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NUOVE USCITERECENSIONI

Egyptian Blue – A Living Commodity

Attiratisi attorno un discreto hype dopo due buoni EP di lancio (“Collateral Damage”, “Body Of Itch”) e ricevuta la benedizione dalla nuova scena alt-rock che ondeggia tra Regno Unito e Irlanda – in particolare dai The Murder Capital – gli Egyptian Blue giungono al turning point del primo full-length, pubblicato sotto la Yala! Records di Felix White, ex The Maccabees.

Un nome non da poco, sia per il lustro, sia perchè dei Maccabees – quelli più elettrici – c’è un’odore percepibilissimo in “A Living Commodity”: così titola il debut dei quattro, radici inzuppate nella floridissima Brighton e mente già orientata verso il firmamento.

La città inglese, d’altronde, ce ne ha donato di pregevole rock negli ultimi anni, e gli Egyptian Blue provano a ritagliarsi un posticino nel loro piccolo, affrontando coraggiosamente la burrascosa wave post-punk del momento, mentre con un cannocchiale mirano nostalgici ai 90s e ai primi battiti del 2000.

Caciaroni, ma ordinati, con quella verve dei primissimi Shame che brucia nell’ opener “Matador” e nel singolone sparato “To Be Felt”, vibes strokesiane in “Nylon Wire” che ben legano con i cambi atmosferici à la Squid – a proposito di Brighton – presenti con l’anima anche nel geometrico e strozzato andamento strumentale di “Skin”.

Qualche goccia di evanescenza e arieggiamenti dream pop nella malinconica discesa della title track che sussulta prepotente nel finale, atterrando poi sul morbido del duo “Apparent Cause”/”Suit Of Lights”, che levigano l’acredine con sintomi slowcore e accenni di midwest emo, spazzati via rapidamente dalla succitata “To Be Felt”, dall’irruenza di “Contain It” e dall’arzigogolato nervosismo che ingloba la corporatura di “Geisha”.

Debutto decisamente not bad per gli Egyptian Blue, capaci di comprimere all’interno di un solo disco generazioni differenti. Si sente l’odore di post-punk, il fragore del britpop, il particolare dell’art rock, si percepisce la coesione tra quello che era e quello che è oggi il popolatissimo habitat del rock alternativo, specie quello inglese. Disco non perfetto, ovviamente di chiara ispirazione, ma che brilla di audacia, buona varietà e indole cazzuta. E, al giorno d’oggi, non è poco.

Tracklist

01. Matador
02. Nylon Wire
03. Belgrade Shade
04. Skin
05. In My Condition
06. A Living Commodity
07. Apparent Cause
08. Suit Of Lights
09. To Be Felt
10. Contain It
11. Geisha

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