hate Me
06. Uto
07. Tipping Point
08. LA Queen
09. Hard To Be God
10. 81 Tonnes
11. My Condition
12. KOET
13. Black And Gold