NUOVE USCITERECENSIONI

Stormo – Endocannibalismo

Un bambino in piedi, nel bel mezzo del nulla, con gli occhi stregati in direzione del cielo. Ancor prima che il tempo inizi ad incupirsi, osserva quell’eterogenea onda volteggiante di puntini con le ali intraprendere traiettorie schizoidi, nevrotiche, indecifrabili. Qualcosa sta cambiando nell’aria, e non in senso positivo.

Non riusciamo a toglierci quest’immagine dalla testa, perchè ogni volta che gli Stormo decidono di tramutare riflessioni in musica, ci sentiamo sopraffare da un qualcosa di troppo più grande di noi, che ci fa tremare le gambe e ci rende dannatamente fragili. Questa è la spietata potenza della band di Feltre, l’abilità nello sputarci addosso senza un minimo di compassione gli aspetti più crudi che ci accerchiano, perennemente velati dalla subdola capacità che ha la realtà odierna di occultare il marcio che germoglia sotto ai nostri piedi.

Gli ormai titani dell’hardcore italiano tornano a tirarci via le croste quasi rimarginate, riaprendoci le ferite e tenendoci di nuovo sotto scacco, in una condizione di semi-coscienza generata per inculcarci il loro ultimo messaggio salvifico: “Endocannibalismo” è un ultimatum al mondo che abitiamo, l’estremo gesto di autodistruzione per riappropriarci della vita, in un sofferto sacrificio del corpo, ormai moribondo e martoriato, per la salvezza dell’anima.

L’ennesimo proiettile fumante che ci trapassa il cervello e ci manda in coma per una mezz’oretta scarsa, seguendo la durata media delle massacranti sedute dei veneti, che per il quarto album in studio firmano per Prosthetic Records, suggellando un successo strameritato che non ne intacca l’indole furibonda, ma la leviga in superficie: difatti, “Endocannibalismo” rantola e schiuma di rabbia esattamente come i suoi predecessori, ma raschia via un po’ di quell’acredine che ne sporcava le corazze, ripulendo il suono in fase di mixaggio, sacrificando parte di quella violenza ruvida per sostituirla con una ugualmente letale, ma più smussata, ponderata.

Regnano ancora le bordate fulminee (“PV77”, “Deserti”), tra ritmi furiosamente scomposti e attimi di melodica tregua, ma svettano su di esse i massicci movimenti delle più groovy “Valichi, Oltre” e “Frame”, oltre che di una morbosa title-track che pesca nei terreni di confine tra noise e alternative metal, con un Luca Rocco che ci trafigge corpo e psiche tramite vocals intinte nel veleno e con una sezione strumentale che ci surclassa emotivamente leggendo copioni dolorosamente cupi (“Anabasi”) e ci disorienta col math-core (“Vipere, Ombre”), lasciandoci sprofondare in un oblio indefinito quando le lyrics nichiliste di “Sorte” danzano impaurite insieme a noi nel liquido corrosivo che ci tocca, ormai, fino alla gola.

Una garanzia di dolore e conseguente liberazione. Il quartetto italiano è l’audace chirurgo che decide di debellare un tumore giudicato da tanti inoperabile, mette le mani dove gli altri non osano metterle, cercando di estirpare, con studiata furia, il male che pizzica silenziosamente la nostra esistenza. Non si toccano le cime di “Sospesi Nel Vuoto Bruceremo In Un Attimo e Il Cerchio Sarà Chiuso” e di “Ere”, ma “Endocannibalismo” non può che inquadrare un’ ulteriore prova di maturità degli Stormo, che decidono di rimodellare la scorza del loro sound, riducendo la preponderanza screamo per far respirare di più la strumentale, sempre cinica e efferata, ma ora più pulita e meno compulsiva.

È forse questo il grande passo degli Stormo, che ora più che mai meritano di finire tra i grandi della musica estrema italiana: perchè quando ci chiedono quali siano le migliori realtà del nostro bel paese, fare il nome di questi quattro ragazzi dovrebbe iniziare a venire naturale. Enormi.

Tracklist

01. Valichi, Oltre
02. PV77
03. Sorte
04. Spire
05. Anabasi
06. Frame
07. Endocannibalismo
08. Disequilibrio
09. Deserti
10. Vipere, Ombre
11. Sopravvivenza e Forme

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