Come prepararsi al meglio per il dopo Carnevale? Evocando il perdono dalle entità oscure, naturalmente.

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Hulder – Verses In Oath (20 Buck Spin)

Se sin dai primi demo il solo project Hulder ha attirato la curiosità dell’underground estremo, è stato l’esordio del 2021 “Godslastering: Hymns Of A Forlorn Peasantry” a suscitare un vero e proprio interesse diffuso. Dietro il monicker si cela Marliese Beeuwsaert, polistrumentista e cantante di origine belga oggi di stanza negli Stati Uniti, una delle punte di diamante di una nuova generazione di musicisti che ama coltivare l’arte dell’anacronismo in ambito black metal, tanto dal punto di vista sonoro quanto estetico. Ma con il secondo album in studio “Verses In Oath”, pubblicato dall’etichetta statunitense 20 Buck Spin, la fisionomia raw del debutto si espande a livelli superiori: la voce più profonda, le presenze umane di un bassista, il marito Sam Osborn, e del drummer degli Ascended Dead Charles Koryn, l’utilizzo delle tastiere, una produzione nitida – almeno per gli standard del genere –, posizionano questo lavoro a mille miglia di distanza dall’esordio. Nei brani furia e atmosfere malinconiche si alternano e combinano anche grazie a un utilizzo sapiente dei synth, per  un lavoro che rende omaggio ai vecchi Ulver e soprattutto ai primi Satyricon, con buona pace di chi del metallo nero preferisce il solito necro-sound.

Tracce consigliate: “Boughs Ablaze”, “Hearken The End”, “Vessel Of Suffering”

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Necrowretch – Swords Of Dajjal (Season Of Mist)

Un Dajjāl è una figura sinistra nell’escatologia islamica, paragonabile all’Anticristo che infesta il libro dell’Apocalisse di Giovanni. I Necrowretch non avrebbero potuto scegliere riferimento religioso migliore per un “Swords Of Dajjal” che vomita veleno, bile e blasfemia da ogni singola nota, affinché la fine del mondo possa giungere accompagnata da una colonna sonora degna dell’evento. I francesi, ormai attivi dal 2008 e autori di platter a mano a mano sempre più raffinati, con gli ultimi due dischi in studio, “Satanic Slavery” (2017) e “The Ones From Hell” (2020), che hanno spostato il focus stilistico su un death-black di stampo svedese, continuano, nel nuovo album, a orientare il songwriting verso il sound di Watain e soprattutto Necrophobic, senza, comunque, emularne servilmente le gesta. A confermare le piccole e graduali evoluzioni che il gruppo guidato dal chitarrista e cantante Vlad riesce sempre a mettere a segno, pensano le dinamiche variazioni di ritmo e inserti di chitarra acustica e percussioni tribali, quest’ultimi idonei nel restituire quelle atmosfere di natura mediorientale dalla cui cultura provengono le liriche dei brani. L’identità dei transalpini si arricchisce del sole caldo e occulto del deserto coranico.

Tracce consigliate: “Ksar-Al Kufar”, “Numidian Knowledge”, “Total Obliteration”

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Solbrud – IIII (Vendetta Records)

Lo splendido live album del 2021 “Levende I Brønshøj Vandtårn” ha costituito l’ultima prova con i Solbrud del singer e chitarrista Ole Pedersen Luk, evidentemente così preso dai progetti personali Afsky ed Heltekvad e da altre collaborazioni collaterali per riuscire a sostenere ulteriori impegni musicali. Con l’ingresso in line-up di David Herman, i danesi si rendono protagonisti, ora, del rilascio di “IIII”, un monumento musicale dalla provocatoria durata di novantaquattro minuti nel quale ciascun membro del gruppo dà il proprio apporto alla scrittura dei pezzi, realizzando un polittico sonoro che vede nella copertina il suo contraltare estetico. L’atmospheric black metal somministratoci dal combo rivela segni da Drudkh, Enslaved e Wolves Of The Throne Room, attraversati da suggestioni che intersecano post rock, progressive, psichedelia e shoegaze, tutto questo senza l’utilizzo delle tastiere, con una grande cura riservata agli arrangiamenti e alla varietà degli stessi. I conflitti tra tormento, bellezza e sperimentazione dimorano all’interno di un organico quadro compositivo, spesso risolvendosi in epiloghi elegiaci che contribuiscono a rendere appagante un’esperienza uditiva comunque molto impegnativa. Ne vale la pena, assolutamente.

