ONE MORE TIME...
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blink-182 – ONE MORE TIME…

When I teach masturbation, I’m always just like, ‘Have fun with it.’

Beh, uno dopo una frase del genere cosa si aspetta di leggere? Probabilmente una marea di cazzate, che nemmeno perderà tempo ad approfondire; le lascerà all’immaginazione, andando a cercare qualcosa di meglio da fare, perché di tempo uno non ne ha poi molto alla fine. Oppure sì? Ma chi lo sa…

Eppure, chi vi scrive… Anzi, per una volta voglio sentirmi coinvolto: io vi garantisco che questo articolo non tratta di cazzate. Di cazzari, forse sì. Di persone che non ne vogliono sapere di invecchiare, sicuramente. Di immaturi, perciò? Io non credo. Potremmo forse dire di cazzari maturi. Maturi non nel girare un videoclip (quasi) nudi o nello sventolare il dito medio sul palco del Coachella, ma nel saper mettere da parte l’orgoglio, fare un passo verso il prossimo e tornare a casa ancora una volta. Forse l’ultima.

“Quindi questo è l’ultimo album dei blink-182?” Lungi da me fare finti allarmismi, sia chiaro. Però, per quanto oggettivo possa essere il mio giudizio, non posso nascondere che una volta terminato il disco ho proprio pensato: “Grazie per questo addio”.

Tornando al concetto di tempo, tutti almeno una volta nella vita ne abbiamo perso in lamentele, condite di invidia e gelosia, verdi proprio come un famoso detto. Beh, non so che vicini abbiate voi, ma posso assicurarvi che se questi sono fan dei blink, negli ultimi 10 anni la loro erba non è stata affatto più verde della vostra. L’abbandono di Tom DeLonge è stata una ferita profondissima per i fan del trio californiano, ferita che nemmeno un veterano quale Matt Skiba poteva sanare. Gli album realizzati con lui (“California” e “Nine”) non erano male, anzi; però non erano i veri blink e questo si percepiva nell’aria – soprattutto dal vivo.

Ormai rassegnati a dover (soprav)vivere senza quell’amata lineup e immersi in un insipido pop punk revival, un anno fa arriva la buona notizia, così rovente da far sembrare i fuochi di Gondor ne “Il Ritorno del Re” dei miseri petardi: il figliol prodigo aveva fatto ritorno, i blink-182 ora erano di nuovo DeLongeHoppusBarker. In più, esce “EDGING”, il primo singolo di questo “ONE MORE TIME…”, ed è assolutamente una figata. Un brano pop punk il cui ritmo shuffle – solo Barker poteva pensare a un’accoppiata del genere – è la forza trainante, insieme al dualismo vocale che tanto, tanto ci era mancato: “I’m a punk rock kid who came from Hell with a curse/She tried to pray it away, so I fucked her in church”. Ahh, grazie Tom.

Prodotto da Barker stesso – che sembra essersi allenato proprio per questo negli ultimi anni, tra Machine Gun Kelly e compagnia varia – il nono album del trio è il ritorno perfetto. Forse qualcuno temeva che ormai, a quasi 50 anni d’età, cantando delle più stupide bravate da ragazzi, il risultato sarebbe uscito inevitabilmente difficile da vendere, pur con una fanbase solida e mastodontica come la loro. Mai ipotesi fu più sbagliata di questa. Ma come mai? Perché è pieno di artisti pop punk in circolazione, ma nessuno è stato in grado di fare un disco del genere negli ultimi anni?

Beh, la risposta è molto semplice: perché è un disco vero. John Keats diceva: “La bellezza è verità, la verità è bellezza” e aveva assolutamente ragione. Loro non si sono adeguati a un trend recente, ne hanno piantato le radici più di 20 anni fa. Perché per quanto prima di loro ci siano stati sì Green Day, The Offspring e tanti altri, nessuno può negare che siano i blink la quintessenza del pop punk, e questo disco è la quintessenza dei blink, di tutto ciò che sono stati, nel bene e nel male.

Blink182-SpazioRock_2023

Nel male, poiché l’album nasce da un contesto assai negativo: i tre si sono riuniti ancora una volta dopo una tragedia, il cancro di Mark. Ed è brutto, molto brutto da dire, ma se Mark non si fosse ammalato, difficilmente avremmo visto questa reunion così presto (se non mai). Di tutto questo che parla la title track, un brano acustico struggente, dilaniante, che ricorda un po’ “I Miss You” – e infatti la cita – e, come ciliegina sulla torta, ci fa finalmente sentire la voce del terzo membro non canterino, Barker, che si unisce agli altri nel finale.

