A distanza di quasi 10 anni dal precedente disco solista, Philip Selway, cantautore, polistrumentista, nonché batterista dei Radiohead, torna con il suo terzo lavoro dal titolo “Strange Dance“. Un disco suggestivo e ricco di atmosfere, che spazia dall’elettronica alla musica sinfonica, al rock sperimentale di matrice Thom York-iana. Insieme a lui abbiamo spaziato dalla musica per film al futuro del rock, esplorando il processo creativo e le collaborazioni dietro “Strange Dance”, senza tralasciare ovviamente il capitolo Radiohead.
— SCROLL DOWN FOR THE ENGLISH VERSION —
Ciao Philip e benvenuto tra le pagine di SpazioRock. Dato che è la prima volta che ti abbiamo con noi, siamo molto entusiasti. Prima di tutto, come stai? Come sta andando?
Sta andando davvero bene, in realtà. Sì, al momento mi sto preparando a pubblicare l’album “Strange Dance”. Quindi sono stato impegnato a mettere tutto a posto per questo. Sono stato fuori la scorsa settimana per fare alcuni spettacoli anche nel Regno Unito, quindi ho fatto cinque date. Ho finito il disco quasi un anno fa ormai, e quindi essere effettivamente in questa fase, quando è quasi pronto, quando è sta per essere pubblicato, è bello, eccitante.
E come mai ci è voluto così tanto tempo per pubblicarlo?
Per un paio di motivi in realtà. Come saprai, il vinile è diventato di nuovo incredibilmente popolare e questo ha davvero influenzato il tempo d’attesa necessario per produrre il tuo vinile. Quindi ci sono voluti nove mesi per avere il vinile per questo disco. Quindi, voglio dire, sai, torni indietro di un po’, il tempo di consegna standard da quando consegni il disco a quando viene pubblicato era di tre mesi, ma ora dobbiamo allungare completamente la finestra temporale ed è lo stesso caso per tutti davvero. Quindi sì, è successo e al momento viene prodotta così tanta nuova musica. Quindi finalmente trovi uno spazio e devi solo aspettare ancora un po’, ma è stato bello avere del tempo in più perché sai, puoi anche prepararti adeguatamente. Quindi, sarò molto, molto felice di pubblicarlo finalmente.
Come hai anticipato, il tuo nuovo disco “Strange Dance” uscirà il 24 febbraio. Puoi per favore darci un’idea di come suonerebbe, per esempio quale emozione vuoi trasmettere con questo lavoro?
Allora penso che il disco volevo avesse questo tipo di grande panorama sonoro, quindi sai, ha tutte queste trame orchestrali al suo interno e ha tutte queste voci musicali molto distintive dei musicisti con cui ho lavorato lì, ma volevo anche che fosse intimo, dritto al cuore. Sai che questa voce potrebbe essere piuttosto silenziosa a suo modo. È quasi come un discorso fra amanti e ho sentito che era molto appropriato per quello che stavo cantando e volevo anche solo dare questo senso, quasi come un mondo in cui puoi entrare, un mondo musicale in cui puoi camminare e poi vivere e in un certo senso è un rifugio, se vuoi. Quindi penso di portare questa stessa idea anche negli spettacoli dal vivo e, naturalmente, sai, che ci sono tracce qui, nel disco, che hanno in alcuni casi circa 50 musicisti. Diventa un po’ poco pratico farlo sera dopo sera, in tour. Quindi abbiamo reinventato le canzoni ma cercando di mantenere quel senso di questo ampio panorama sonoro con quell’intimità, cercando di mantenerne lo spirito e poi semplicemente rimmaginando gli arrangiamenti intorno.
In questo disco hai collaborato con il chitarrista dei Portishead Adrian Hutley. Come è nata questa collaborazione e qual è stata la parte migliore?
