Mancano solo due settimane al ritorno degli Halestorm in Italia: il quartetto statunitense si esibirà il 28 novembre all’Alcatraz di Milano. Per l’occasione abbiamo parlato con la cantante e chitarrista della band, Lzzy Hale, che, oltre a dirci qualcosa in più sull’ultimo album “Back From the Dead”, ci ha raccontato i segreti dietro alle loro incendiari esibizioni, come è evoluto il rapporto fraterno all’interno della band e molto altro ancora.

Ciao Lzzy, benvenuta su SpazioRock! Come stai?

Alla grande, non vedo l’ora di tornare in tour in Europa e in Italia e fare grandi concerti!

Effettivamente nell’ultimo anno e mezzo, dopo la pubblicazione di “Back From The Dead” siete stati molto in tour. Come stanno andando gli show in generale?

Benissimo, questa estate abbiamo fatto i grandi festival europei per la prima volta dopo la pandemia ed è stato bellissimo vedere come i fan siano ancora lì, sempre con la stessa voglia e lo stesso amore per la musica. E quello era solo un assaggio, non vedo l’ora di ripartire per il nostro tour. Saranno dei concerti speciali, se verrete ci vedrete in una veste nuova, vogliamo portare all’estremo quello che siamo e facciamo come band. Non vedo l’ora, sarà fantastico!

Invece tornando un attimo a “Back From The Dead”, vorrei parlare del suo significato. Praticamente tutti i vostri album, tra le altre cose, parlano di quanto sia importante sollevarsi e prendere in mano la propria vita, ma questo in particolare è stato influenzato anche dalla pandemia e da quello che sta succedendo nel mondo ultimamente?

Sì, decisamente. Credo che purtroppo, volenti o nolenti, siamo tutti influenzati dalla negatività di quello che succede nel mondo e questa negatività, l’odio e tutte le cose orrende che succedono è qualcosa di ovviamente non necessario. Parlando di me, non faccio politica, sono una semplice musicista e a volte è facile sentirsi un po’ senza speranze guardandosi intorno e non sapere cosa fare per migliorare le cose. Ma mi sono resa conto, soprattutto dopo il Covid, di quanto sia importante la musica dal vivo. È importante per le persone avere un posto in cui andare per dimenticare per un attimo le cose brutte, celebrare le nostre differenze e rendersi conto che lì siamo tutti uguali. Non importa il genere, che lavoro fai, da chi sei attratto, per chi hai votato, tutte le persone sono lì per un unico motivo, è una sorta di santuario in cui puoi essere te stesso, cantare le tue canzoni preferite e tornare nel mondo fuori in qualche modo rigenerato. E questo vale anche per me, ormai è una cosa che va oltre la carriera e il fare rock n’ roll. È una cosa bellissima di cui far parte.

Oltre a questo, alla fine fare musica significa anche lanciare un messaggio.

Sì, credo che ci sia sempre un messaggio di speranza e incoraggiamento, anche nelle canzoni che magari parlano di cose più brutte. Perché dovremmo tutti realizzare quanto sarebbe semplice rispettarci gli uni con gli altri ed essere gentili, ma sembra che invece sia difficile farlo. Quindi sì, quello che proviamo a fare è rendere bello qualcosa che bello non è.

Una delle cose che mi piace degli Halestorm è il fatto che i vostri album sono sempre diversi, ma avete un sound molto caratteristico e riconoscibile. C’è qualcosa di nuovo che ti piacerebbe fare in futuro?

Qualche giorno fa sono andata a vedere Nick Cave qui a Nashville ed è stato uno show molto intimo, c’erano solo lui al piano e Colin Greenwood dei Radiohead al basso. Ed è stato bellissimo sentire le canzoni riadattate a quel contesto, quindi ho pensato che in futuro mi piacerebbe fare una cosa del genere, che sia un tour o un album, ma comunque presentare le canzoni in una versione molto più intima e nuda. Poi, in tendenza completamente opposta rispetto a quello che ho appena detto, mi piacerebbe fare un album metal, in cui darei il massimo con la mia voce. Ma in generale ad ogni album cerchiamo di concentrarci su quello che ci piace molto in quel momento. Il tempo passa davvero velocemente e viviamo in fretta, quindi è facile che tra un disco e l’altro mi senta una persona completamente diversa.

LzzyHaleHalestorm

Ed essendo una musicista immagino che la tua vita sia molto veloce di default.

Decisamente [ride, ndr]. Ci penso spesso ultimamente, andiamo in tour, siamo sempre in viaggio ed è tutto veloce, poi quando torno alla vita di tutti i giorni a casa mi rendo conto di quanto, ad esempio, siano cresciuti i figli dei miei amici, è assurdo!

Ecco, parlando di tour, finalmente sarete di nuovo in Italia a fine mese…

Finalmente [esulta e ride, ndr].