Tracce consigliate: “Hvile”, “Når Solen Brydes • Del II: Mod Afgrundens Flammehav”, “Ædelråd”

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Spectral Voice – Sparagmos (Dark Descent Records)

Il culmine della tragedia di Euripide Le Baccanti vede Agave, madre di Penteo re di Tebe, che, sotto l’incantesimo del dio Dioniso, fa a pezzi suo figlio, credendo di aver ucciso un leone, prima di rinsavire e osservare lo scempio con orrore. Gli Spectral Voice, band che in line-up conta le due asce e il bassista dei Blood Incantation e il drummer e singer Eli Wendler, si ispirano al nome del culto sacrificale messo in scena dal tragediografo greco per assegnare il titolo a un secondo album, “Sparagmos”, capace, se possibile, di amplificare la lugubre e opprimente lezione dell’esordio “Eroders Corridors Of Unbeing” (2017). Il gruppo statunitense, infatti, riesce a incanalare l’imponenza dei primi Ahab, le inquietudini degli Esoteric e le torve stravaganze appannaggio degli Worm in un funeral doom/death che, nel corso del disco, diviene via via sempre più terribile e cavernoso, appiccicandosi alla pelle come catrame rovente. Gli accordi ipnotici, le percussioni che si infrangono per risuonare in eterno nell’oscurità, i gorgoglii, i sussurri e le urla vocali, gli spessi riverberi, i feedback ossessivi, concorrono nel creare un clima asfissiante, un tunnel alla fine del quale un’epifania estatica conduce l’anima nelle braccia regali della Morte. Schiaccianti.

Tracce consigliate: “Be Cadaver”, “Sinew Censer”, “Death’s Knell Rings In Eternity”

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Unaussprechlichen Kulten – “Häxan Sabaoth” (Iron Bonehead Productions)

Affermare che il Cile sia uno dei paesi più apprezzabili quando si tratta di macinare metal estremo non sembra sufficiente, visto che la nazione sudamericana ha sfornato alcuni tra i migliori dischi death metal dell’era moderna. Gli Unaussprechlichen Kulten rappresentano uno dei maggiori esempi in questo senso, una band che, dopo venticinque anni di carriera e sei album alle spalle, riesce, con il nuovo “Häxan Sabaoth”, a realizzare il proprio capolavoro, l’ideale prosecuzione di quel “Teufelsbücher” già piuttosto vicino alla perfezione. Il gruppo di Santiago sceglie di forgiare un metallo della morte complesso e stratificato, attraverso delle combinazioni in cui l’approccio spigoloso e sfaccettato di Immolation e Morbid Angel e i riverberi degli Incantation si sposano a tremoli inquietanti e a un feroce e apocalittico lavoro di doppia cassa. Tali singolari sfaccettature caratterizzano un album evocativo e ricco di dettagli sottili, intriso di incubi di altri universi abitati da divinità capaci di alterare gli equilibri della mente. Le esplosioni melodiche, frenetiche e improvvise, trasmettono un senso di dissonanza e di panico, aspetti che enfatizzano l’odore di zolfo nel quale il gruppo prospera grasso, per un full-length allo stesso tempo barocco e degradante.

Tracce consigliate: “Lamia Sucuba”, “Hexenippel”, “Die Teufelsbücher”

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