Le nostre strade si sono incrociate molte volte nel corso degli anni, sai, le nostre carriere musicali sono andate in parallelo, e poi finalmente abbiamo potuto lavorare insieme nel 2019 ed è stato per un pezzo di danza che avevo scritto con gli altri musicisti Quinta e Adem, nel 2014, che era per la compagnia di danza Rumba, ed è la prima reinterpretazione di una coreografia di Merce Cunningham. E così ho collaborato con la compagnia di danza per più di cinque anni e ogni anno tornavamo e facevamo di nuovo lo spettacolo. Ogni volta c’erano musicisti diversi che suonavano in quella versione e nella sua versione finale, Adrian ne faceva parte. E ho potuto vedere questa dinamica davvero interessante e molto espressiva accadere tra Adrian e Quinta e me, e ho pensato che sarebbe stato qualcosa che avrei davvero voluto esplorare di più su Strange Dance. E quindi sai, Adrian da un grande apporto alla sessione di registrazione. È un musicista incredibile. Ha quell’esperienza musicale, è ancora affascinato dal trovare diversi parametri delle voci in quello che fa. Voglio dire, è anche un produttore, quindi ha anche quella mentalità. Sì è uno dei musicisti più fighi e uno dei musicisti migliori da avere nel tuo disco (risatina).
Sono curioso di sapere cosa ti porta a realizzare un progetto solista? Voglio dire, è il tuo terzo lavoro ma sperimenti, per esempio, più libertà creativa, o c’è un altro motivo dietro?
Penso che tutti noi facciamo progetti al di fuori dei Radiohead. Voglio dire, siamo davvero orgogliosi di ciò che noi cinque abbiamo fatto insieme, ma penso che tu sappia che facciamo musica ormai da quarant’anni e quindi penso che riconosciamo che in realtà ci sono un sacco di altre idee che vorremmo provare ed è importante costruire queste altre relazioni musicali. Quindi, sì, c’è quel tipo di libertà creativa non molto più che nei Radiohead perché ce n’è già molta, ma ti permette di esplorare idee che funzionerebbero in quel contesto, penso. Intendo anche per me come cantautore è davvero bello, in realtà sto esplorando quel lato di ciò che faccio musicalmente e quindi sono stato davvero sorpreso in positivo dal tipo di relazioni musicali che ho potuto intraprendere in oltre un decennio di produzione di materiale solista. Questo mi sta solo portando in posti musicalmente in cui mi sono ritrovato affascinato e mi ha davvero entusiasmato e mi ha davvero aperto gli orizzonti musicalmente. Quando ho iniziato a fare il mio lavoro da solista, avevo in mente che avrei fatto tre dischi da solista e avrei visto dove mi avrebbe portato. Mi è piaciuto l’arco, mi sta tenendo impegnato, ma spero che non sia ancora finito.
Hai in programma di portare “Strange Dance” in tour fuori dal Regno Unito e dall’Irlanda?
SÌ. Ci sto lavorando in questo momento. Assolutamente, mi piacerebbe portarlo in lungo e in largo nel maggior numero di posti possibile.
Quindi non vediamo l’ora di vedere l’Italia tra le date!
Mi piacerebbe molto venire a suonare in Italia. Voglio dire, la mia prima esibizione da solista lì è stata in Italia nel 2010. Ho fatto tutto il tour con Lisa Germano. Chi non vorrebbe venire a suonare in Italia, mettiamola così. È un posto fantastico in cui viaggiare in tour.
Ascoltando il tuo disco, ho sentito una specie di energia cinematografica dietro le canzoni. Quindi la mia domanda è: hai mai pensato di scrivere canzoni per il cinema o simili, l’hai fatto in passato?
Sì, ho fatto un po’ di lavori su colonne sonore. Quando pubblicherò il disco ci sarà un cofanetto, e sarà il secondo disco all’interno, e includerà materiale inedito per colonne sonore. E poi sul finale c’è una canzone intitolata “Let Me Go”, che ho scritto per un film intitolato “Let Me Go”. È affascinante. Trovo che l’intero processo di scrittura attorno ad altri personaggi ti porti in posti musicalmente inesplorati perché c’è una ricchezza nel modo in cui puoi rielaborare uno stimolo. Sì, intendo in “Strange Dance”, la traccia di apertura, “Little Things”, è qualcosa che ho scritto quando stavo proponendomi per una serie TV, che non ho ottenuto alla fine, ma ne sono uscito con la canzone e così mi ha reso felice. Quindi sì, è un processo davvero interessante scrivere per il cinema, o scrivere per un pezzo di danza o altro. Ad esempio, è qualcosa in cui rispondi alle idee di qualcun altro e al tipo di emozioni di qualcun altro e anche all’intera produzione: l’estetica, anche il sound design e tutti quegli elementi. È una collaborazione e le collaborazioni ti portano sempre in direzioni inaspettate, quindi sì, ne farei volentieri di più.
