mota skuld creation undone 2024
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Morta Skuld – Creation Undone

Formatisi nel lontano 1990, i Morta Skuld rappresentano una succursale di second’ordine dell’undergound death metal a stelle e strisce, avendo all’attivo un solo LP davvero degno di menzione onorifica, il sudicio e sovente sottostimato “Dying Remains” (1993). In seguito, la band del Wisconsin infilò un trio trascurabile di release, ansimando al pari di una locomotiva a vapore con le scorte di carbone in esaurimento, prima di sciogliersi nel 1998 e riprendere poi la marcia quattordici anni dopo, rilasciando un EP e un paio di lavori senza infamia e senza lode.

Oggi la Peaceville Records, label che, dal ritorno sulle scene degli statunitensi, ne cura le vicissitudini discografiche, ci propone il loro nuovo platter, un “Creation Undone” ancora una volta espressione del classico sound floridiano del gruppo, anzi, si dovrebbe dire di David Gregor, suo fondatore e unico membro originario rimasto. Al chitarrista, singer e compositore del Wisconsin, prossimo alle sessanta primavere, non si può davvero rimproverare nulla, vista la caparbietà e la passione nel portare avanti il discorso di un progetto derivativo e inoltre vittima di numerosi cambi di line-up, eppure onesto e coerente in termini di una proposta musicale pressoché rivolta a una platea dai gusti old school.

I cultisti, dunque, di quel metallo della morte di inizio ’90 dritto, obeso e dal groove massicciamente fangoso di cui gli Obituary sono stati i plenipotenziari principali, ameranno lasciarsi subissare dalla pesantezza delle mastodontiche rovine che il gruppo di Milwaukee erige con scrupolosa risolutezza, accatastando moli di riff di cemento armato su una sezione ritmica irreprensibile nel conservare le proprie frequenze tetragone e sassose. A parte alcuni passaggi più scattanti di matrice thrash che attraversano le varie “We Rise We Fall”, “Painful Conflict”, “Soul Piercing Sorrow”, il resto della tracklist, circonfusa dai grassi brontolii appena escoriati di hardcore del mastermind, procede come manuale reazionario di Tampa comanda, con brani tesi e macinanti, mai troppo veloci e nei quali la linearità della struttura, scarsa di assoli e di elucubrazioni decorative, va a braccetto con la chiarezza dell’obiettivo da raggiungere: l’headbanging (“The End Of Reason”, “Perfect Prey”, “Oblivion”).

La tesa “Into Temptation” e la pachidermica slavina “By Design” costituiscono, forse, i pezzi che esulano lievemente, per vis melodica e ricerca d’atmosfera, dal contesto generale, mentre la produzione, organica e molto densa, ammanta il full-length di una consistenza bavosa e attaccaticcia, benché i testi, incentrati sul degrado politico/sociale del mondo odierno, non si occupino di sangue, frattaglie e amputazioni. Certo, a cagione di una manifesta mancanza di idee originali, le canzoni tendono spesso ad arrancare faticose, arenandosi in un pantano che, verosimilmente, non corrisponde al medesimo vagheggiato dal buon David durante il processo creativo, un processo condotto, comunque, con la circospezione del fabbro ferraio, capace di eliminare le ruggini di entrambi i parti post-reunion, “Wounds Deeper Than Time” (2017) e “Suffer For Nothing” (2020).

“Creation Undone” si rivela un album di mestiere che, per mezzo di una resa cruda e cavernicola, ma tutt’altro che analfabeta, riesce, in qualche modo, a rievocare le prodezze dell’USDM dei fratelli Tardy e compagnia minore, nonostante regni, di fondo, una meccanica di scrittura da pilota automatico. Tradizione al potere.

Tracklist

01. We Rise We Fall
02. The End Of Reason
03. Painful Conflict
04. Unforeseen Obstacles
05. Perfect Prey
06. Soul Piercing Sorrow
07. Into Temptation
08. Self Destructive Emotions
09. Oblivion
10. By Design

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