Le empie ombre dell’estremo fungono da torbido refrigerio in pieno solleone.

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Black Sorcery – Deciphering Torment Through Malediction (Eternal Dead)

Il metallo nero forgiato nel fuoco degli anni ‘90 e primi 2000 sembra, attualmente, una delle ricette di maggior appeal per tantissime band, anche decenni dopo il loro divampare nelle terre del Nord Europa. I Black Sorcery, un quartetto statunitense nato durante la pandemia con l’obiettivo consapevole di suonare musica regressiva, lontana dalle più avanzate tendenze dell’extreme a stelle e strisce, debutta sulla lunga distanza con il misantropico sino al midollo “Deciphering Torment Through Malediction”. Un gruppo esperto, composto da ex membri di Bog Infidel, Nachzehrer, Sangus, e che conosce così a menadito i trucchi del mestiere da realizzare un lavoro capace di incarnare appieno la forma del black metal primigenio, con Behexen, Gorgoroth e Satanic Warmaster a capitanare la schiera dei padri ispiratori. I brani, ruvidi, grossolani, non lucidati, e che beneficiano di una produzione molto secca e spoglia di ogni fronzolo, combinano melodie fredde e minacciose a un’aggressività cruda e viscerale, tra sfregi alla velocità della luce e ipnotici mid-tempo. L’act del Rhode Island dimostra di saper scrivere canzoni efficaci e il frontman Stygal possiede un set di corde vocali al vetriolo davvero adatte al contesto, eppure il gusto passatista, con un approccio simile nelle intenzioni, ma inferiore a livello di risultati, a quello dei colleghi canadesi degli Spectral Wound, ha bisogno ancora di qualche aggiustamento, soprattutto in termini di variazione. La Torcia Oscura versione vintage, comunque, pare ardere in buone mani.

Tracce consigliate: “Gasping For Light Under A Petrine Cross”, “Gomorran Virtue”, “Heinous Rites”

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Cadaver – The Age Of The Offended (Nuclear Blast Records)

Sin dalla nascita nel 1988, i Cadaver hanno vissuto molte separazioni e riformazioni, oltre che un cambio di monicker per un breve periodo (Cadaver Inc.). Ridotta ormai a un duo, la band, composta dal polistrumentista e cantante norvegese Anders “Neddo” Odden e dal batterista degli attuali Megadeth, il belga Dirk Verbeuren, torna a deliziare le nostre orecchie con “The Age Of The Offended”, un attacco virulento contro le storture odierne del pianeta Terra. Stanco soprattutto di una nuova generazione satura di social network dalla testa ai piedi, che pensa di cambiare il mondo dalle comodità del proprio divano, lo scandinavo di Stavanger comunica tale sdegno attraverso una musica estrema ricca di sfumature e impossibile da ascrivere a un genere preciso. Il groove infernale, i riff assassini, gli assoli abbaglianti, i ritmi tellurici, si fanno strada attraverso e sotto la pelle dell’ascoltatore, sballottandolo tra sensazioni contrastanti, come un demone che si diverte alle spalle della vittima prescelta. Un death metal apocalittico intriso di allucinogeni, nel quale il black metal anni ’90 e il grind cozzano sulle terga del cupo technical thrash dei Vortex, generando uno degli LP più convincenti e avantgarde della storia discografica del gruppo, un incubo al fulmicotone che divora al pari di una necrosi a decorso rapido. A parte la presenza al basso del fido turnista Eilert Solstad, sono Ronni Le Tekrø dei TNT e Svein “Tuba” Johannessen, rispettivamente chitarra e trombone, gli ospiti giusti per aggiungere all’album quel lignaggio che una produzione di moderata raffinatezza contribuisce ad accrescere. Arma in carica non convenzionale.

Tracce consigliate: “Postapocalyptic Grinding”, “The Age Of The Offended”, “The Drowning Man”, “Freezing Isolation”

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Lipoma – Odes To Suffering (Grand Vomit Productions)