Dunque in passato hai studiato storia all’università, hai mai preso ispirazione da questo argomento per scrivere dei testi? E se sì, qual è stata l’ispirazione e quale canzone era?
No, la storia non ha mai giocato quel ruolo, temo. Direi che era un insieme, era inglese e storia e immagino, che attingi dalla letteratura che leggi, inevitabilmente ti influenza. Anche solo, sai, vedere come gli autori sviluppano il proprio tipo di stile, e immagino sia quello che ho cercato di fare con i miei testi. Voglio provare a trovare qualcosa che sia in qualche modo identificabile tra la mia personalità e i testi. E sì, penso che più o meno quando studi come gli autori lo hanno sviluppato, ciò ti aiuta davvero ad alimentare il tuo tipo di esplorazione in quell’ambito.
Certo. Quest’anno segna il 20° anniversario di “Hail To The Thief”. Tornando indietro con la memoria, qual è stato il miglior ricordo che hai e come è stato lavorare su quel disco?
Ricordo che abbiamo iniziato a registrare a Los Angeles, eravamo in uno studio chiamato Ocean Way e questo è stato un bel punto di partenza per noi. Sai che non abbiamo mai veramente registrato a Los Angeles prima. Tutte le sessioni dei Radiohead sono piuttosto intense, e ricordo, siamo tornati nel nostro studio a Oxford, e penso che arrivare al nocciolo di qualcosa in un’altra sessione – ed è così che abbiamo lavorato – ti permette di riesaminarlo e svilupparlo successivamente. Ricordo che c’era un sacco di materiale che abbiamo prodotto per quel disco, e anche un sacco di canzoni inserite nella tracklist. I migliori ricordi? È stato divertente andare in tour con quel disco, davvero divertente. Immagino che a quel punto ci trovassimo nella posizione di avere sei album pieni di materiale da utilizzare in tour, quindi in un certo senso ti apre la possibilità di cambiare i set in modo abbastanza drastico ogni sera. E quindi, sì, ci fu un bel tour a supporto di quel disco
Avete in programma qualche festeggiamento per l’anniversario quest’anno?
Abbiamo sempre parlato di piani su molte cose, quindi aspetteremo solo di vedere cosa succederà.
Allora la prossima domanda è quasi una riflessione. Come vedi come il futuro della musica rock in termini di suono, e dove vedi i Radiohead in quel futuro?
Bello. Penso che ciò che ha segnato l’ultimo decennio sia il fatto che le cose sono state così rigidamente tribali nella musica. Penso che ci sia un campo aperto in ciò che puoi provare da solo con le tue idee musicali, e immagino, voglio dire, in termini di dove i Radiohead si inserirebbero in questo, non lo sapremo finché non torneremo di nuovo insieme e iniziamo a lavorare sulle idee. Ma penso che ci sia così tanta nuova musica che può essere solo una buona cosa. È un momento molto ricco dal punto di vista culturale in cui vivere e penso che il tipo di ambizioni, in realtà, quando ascolti band più giovani, agli inizi, il tipo di ambizioni musicali su ciò che possono iniziare a fare è fantastico. Realizzare le loro idee più grandi penso che sia molto più fattibile oggi con budget più piccoli.
Ok, questa era la mia ultima domanda. Grazie per il tuo tempo. Vorresti lasciare un messaggio ai tuoi fan?
Sì, certo che vorrei. Il mio disco “Strange Dance” è in uscita alla fine di questo mese e spero che troverai uno spazio per te stesso al suo interno. Spero che rifletta qualcosa delle vostre vite lì dentro, e ne sarei molto grato. Grazie per aver sempre ascoltato la musica di cui ho fatto parte, sia che si tratti dei Radiohead, sia che si tratti del mio materiale da solista, significa così tanto per me che ci sia gente là fuori che si connette con quelle idee e ne vale la pena continuare a fare più musica.
Okay grazie Philip, abbiamo finito. Buona fortuna per i tuoi progetti futuri!
Grazie mille, abbi cura di te!
— ENGLISH VERSION —
Hi Philip and welcome among the pages of SpazioRock. Since is the first time we have you with us we are very excited. First of all, how are you doing? How’s it going?
