The Other Side of Mars
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Mick Mars – The Other Side of Mars

Tickin’ like a time bomb
I’m ready to explode
You knocked me down for so long
You turned me into stone

Quando si cade, ci si rialza. Anche quando nessuno è lì ad aiutarci, a tenderci una mano, bisogna trovare la forza di farcela da soli. Ma soprattutto, quando sono stati gli altri a spingerci per terra, noi dobbiamo, sempre e comunque, rimboccarci le maniche e andare avanti, un passo dopo l’altro. Riscatto o vendetta che sia a motivarci, occorre perseverare.

Forse è così che si è sentito Mick Mars: da sempre compromesso fisicamente a causa di problemi degenerativi, superati i 70 anni per il chitarrista è diventato difficile continuare a reggere i ritmi dei Mötley Crüe, band in cui militava senza interruzioni dal 1981. Ma la band di Nikki Sixx – che tra l’altro ha la faccia di Mars tatuata sulla propria gamba – non ci ha messo molto per decidere di farlo scendere dalla giostra e proseguire senza di lui. Licenziato o “invitato ad andarsene”? È ancora tutto da vedere.

Questioni legali a parte, la situazione ha permesso a Mars di realizzare il lavoro solista di cui parla da più di 10 anni: “The Other Side of Mars”. Il disco si presenta molto bene: tra i musicisti troviamo Chris Collier (collaboratore tecnico di Korn e Whitesnake, tra gli altri) al basso, ma che si è anche occupato di mix e master; alla batteria Ray Luzier dei Korn; alle tastiere Paul Taylor dei Winger; alla voce Jacob Bunton (che ha collaborato con Orianthi e Quiet Riot), tranne per un paio di pezzi cantati da Brion Gamboa; per finire, alla produzione c’è Michael Wagener, nome leggendario del metal anni 80, che tra i tanti lavori si era occupato del mix di “Too Fast for Love”, il debutto dei Mötley Crüe.

I complimenti vanno fatti solamente a Wagener e a Collier, che sono riusciti a far suonare così bene un album vecchio: così vecchio che sembra quasi di ascoltare un disco degli anni 2000, rimasterizzato oggi. Il chitarrista non ha mai nascosto il suo apprezzamento per il rock e il metal moderno, firmando collaborazioni con Papa Roach, Hinder, Pop Evil e così via; e scegliere questa strada poteva anche essere interessante, siccome lo abbiamo visto esclusivamente in un gruppo glam metal per tutta la sua carriera. Ma una cosa è seguire le orme e creare il proprio cammino, un’altra è pestare le impronte degli altri in modo da non lasciare traccia.

Il primo problema è la scelta dei cantanti: Bunton non ha nulla di diverso da un qualunque cantante del suo genere – John Cooper è il primo che viene in mente ascoltando “Loyal to the Lie” –, mentre Gamboa scimmiotta Matthew Shadows in “Killing Breed” e in “Undone” la sua voce rauca arranca rispetto all’epicità degli altri strumenti.

Il secondo, ben più importante, è la musica: perché sì, alcuni di questi musicisti sono sicuramente di alto livello tecnico, ma in fatto di composizione (firmata da Mars, Taylor e Bunton) hanno molto da rivedere. Le loro canzoni ricordano a tratti gli Avenged Sevenfold (dopo aver ascoltato “Alone”, si vada a cercare “Acid Rain”), a tratti l’Alice Cooper dei primi 2000 (“Ready to Roll”), a tratti un generico gruppo hard rock/alternative metal degli anni 2000 (un po’ i Theory of a Deadman in “Ain’t Going Back”). “Broken on the Inside” se la cavicchia con un riff panteriano, ma manda tutto all’aria con un ritornello insipido e un assolo rovinato dal “disco che si inceppa”. Potremmo incidere il titolo “Memories” e gettarlo nel barattolo “Generic Rock Ballads”, finendo per non trovarlo mai più e dimenticarcene all’istante. È solo grazie alla magnifica produzione che “Right Side of Wrong” si ascolta anche volentieri, perché in realtà non porta nulla di nuovo all’hard rock del 2024.

L’assenza del previsto John Corabi dà da pensare: le sue “Gimme Blood” e “Shake the Cage”, mancanti dalla tracklist, avrebbero elevato la qualità totale del disco? O non sarebbe cambiato nulla? È più probabile che, invece, Mars ne sarebbe uscito vincitore se si fosse dedicato a un lavoro del tutto strumentale, come la conclusiva “LA Noir”: è nella sua comfort zone che l’artista dà il meglio di sé, con quel mix di blues e heavy metal a cui ci siamo abituati negli anni. Quindi, alla fine della fiera, l’altro lato di Mars non è poi così interessante, rispetto a quello già noto.

Tracklist

01. Loyal to the Lie
02. Broken on the Inside
03. Alone
04. Killing Breed
05. Memories
06. Right Side of Wrong
07. Ready to Roll
08. Undone
09. Ain’t Going Back
10. LA Noir

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