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Grian Chatten – Chaos For The Fly

She’s standing in line now
At the funfair
Fistful of tokens
And charm to spare
What kind of fool would follow signs that were never there?

Il fruscìo dei gettoni, rivoltati nel pugno di una mano insicura, che surclassa il suono delle musichette, mette in penombra le luci, attenua gli schiamazzi della gente. Abbatte gli odori, i caratteri delle persone, sottolinea le attese, le mancanze, i dolori. È quello sguardo basso, portato in fila nel bel mezzo di una mareggiata di persone, che contiene tutto. È quella mano che fruga nervosamente, tentando di dare un ordine ed un senso a tutto ciò che si è ottenuto.

Grian Chatten ne sente il bisogno, lo ceerca disperatamente, approfitta di una pausa ristoratrice dall’estenuante tour coi Fontaines D.C. per rimanere un po in disparte, solo soletto a nutrirsi di sospiri e riflessioni, per raccontarci che, in fondo, la vita non è altro che un fottuto luna park.

Sarà che le immagini di giostre e casinò costellano le storie di “Chaos For The Fly” e che l'(ormai) cantautore dublinese trasforma questi da luoghi di divertimento, talvolta di perdizione, in scatoloni con due fori per ficcarcisi dentro a guardare il mondo che gira tutt’attorno, osservare rimanendo inosservati, sicuri nel proprio angolino, la vita che si colora di sentimenti opposti e incontrollabili.

Lo fa celebrando un ineluttabile equilibrio, arpeggiato in “The Score”, o profumando di un noir decadente le meste sviolinate di una “Last Time Every Time Forever” intenta a cantare quel senso di immobilità che blocca e lacera – “Fed the birds on a lap round town / Got a peculiar thought
nearly struck me down / Am I the wingless one that keeps me here
?” –.

Photo Credits: Eimear Lynch

Amore, quello che incastra gioie e sofferenze, issato dalle delicate movenze di “I Am So Far”, che cerca spazio tra i racconti distintamente folk di “Salt Throwers Off A Truck”, le arrembanti schitarrate acustiche di “Fairlies” e la sua abilità nel miscelare il cantautorato al pop, le camere lounge odoranti di anni ’60 di “Bob’s Casino”.

Dolore, quello diretto, che contorce la mente come un coltello rigirato nella ferita, pizzicato dalle poche, toccanti note di “Season For Pain”. Dolore, quello più subdolo, frutto di una malinconia perversa che rimangia dall’interno, la sensazione di essere il più grosso estraneo in una società di finti estimatori, di bastardi approfittatori, di gente che accartoccia i tuoi sentimenti e se li butta alle spalle col sorriso sulla faccia. Questa potrebbe essere un’interpretazione di “All Of The People”, una mazzata al cuore di un’intimità devastante, la denudazione totale di Grian Chatten di fronte al successo e alla fama, una confessione profonda e straziante ciondolante tra i tasti di un pianoforte e qualche timida carezza di violino.

Il fantomatico potere delle emozioni legifera sempre, nonostante la crescita, nonostante la proiezione in un mondo che sembra nuovo, ma che in realtà è sempre lo stesso. Qui ci sono le parole di un ragazzo che rimane ancorato a terra, che ama ancora le sue origini e che trova il tempo – e la volontà – di fermarsi a riordinare il puzzle della sua vita. E lo fa magnificamente.

Tracklist

01. The Score
02. Last Time Every Time Forever
03. Fairlies
04. Bob’s Casino
05. All Of The People
06. East Coast Bed
07. Salt Throwers Off A Truck
08. I Am So Far
09. Season For Pain

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