It’s going really well, actually. Yeah, I’m just building up at the moment to releasing the album “Strange Dance” in a couple of weeks. So I’ve been busy kind of getting everything in place for it. I went out last week to do some shows as well in the UK so I did five shows. Yes, I’ve finished the record nearly nearly a year ago now, and so to actually be at this stage, when it’s nearly there, when it’s nearly released, it feels good, feels exciting.
And how come did it take so long to release it?
Here’s a couple of things in there, really. As you’ll know vinyl has become incredibly popular again and that really has influenced the need time of how long you have to wait for your vinyl to be produced. So it’s taken nine months to get the vinyl for this record. So then I mean kind of, you know, you go back a while the standard turnaround from when you deliver the record to it being released was three months but we must come completely out the window now and it’s the same case safer everybody really. So yes it’s happened and there is so much new music being produced at the moment. So finally you slot in amongst that. You have to just wait little longer, but it’s been good actually having the extra time because you know, you can prepare for it properly as well. So but I will be very, very happy to actually get it finally released.
And as you said, your new record “Strange Dance”, it’s going to be out the 24th of February. Can you please give us a glimpse of how it would sound like, for example what emotion do you want to convey with this?
So I think with the record, I wanted it to have this kind of big soundscape, so you know, it’s got all these orchestral textures in there and it’s got all these very distinctive musical voices from the musicians that I’ve worked with on there, but also I wanted it to be intimate, at the core of it. You know that this might vocal is quite hushed in its way. It’s almost like pillow talk and I felt that was very appropriate to it’s kind of what I was singing about and and also just wanted to give this sense of it, almost like a musical world that you can walk around and then live in and in a sense it being a refuge if you like. So I think taking that very much idea of that into the live shows as well, and of course, you know, that there are tracks on here, on the record, which have got some cases about 50 musicians on them. Becomes a bit impractical, do that night after night, on tour. So we’ve kind re-imagined the songs but trying keep that sense of this broad soundscape, this large soundscape with that intimacy of the heart of it, trying to keep the spirit of that and then just re-imagining the arrangements around that.
In this record you’ve collaborated with Portishead guitarist Adrian Hutley. How did this collaboration start and what was the best part of it?
So I mean our paths have crossed many times over the years, you know, kind of our musical careers have been going in parallel, and then finally we got to work together back in 2019 and it was for a dance piece which I’d written with the other musicians Quinta and Adem, back in 2014, which was for the Rumba dance company, and it’s the first reinterpretation of Merce Cunningham’s choreography. And so I had a life with the dance company over five years and every year we’d come back and do the performance again. Each time it would be different musicians playing in that, and in his final version Adrian was part of that. I could just see this really interesting and very expressive dynamic happening between Adrian and Quinta and and myself, and I thought that would be something that I would really want to explore more on Strange Dance. And so you know, with Adrian he brings so much to recording session. He’s an incredible musician. He has that musical experience, he’s still fascinated about kind of finding different parameters of voices in what he does. I mean he’s a producer as well so he has got that mindset as well. Yeah, he’s just, you know, one of the coolest musicians and one of the coolest musicians to play on your record (giggles).
I’m curious on what brings you to make a solo project? I mean, is your third work but do you experience, for example, more creative freedom, or there is another reason behind it.
I think with all of us doing projects outside of Radiohead. I mean we’re really proud of what the five of us have done together but I think you know we’ve been making music now for getting on four decades and so I think there’s a kind of a recognition that actually there are a lot of other ideas that we’d like to try out and, and it’s felt important to build up these other musical relationships. So, yes, there is that kind of not so much greater creative freedom because there’s a lot of that in being in Radiohead, but it’s allows you to explore ideas, which would work in that context, I think. I mean for me as a songwriter as well, it’s being really good actually I’m a exploring that that sid of what I do, musically and so I’ve been really pleasantly surprised by where the kind of musical relationships I’ve been able to build up over a decade’s worth of making solo material. That’s just taking me to places musically I’ve just been fascinating and really have excited me and have really stretched me musically. When I first started do my solo work, I had it in my mind that I would make three solo records and see where that took me. I’ve enjoyed the arc but it’s taken me on if you like, but hopefully it’s not done yet.
Do you have any plans to bring “Strange Dance” on tour outside UK and Ireland?
Yes. I’m working on that at the moment. Yes. Absolutely. I’d love to take it far and wide to as many places as possible.
