Saviors
NUOVE USCITERECENSIONI

Green Day – Saviors

I’m a goner and I don’t feel no pain
I’m stupid and I’m all by myself
‘Cause I’m special and I don’t need your help

Un ragazzino dal volto euforico regge una pietra, probabilmente con l’intento di usarla come arma; sullo sfondo, fiamme, una macchina in corsa, alcune persone; sotto questa caotica immagine, una scritta rosa Barbie: “Saviors”. Eh sì, è proprio in stile Green Day. Ma non fermiamoci alla copertina, per quanto azzeccata. Abbiamo parlato pochi mesi fa del ritorno degli Dei del genere; adesso, ci troviamo di fronte al quattordicesimo disco di coloro che questo genere l’hanno creato, almeno in parte.

Il trio di Oakland, secondo molti, è una di quelle band che vive di rendita da anni, ed effettivamente non gli si può dare tutti i torti: l’ultimo lavoro la cui qualità è stata riconosciuta sia dai critici che dai fan è stato “21st Century Breakdown” nel lontano 2009. Dopodiché, la famigerata trilogia “¡Uno!”, “¡Dos!”, “¡Tré!” del 2012, un discreto “Revolution Radio” nel 2016, e un coraggioso quanto folle “Father of All Motherfuckers” nel 2020.

Anche i singoli usciti successivamente (in particolare la weezeriana “Polyanna”) mettevano in mostra una band che, dopo oltre 30 anni di carriera, voleva reinventarsi senza idee precise: forse non sempre azzeccandoci, è vero, ma onore a loro che, a differenza di tanti – troppi – altri, dopo decenni all’interno della propria comfort zone, provavano ad uscirne.

E invece ora, probabilmente scoraggiati dall’insuccesso di critica (ma soprattutto di fan), i tre neocinquantenni preferiscono fare un passo indietro. Ed ecco che torna il fedelissimo Rob Cavallo alla produzione (assente dai tempi della trilogia) e si torna alla tanto cara – e un po’ demodé – tematica dei salvatori. Ma non fraintendiamo tutto ciò, non siamo di fronte a una nuova epica, a un’altra punk rock opera che definirà questo decennio. I vent’anni precisi che separano questo lavoro e “American Idiot” sono un puro caso, oppure una trovata di marketing, che però fallisce: perché se nel 2004 Jimmy e la sua storia avevano un percorso ben definito, sia musicalmente che liricamente, questo “Saviors” tenta l’ubiquità, e non riesce sempre bene.

“The American Dream Is Killing Me” è stato il primo assaggio del disco ed è la prima traccia: un riff con sentori di folk irlandese, un po’ di shuffle classico delle loro composizioni, uno special sinfonico cacciato ad appena un minuto dall’inizio. Assomiglia un po’ troppo alla title track di “21st Century Breakdown”, molto meno riuscita però.

Secondo singolo e seconda traccia, “Look Ma, No Brains!” presenta il sound dei Green Day più recenti, con chitarre più acide, ritmi più veloci e in generale più botta. Come la precedente canzone, un testo delirante, che dovrebbe far ridere ma anche riflettere (“Nonsense is my heroin”), ma che forse perde un po’ di credibilità data l’età anagrafica di Billie Joe Armstrong.

Proprio come si usa nel mercato moderno, la restante manciata di singoli si trova uno in fila all’altro all’inizio della tracklist e il più riuscito è senza dubbio “Dilemma”: grazie a una chitarra molto ruvida – che ricorda “Insomniac” (1995) – e a un testo personale e sentito da parte di Armstrong, il brano rimane subito in testa. Non si può dire lo stesso di “Bobby Sox”, papabile traccia scartata dall’album precedente – dove sarebbe stata molto più apprezzata –, ma nemmeno di “One Eyed Bastard”, memorabile sì ma per l’estrema somiglianza del main riff a quello di “So What” di Pink.

“Saviors” sostanzialmente è allo stesso tempo il seguito e il sostituto di “Father of All Motherfuckers”. Seguito poiché pezzi come la ramonesiana “1981” e “Strange Days Are Here To Stay” sono sonoramente affini a “Revolution Radio” e tutto sommato non sono male – se ignoriamo che la seconda sia il remake di “Letterbomb” –. Sostituto poiché ne ignora un po’ l’esistenza – cosa che si poteva prevedere, vista la totale assenza dei suoi brani durante i live –, sì evitando i suoi passi falsi ma rinunciando ai suoi punti di forza: primo su tutti proprio il coraggio di sbagliare.

A metà del disco troviamo quella che potremmo chiamare la “sezione revival”. “Goodnight Adeline” e “Suzie Chapstick” sono le tracce mancanti alla colonna sonora di Dawson’s Creek, farebbero scuotere qualunque ragazza con la pancia scoperta e i jeans a zampa d’elefante; ma esattamente come tante canzoni comparse nella serie, il rischio di cadere nel dimenticatoio è molto alto. “Coma City” e “Corvette Summer” trasudano anni 80, però in questo caso la prima funziona molto bene, lanciando rimandi sempre al disco del 2016; la seconda invece scade in cliché evocativi, primo su tutti l’uso della cowbell.

E il citofono suona in abbondanza in dirittura d’arrivo: se “Living in the 20s” può essere salvata come il loro tentativo di scrivere un pezzo de’ The Offspring (e in qualche modo lo portano a casa), sono le ultime 3 a sbriciolare quanto costruito finora. “Father to a Son” è semplicemente banale, ha un sound da trilogia (ma in questa già trovavamo ballad simili) e Armstrong non colpisce, nonostante l’importanza e la delicatezza del tema per il frontman. E sorprendentemente, la title track, insieme all’ultimissima “Fancy Sauce”, si aggiudica il titolo di peggior brano dell’album: entrambi boriosi, power pop senza power e soprattutto senza pop, perché di nuovo si fatica a ricordarli appena conclusi.

I Green Day anche questa volta hanno scelto la strada infangata invece che quella asfaltata, tuttavia si sono impantanati ancora di più. In primis, come abbiamo detto, perché non hanno avuto abbastanza coraggio di affrontare le difficoltà per davvero, scegliendo le scarpe di piombo che li hanno fatti affondare ancora di più. In secundis, scegliendo anche il percorso più lungo: se si decide di affrontare i pericoli, forse sarebbe meglio seguire la formula del less is more di “Father of All Motherfuckers” (26 minuti) ed evitare brodi allungati (questo ne dura 46).

Tracklist

01. The American Dream Is Killing Me
02. Look Ma, No Brains!
03. Bobby Sox
04. One Eyed Bastard
05. Dilemma
06. 1981
07. Goodnight Adeline
08. Coma CIty
09. Corvette Summer
10. Suzie Chapstick
11. Strange Days Are Here To Stay
12. Living in the 20s
13. Father to a Son
14. Saviors
15. Fancy Sauce

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