Dopo averli recentemente visti in azione durante il loro ultimo tour, I Dream Theater approdano a Napoli per la prima volta nella loro carriera, e lo fanno nuovamente nell’ambito del Top Of The World Tour. Ad aprire la serata sono, però, gli Arion, gruppo melodic power finlandese, che si dimostrano compatti, puliti e vigorosi, ma soprattutto entusiasti. Ritmi serrati, melodie di tastiere e chitarre perfette e una voce, quella di Lassi Vääränen, dai toni chiari, calda ma dalla grande estensione. Ottimo anche il contatto con il pubblico, coinvolto ed entusiasta nonostante la platea fosse interamente seduta.

Riscaldato il palco, una mezz’ora di pausa separa i fan dall’ingresso dei Dream Theater, che si presentano in maniera minimale, senza fronzoli, ma con un’estrema cura dei dettagli. Ad accompagnarli, alle loro spalle, troviamo le consuete proiezioni digitali arricchite dai giochi delle luci di scena. Lo show si apre con “The Alien”, tratta dall’ultimo “A View From Top Of The World”, ma nella scaletta comunque non mancano brani del precedente album “Distance Over Time”, così come pezzi del loro passato, che non avevamo il piacere di ascoltare dal vivo da tempo immemore. Complice la forma splendente di James LaBrie, che non ha mancato di intrattenere il pubblico napoletano con la sua ilarità, burlandosi anche del tecnico di palco, intervenuto a inizio concerto per assistere Mike Mangini con il suo imponente drumset – al quale si è aggiunto il gong su “Losing Time/Grand Finale” -, i Dream Theater non rinunciano ai piccoli dettagli che fanno la differenza: il supporto poco invadente delle sequenze ha soddisfatto i fan più esigenti, anche grazie agli effetti di spazializzazione tanto cari agli audiofili intenditori del genere. Una pressione sonora notevole, forse troppo per il Palapartenope di Napoli, che ha comunque il grande merito di rendere possibili concerti di spessore nella capitale del Mezzogiorno.

Un John Petrucci pulito ed energico, per cui il tempo sembra non passare mai, supporta LaBrie con cori e virtuosismi che spesso lo vedono affiancarsi a un John Myung, dall’aria impassibile, ma che non manca un colpo e sa bene quando impadronirsi della scena, allontanarsi dalla sua postazione e conquistare il pubblico.

Seppure l’allestimento risultasse ad un primo sguardo essenziale, Jordan Rudess non rinuncia alla sua pedana rotante, consentendo al pubblico di ammirare la sua manualità e regalando ogni tanto anche qualche movimento scenico, come nel duetto con John Petrucci che chiude l’esibizione prima dell’encore, in cui tra un ad libitum e l’altro si concede un gesto da mago – o forse sarebbe meglio dire wizard – puntando il cielo.

Tra i brani storici colpiscono “6:00”, “Bridges In The Sky” e “About to Crash”, prima che i Dream Theater ci salutino con l’ennesima sorpresa, un’esecuzione magistrale della mastodontica “The Count Of Tuscany”.

Nel salutare il pubblico, James LaBrie ribadisce il legame che la band ha con l’Italia: l’accoglienza e l’ospitalità li rende, ogni volta, felici di tornare e il cantante non manca di sottolineare che si tratta della prima data partenopea della loro carriera. Ci auguriamo che sia la prima di una lunga serie.

Setlist

The Alien
6:00
Sleeping Giant
Bridges in the Sky
Caught in a Web
Answering the Call
Solitary Shell
About to Crash (Reprise)
Losing Time/Grand Finale
Pull Me Under
A View From the Top of the World
The Count of Tuscany

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