So we can’t wait to see Italy among the upcoming dates!
I would love to come and play in Italy. I mean, my first solo show were played in Italy back in 2010. So I did the tour with Lisa Germano. Who wouldn’t want to come and play Italy, put it that way. It’s a brilliant place to tour.
Listening to your record, I felt a kind of a cinematic energy behind the songs. So my question is, have you ever thought about writing songs for cinema or like, have you done it in the past?
So, I’ve done some soundtrack work. When I’ll release the record is going to be a box set, and it’s going to be second record in the in there, and that’s going to include previously unreleased soundtrack material. And then, also at the end of that, there’s a song called “Let Me Go”, which I wrote for a film called “Let Me Go”. It is fascinating. I find that whole process of writing around other characters. It takes you somewhere as musically there. There’s because there is as a richness to what you can respond to their. It’s yeah, I mean on strange dance, The the opening track, little things, that’s something that I did. I wrote when I was pitching for a TV series, which I didn’t get Get, but came out of it with the song and so kind of That made me happy. So, yeah. It’s it’s a really interesting process writing for film, or writing for kind of dance or anything. Like, that’s something where you are responding to somebody else’s ideas and somebody else’s kind of emotions in there and the whole production of it as well: the look of it, the sound design of that as well, all of those elements. It’s a collaboration and collaborations always take you off in unexpected directions, so, yeah, I would happily do more of that.
So, back in the days, you have study history. Did you ever take inspiration from this subject to write any lyrics? And if so, what was the inspiration and what song was it?
No, history hasn’t hasn’t fed into in, I’m afraid. I’d say it was a joint on it, was english and history and I guess, you know what you take on from the literature that you read, inevitably kind of feeds into it. Even if only, you know, seeing how authors develop their own kind of literary voice, if you like and I guess that’s what I’ve tried to do with my lyrics. I want to try to find something that’s kind of identifiably me and the lyrics. And yes, I think kind of when you’ve been studying how the people have achieve that really helps you feed into your own kind of explorations in that area.
Absolutely. So this year marks the 20th anniversary of “Hail To The Thief”. Going back in time what was the best memory you recall and how was working on that record?
So we started in recording in Los Angeles, we were in a studio called Ocean Way and that was quite a departure for us. You know we’ve never really recorded in well certainly hadn’t record that in La before. Well all Radiohead sessions are quite intense really, and I remember, we moved back to our studio in Oxford, And I think when you come back, when you’ve got at the core of something from another session, which is how we worked, it allows you to kind of then re-examine that and and develop it. I remember, it was an whole lot of material that we produce on that record, and a lot of songs on that record as well. Best memories of it? It was fun touring that record, really fun touring that record. I guess we have been in that position by then that we had six albums worth of material to tour, so kind of opens up you possibility of changing the sets quite drastically every night. And so, yeah, some great touring around that record.
Do you have any plans to celebrate its anniversary this year?
We were always talking about plans around stuff, so we’re going to just we’ll just wait to see what’s happening there, I think.
So that’s a thoughtful question that I would like to ask. What do you see as the future of rock music in terms of sound, and where do you see Radiohead fitting into that future?
Cool. I think what’s marked kind of past decade also is things have been so rigidly tribal in music. I think it feels like there’s an open field in what you can try out with your own musical ideas, and I guess, in terms of where Radiohead would fit into that, we wouldn’t know until we kind of got back together again and started working through ideas. But I think that’s so much new music happening which can only be a good thing. It makes for a very kind of culturally rich time to live in and I think the kind of the ambitions, actually, when you hear younger bands, starting out, kind of musical ambitions of what they can set out to do that ‘s amazing. Realizing their bigger ideas I think it’s kind of far more achievable on the right smaller budgets.
Okay, that was my last question. So thank you for your time. And would you like to leave a message to your fans?
Yes, of course, I would. Yes. So I have my records “Strange Dance” coming out at the end of this month and I hope that you will find a space in it for yourself. I hope it reflects something of your own lives in there, and I’m very grateful. Just thank you for as ever listening to music that I’ve been part of whether it be Radiohead, whether it’s my solo material, it just means so much to me that there’s a people out there to connect with those ideas and yeah makes it worth making more.
Okay, thank you. Phillip, we’re done. Good luck on your future projects!
Thank you so much, take care!