Sospeso in apnea
Tra i riflessi dei ricordi che tornano
E nuoto più giù
Verso un fondo che fondo non è mai
Quant’è triste dover affrontare una fine? Perdipiù, la fine di qualcosa di cui non abbiamo il controllo, che non dipende da noi? E non parliamo per forza della perdita di un proprio caro, ma anche solo della fine di una serie tv che ci piaceva tanto o del ritiro della nostra band preferita. Beato chi non conosce questo dolore… Ma – e questo è uno di quei Ma di dimensioni giganti, che rende l’eccezione una regola – siamo nel 2023 e tutto è possibile! Soprattutto, nulla ha una vera fine. Il nostro personaggio preferito è morto? Ed eccolo di nuovo in vita invece. La band che più amavamo si è sciolta prima che nascessimo? Nessun problema: reunion.
Sembrerebbe un discorso condito di sarcasmo e cinismo – e un po’ effettivamente lo è –, ma per fortuna, tra gruppi che si riuniscono ma che lasciano punti di domanda e altri che addirittura tornano grazie all’intelligenza artificiale, c’è chi fa ritorno in grande stile. Dopo 12 anni di silenzio, i Karma sono tornati.
E se 12 anni di assenza da un palco sono tanti, pensiamo a quanti possano essere 27, perché sono quelli trascorsi invece tra questa pubblicazione e quella precedente, “Astronotus” (1996). Eppure, il quintetto meneghino, che forse più di tutti in Italia rappresentava il grunge, torna in studio dopo quasi 3 decenni e registra il terzo disco, chiamandolo semplicemente “K3”.
Come mai questa reunion sarebbe diversa dalle altre? Innanzitutto, è al completo: non è affatto scontato che un gruppo mantenga la stessa formazione per così tanto tempo; se poi si considera che i Karma in particolare sono stati più tempo in letargo che in attività. David Moretti, Andrea Bacchini, Andrea Viti, Diego Besozzi e Alessandro “Pacho” Rossi hanno in qualche modo mantenuto stretti i legami per tutto questo tempo e, arrivato il momento giusto, hanno lavorato di nuovo nella stessa squadra.
Secondo aspetto – non meno importante del primo, anzi forse un po’ di più –, questo non è un semplice remake, un ritorno sulle scene che però ha lo stesso sapore dell’originale, una semplice riverniciatura dell’opera. “K3” fa sentire all’ascoltatore tutti i 27 anni passati, perché i Karma non avrebbero mai scritto un disco del genere negli anni ’90.
Dopo il grunge à la Stone Temple Pilots dell’esordio omonimo (1994) e le contaminazioni psichedeliche di “Astronotus”, il nuovo lavoro della band si muove nei meandri oscuri del post-metal. Si percepisce fin dall’intro omonima del disco che il luogo in cui ci stiamo addentrando non è ricco di gioia e colore: sembra veramente di scendere negli abissi, sulle note di un rituale tribale e dilaniante. Dopo un’arresa forzata alle percussioni, alle chitarre e ai sintetizzatori che ci spingono verso il basso, iniziamo a nuotare più giù e troviamo “Neri relitti”: qui le poliritmie e le armonie vocali – che ricordano tantissimo Chino Moreno – ci cullano su questo fondale, dove sembra che tali resti diventino pietre preziose.
I Deftones sicuramente non sono l’unica nuova influenza della compagine milanese. “Atlante” è d’ispirazione mastodoniana – forse anche per il titolo classicheggiante –, con la sua rabbia trattenuta per tutto il brano fino all’esplosivo finale. “Corda di parole” e “Abbandonati a me” strizzano l’occhiolino al progressive metal, la prima con un Besozzi immerso tra le sincopi e tutti i pezzi della sua possente batteria, la seconda con una tensione altalenante e l’accenno ad un breakdown.
Il post-metal si mischia al loro vecchio stile in “Il monte analogo”, dove ritmiche intricate sorreggono melodie nostalgiche del post-grunge anni 2000: un amalgama perfetto, che si chiude con la voce di Moretti e ci fa saltare sulla sedia. Il legame al Seattle sound è molto più radicato in “Ophelia”, colonna sonora di una giornata uggiosa che sa un po’ di grunge, ma che ha anche quel che di inglese nel bridge (impossibile non pensare ai Radiohead con quelle tastiere). Proprio le tastiere – ma in generale tutta l’elettronica costruita da Moretti e Viti – costituiscono la liquidità di “Luce esatta”, che anche con l’aggiunta della distorsione rimane comunque sinuosa.
Passando alle composizioni sorprendentemente lunghe dell’album, “Eterna” – titolo ironico, dati i suoi 11 minuti di durata – riesce lì dove “Goliath” fallisce: se la seconda non riesce a unire bene le sezioni (il passaggio alla parte spinta è forzatissimo), la prima invece conclude l’opera a regola d’arte. Grunge, metal, elettronica, parti sinfoniche e canti a cappella si mischiano così bene tra di loro che quasi non ce ne accorgiamo. Come l’inchiostro sulla carta, che viaggia quasi indipendentemente dalla mano e giunge alla fine.
Tracklist
01. K3
02. Neri relitti
03. Corda di parole
04. Luce esatta
05. Abbandonati a me
06. Atlante
07. Goliath
08. Il monte analogo
09. Ophelia
10. Eterna