Nel bene, poiché ritroviamo tutto ciò che questi 3 musicisti sono stati, insieme e non. I blink più “vecchia scuola”, più hardcore si sentono decisamente in “FUCK FACE”, uno sfogo di Barker sulle pelli e al microfono – in compagnia dell’amico Tim Armstrong, collega nei Transplants –, e in “TURN THIS OFF!”, che possiamo considerare il sequel dell’iconica e volgarissima “Family Reunion”. L’altro sequel che in tanti aspettavamo da anni è proprio la traccia d’apertura: trilogia iniziata in “Enema of the State” (1999) e continuata in “Take Off Your Pants and Jacket” (2001), conclusa ora da “ANTHEM PART 3”, l’inno di un gruppo che è pronto a vivere una nuova vita. Che a chiudersi non sia solo questa serie di inni? Forse è per questo che la voce di DeLonge si rompe più del solito mentre canta di una nuova vita, una nuova corsa e di lasciarsi alle spalle il passato (“My old shit ends here tonight”).

Segue il sound di “TOYPAJ” la velocissima “BAD NEWS”, con una depressione coperta da melodie simil-allegre di voce e chitarra, molto anni 2000. Più vicino all’album dell’infermiera troviamo “YOU DON’T KNOW WHAT YOU’VE GOT”, con una strofa che strumentalmente ricorda “Adam’s Song” e che in generale mostra il lato più triste e introverso del blink (ovvero i +44), e un bridge fatto di incastri tra batteria e chitarra. L’influenza del side-project di Hoppus e Barker si sente anche in “TURPENTINE”, dove però prevalgono le parti aperte, brillanti, soprattutto grazie alle tastiere di Kevin Bivona (Transplants, The Interrupters), e DeLonge alleggerisce i toni con il suo umorismo ricco di rime forzate (“Stick your dick in Ovaltine/Jack off to a magazine”).

Il chitarrista sa controbilanciare molto bene il pessimismo hoppusiano con “TERRIFIED”, composizione dal sapore post-hardcore, originariamente pensata per i Box Car Racer, e “WHEN WE WERE YOUNG”, dove con l’aiuto di Bivona ricrea invece atmosfere reminiscenti degli Angels & Airwaves. Anche “HURT (INTERLUDE)”, per quanto breve, è più riconducibile a loro o a “Neighborhoods” (2011) – disco dei blink molto contaminato dal side-project di DeLonge.

“MORE THAN YOU KNOW” rievoca l’untitled del 2003 – in particolare “Violence” e “Stockholm Syndrome – e Barker lascia a bocca aperta. “OTHER SIDE” ricorda i capitoli con Skiba e gli conferisce la dignità che si meritano, mossa che non tanti artisti purtroppo fanno con gli ex-membri.

Più fresche sono invece la ramonesiana e super catchy “DANCE WITH ME”; “FELL IN LOVE”, che mostra ancora una volta l’amore dei tre per il post-punk, attraverso un’interpolazione di “Close to Me”; “BLINK WAVE”, forse nella loro fantasia un what if dei blink nella new wave tastierosa degli anni 80 – stavolta il rimando a “Adam’s Song” è esplicito; e infine “CHILDHOOD”, che prima ti fa chiudere gli occhi e poi te li fa riaprire pieni di lacrime, colmo di emozioni a cui non sai nemmeno dare un nome. Il finale in stile 8 bit ci toglie il respiro, come se ci trovassimo alla fine di un’avventura, mentre varchiamo una soglia accecante: non sappiamo dove ci condurrà, ma sappiamo che è lì che siamo sempre stati destinati ad essere, e alla fine eccoci qua.

Barker è Zeus, che scaglia fulmini e saette sulla propria batteria. Hoppus è Poseidone, che con il suo basso e la sua quieta voce smuove le maree. E DeLonge è Ade, che scatena gli Inferi grazie alla sua chitarra e alla voce sgraziata. Le divinità supreme del pop punk si sono riunite per dimostrare che sono ancora in grado di governare il mondo, ma solo insieme. E ora che è stata ristabilita la legge degli Dei, questi possono riposare in pace; tuttavia, mi piace pensare che se la continueranno a spassare in qualche festa privata, lassù sull’Olimpo.

Tracklist

01. ANTHEM PART 3
02. DANCE WITH ME
03. FELL IN LOVE
04. TERRIFIED
05. ONE MORE TIME
06. MORE THAN YOU KNOW
07. TURN THIS OFF!
08. WHEN WE WERE YOUNG
09. EDGING
10. YOU DON’T KNOW WHAT YOU’VE GOT
11. BLINK WAVE
12. BAD NEWS
13. HURT (INTERLUDE)
14. TURPENTINE
15. FUCK FACE
16. OTHER SIDE
17. CHILDHOOD

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