Il primo full-length della one man band Lipoma, “Horrors Of Pathology”, venne pubblicato nel settembre del 2022, una raccolta di brani goregrind i cui affilati fraseggi in tremolo si appoggiavano ai bordi più robusti del melodic death, con la drum machine a sputare blast beat robotici e gorgoglii di natura intestinale. In un sottogenere nel quale la deformità sonora e le atmosfere crude spesso nascondono le finezze a livello di musicalità e arrangiamenti, il solo project di Max Pierce si distingue dalla massa perché capace di tener fede a quell’eterna e impareggiabile verità che caratterizza l’heavy metal, ovvero comporre riff allo stesso tempo taglienti e orecchiabili. Il nuovo album, “Odes To Suffering”, che a va rimpolpare una discografia già prodigiosa dal punto di vista della quantità (7 split, 4 EP e 2 compilation), rappresenta un successore degno e migliore dell’esordio, con le chitarre a guidare la carica strappando brandelli di carne viva e la batteria meccanica che detta un ritmo esplosivo da capogiro, mentre le gutturali linee vocali, poste un po’ indietro nel mix e, dunque, dalla definizione meno netta, accrescono di inquietudine un’atmosfera già minacciosa. Certo, inserire qualche sample o variare la formula ogni tanto non sarebbe stato un delitto, ma l’album picchia duro e risulta pure accattivante, il che obbliga a elargire complimenti al Dr. Lipoma e alla Grand Vomit Productions.

Tracce consigliate: “Descent Into Desease”, “Thrombophilia”, “Parasitic Wounds”, “Final Stage Of Cirrhosis”

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Porta Nigra – Weltende (Soulseller Records)

Il carnaio della Prima guerra mondiale rappresenta da sempre una delle fonti d’ispirazione per le band del mondo estremo e, dunque, che i tedeschi Porta Nigra abbiano utilizzato tale tematica per il nuovo album “Weltende”, ci stupisce poco o nulla. Inoltre, si tratta del secondo full-length dedicato agli orrori del conflitto, visto che già “Kaiserschnitt” (2015) ne risultava profondamente intriso. Il quartetto di Coblenza, però, non si limita a ricreare gli orrori delle trincee, ma è anche interessato a evocare le decadenti atmosfere fin de siècle attraverso le parole dei poeti dell’epoca, i cui testi, figli soprattutto dell’Espressionismo, fungono da cornice lirica per un album sì dal taglio avantgarde, ma più essenziale rispetto alle sperimentazioni dello scorso “Schöpfungswut” (2020). Opimo di transizioni progressive, colorato da synth e passaggi melodici ultraterreni ai confini della pura psichedelia, da ritmiche sostenute di marca industrial e da riff a tratti technical thrash/death, il disco sembra un felice incrocio tra i Kanonenfieber e gli ultimi Dødheimsgard, con il metallo nero che scivola continuamente dentro e fuori le diverse sfumature presenti. Peccato che la cover riproduca esattamente lo stesso dipinto (“Aufruhr” (1899) di Käthe Kollwitz) che campeggia sulla copertina di “The Suns Of Perdition – Chapter II: Render Unto Eden” dei canadesi Panzerfaust: un errore di distrazione che non inficia la qualità di un album prospettico, di volta in volta furioso, malinconico, contemplativo.

Tracce consigliate: “Es Ist Krieg”, “Die Himmlische Revolution”, “Hora Mortis”

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The Glorious Dead – Cemetery Paths (Bindrune Recordings)

I misteri del death metal old school sono arcani ed enigmatici come le più indecifrabili opere filosofiche prodotte dall’ingegno umano. Gli ingredienti alla base del genere appaiono estremamente rudimentali, eppure possono essere piegati, contorti e deformati in una marea infinita di orrendi abomini. Nel 2020 i The Glorious Dead, dopo due EP a distanza di dieci anni, “The Burdensome Ceremony Of Interment” (2009) e “Imperator Of The Desiccated” (2019), esordirono sulla lunga distanza proprio con un massiccio album di OSDM dalle melodie raccapriccianti, “Into Lifeless Shrine”, cospargendolo di un leggero velo progressive e vibrazioni di sapore blackened. Non tutto, però, funzionava a meraviglia, vista una certa incoerenza all’interno dei pezzi e il loro eccessivo turgore sonoro. Oggi, il quartetto del Michigan ci riprova con un secondo lavoro in studio, “Cemetery Paths”, che, pur continuando bene o male sulla strada del debutto, presenta canzoni dal taglio conciso e meno gravate da sfibranti mid-tempo. Emergono, in maggior misura e a discapito delle patina prog, le influenze di Cannibal Corpse e Morbid Angel, a cui si sommano quelle di Vader, primi Novembers Doom e Dismember, con un tocco nero a incattivire un platter che non si prende, poi, troppo sul serio. Mancano ancora un po’ di incisività e una direzione stilistica certa, ma gli statunitensi dimostrano di avere del buon talento, per quarantanove minuti di spassosa malevolenza.

Tracce consigliate: “Gag On Viscera”, “Purulent Forms”, “Corpse Of The King”

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