Sì, esatto, finalmente! Anche perché l’anno scorso siete venuti in tour con gli Alter Bridge, ma questo sarà un tour da headliner. Hai già detto che questi show saranno diversi, ma in che modo?

Suoneremo canzoni da tutti gli album e potrete vederci in un modo completamente nuovo. Una cosa di cui vado orgogliosa è il fatto che non abbiamo tracce registrate, andiamo sul palco e suoniamo. Quello che succede, succede. E in tutto questo c’è un sacco di eccitazione, con i dovuti paragoni è un po’ come lanciarsi da un aereo e sperare che il paracadute si apra [ride, ndr]. Ci saranno anche momenti improvvisati, in cui magari partiamo a fare qualcosa senza sapere dove andremo a finire. Una volta in questo modo abbiamo fatto una versione di “I Miss The Misery” lunga 11 minuti [ride, ndr]. Ed bello sia per noi che per il pubblico, che non sa cosa aspettarsi e che ogni volta vede qualcosa di diverso rispetto a quella precedente. Oltre a ciò adoro suonare in Italia. Quando ero una ragazzina era un sogno e mi ricordo che la prima volta che siamo venuti lì, intorno al 2010, sono scesa dal bus che era ancora mattina e ad aspettarmi c’erano un sacco di persone che urlavano “LIZZY” [ride, ndr]. È stato un momento bellissimo, non avrei mai immaginato di poter sentire il mio nome urlato da tutte quelle persone con accento italiano, fantastico! Non vedo l’ora che succeda di nuovo!

Effettivamente per un po’ di italiani il tuo nome non è semplicissimo da pronunciare…

Sì, ma adoro quella pronuncia, quindi va benissimo così [ride, ndr].

Negli anni vi ho visti diverse volte e i vostri concerti sono sempre molo intensi. Secondo te quali sono gli aspetti più importanti nella preparazione e nella riuscita di uno show?

Secondo me il punto sta nei momenti specifici e questa è una cosa di cui parliamo sempre molto. È ovvio che i fan vogliono sentire la loro canzone preferita, ma la cosa importante è andare oltre e fare qualcosa di inaspettato. E il punto non è farlo solo una volta, ma più volte ed è lì che vedi che il pubblico cambia prospettiva su di te come band. Quindi per noi è importante offrire qualcosa di più sul palco, anche se uno ci ha già visti e conosce tutte le nostre canzoni, dobbiamo sempre sorprenderlo.

E da questo punto di vista ci sono altre band che ti hanno impressionato molto e che ammiri?

Assolutamente, rimango sempre a bocca aperta quando mi capita di vedere i Muse o i Tool. Ce ne sono tante, anche gli Slayer e gli Idles sono band fantastiche dal vivo. Quando non suoniamo noi cerco di andare a più concerti possibili, non posso stare senza la musica dal vivo. Di recente ascolto tanto gli All Them Witches, la loro musica è molto varia e interessante. Non mi piace troppo vedere band che salgono sul palco e suonano semplicemente le canzoni in setlist senza aggiungerci molto dal punto di vista della performance. Si vede benissimo se una band si sta divertendo sul palco e se sta suonando con voglia e amore per la musica.

Sì, è verissimo. Personalmente a volte mi capita di andare a vedere una band che neanche conosco e in molti casi è semplicissimo apprezzare tutto quello che viene messo sul palco e nella musica, anche senza conoscere per forza le canzoni.

Ed è importantissimo farlo, è una cosa su cui insistiamo molto fin dai nostri primi show. Perché all’inizio la gente non ti conosce e devi fare in modo che si ricordi di te, mettendo tanta energia e regalando quei momenti di cui parlavo prima. Il punto non è solo suonare, ma il come lo fai e l’impressione che dai al pubblico, soprattutto quando magari sei la prima di quattro band e hai 20 minuti.

È ironico che abbia iniziato ad ascoltare gli Halestorm proprio per un discorso simile. Vi ho visto la prima volta senza conoscervi quando siete stati in tour con gli Alter Bridge nel 2013 e sono rimasto davvero impressionato dalla vostra performance. Quindi da lì ho iniziato poi ad ascoltare gli album e così via.

È bello vedere che quello che facciamo funziona [ride, ndr].

Halestorm

Oltre alle tue pubblicazioni con gli Halestorm, lavori spesso anche con altri musicisti. Qualche settimana fa, ad esempio, è uscita una canzone in cui hai collaborato con Sophie Lloyd, intitolata “Imposter Syndrome”. Cosa puoi dirmi a questo proposito?

Sono una sua fan da molto ormai, è fantastica. Mi ha contattato lei per propormi di lavorare su una traccia musicale che mi ha mandato, voleva che fosse la title track del suo album, che si chiama appunto “Imposter Syndrome”. Ovviamente ho accettato subito, ci siamo sentite e incontrate diverse volte, mi ha fatto leggere estratti del suo diario per farmi capire cosa significasse questo album per lei, ovvero il fatto di provare innanzitutto a se stessa quanto valga, l’iniziare a credere maggiormente in se stessa e così via. Ci ho messo tre giorni a scrivere il brano, poi gliel’ho mandato sperando che le piacesse. È stato fantastico lavorare con lei in questo modo e il fatto di provare a scrivere per qualcun altro. Perché alla fine anche se canto io è una sua canzone. Abbiamo imparato molto su noi stesse e l’una dell’altra. Anche a me è capitato spesso di sentirmi in quel modo, di pensare ai fan, a tutte le cose che ho pubblicato e di pensare “mi merito davvero tutto questo? È capitato per caso? Quanto ci metteranno ad accorgersi che non valgo davvero così tanto?” Quindi abbiamo parlato molto di queste cose e della sindrome dell’impostore ed è venuta fuori questa canzone che è una sorta di dito medio verso questi pensieri. Ci siamo aiutate a vicenda.

Non molto tempo fa la rivista Rolling Stone ha pubblicato una lista dei migliori 250 chitarristi di tutti i tempi e ha inserito anche te in questa lista. Come ti sei resa conto che la chitarra sarebbe stato il tuo strumento quando eri più piccola?

Sono davvero onorata di far parte di quella lista, è fantastico. Inizialmente oltre a cantare, suonavo le tastiere e quando ho approcciato la chitarra avevo un modo di suonare diverso e poco consono. Questo all’inizio mi ha dato un po’ di problemi, soprattutto a livello emotivo, perché mi sentivo diversa dagli altri chitarristi. Ora, anni dopo, sono orgogliosa di queste caratteristiche, perché sono quelle che mi definiscono come musicista. Ma a parte questo è sempre surreale vedere il proprio nome in una lista come quella. A proposito di sindrome dell’impostore, il primo pensiero è “Davvero? Non è che qualcuno ha sbagliato?” [ride, ndr]. Ma poi analizzi la questione, ripensi a tutto quello che hai fatto e pensi solo a quanto sei grata di essere lì.

Spesso non è semplice reagire ai complimenti…

Sì, davvero, è difficile. Puoi dirmi che faccio schifo e va benissimo, ma se mi dici che sono bravissima probabilmente rispondo “mah, non so, non dirmi ste cose” [ride, ndr].

Credo che uno dei segreti dietro al successo degli Halestorm sia la grande coesione che c’è tra di voi. Avete sempre mantenuto la stessa line up e si vede che siete davvero un gruppo di amici (e familiari, nel caso tuo e di Arejay). In che modo la relazione che c’è tra voi quattro è la chiave per quello che state costruendo?

Credo che sia la chiave principale. Se non fossimo noi quattro non avremmo mai raggiunto questi risultati, io da sola sicuramente non ce l’avrei fatta, ma anche in una band con tanti cambi di line up. Il punto è che abbiamo vissuto la nostra vita insieme, abbiamo avuto un sacco di esperienze per la prima volta insieme e così via. Questo è naturale per Arejay, visto che è mio fratello, ma vale anche per gli altri. Abbiamo vissuto tutte le gioie e le delusioni della nostra vita insieme e non esiste nessuno che mi conosce meglio di loro, neanche i miei genitori probabilmente. E ovviamente non sto dicendo questa cosa in modo negativo. In ogni momento difficile, anche quando pensiamo di non poter andare avanti, abbiamo sempre l’un l’altro e abbiamo sempre affrontato tutto insieme. Per me è come essere andata in guerra con loro. Ovviamente ci capita di discutere, come in ogni relazione o matrimonio, ma ci rispettiamo a vicenda in modo incredibile e sappiamo benissimo che ognuno di noi porta qualcosa che gli altri non portano. Semplicemente non credo che ci sarebbero altre tre persone che farebbero con me tutto quello che abbiamo fatto in questi anni.

Effettivamente ho sempre pensato che la vostra carriera ricordasse un romanzo o un film. Insomma, hai iniziato a suonare con tuo fratello quando eravate dei ragazzini, avete conosciuto altre due persone con cui vi siete trovati immediatamente a meraviglia e ora dopo più di 25 anni siete ancora insieme e avete raggiunto questi risultati. È un qualcosa che non si vede spesso nel panorama musicale.

Lo so e ci sentiamo davvero fortunati perché ci è capitato di incontrare band in tour che non si sopportano tra di loro. Alcuni neanche si parlano prima di salire sul palco ed è una cosa orribile, mi sento triste per queste band quando le vedo. Siamo davvero grati del nostro rapporto.

Questa era l’ultima domanda, grazie mille per questa intervista, è stato un piacere averti qui!

Grazie a te per il tuo tempo, ci vediamo a Milano!

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