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NUOVE USCITERECENSIONI

Coffin Storm – Arcana Rising

Malgrado la natura di piccolo centro, ubicato nella municipalità di Nordre Follo, Kolbotn si contraddistingue per un considerevole dinamismo artistico, mercantile e sportivo, con un particolare accento posto sulla scena musicale di carattere estremo. Non sorprenderà molto, allora, che da tale ridente villaggio, oltretutto sede dell’Hellbotn Metalfest, provengano i Coffin Storm, gruppo, seppur di fresca creazione, ricco di esperienza e competenza, considerata la militanza dei membri nelle line-up di Aura Noir, Darkthrone, Infernö, Omega. In realtà, il combo nordico ha dei natali lontani, dal momento che i due chitarristi Apollyon e Bestial Tormentor condivisero, fin dal 1991, un amore viscerale per il doom nei Lamented Souls, progetto oggi inattivo, ma ufficialmente mai dismesso, protagonista di un paio di demo e di una compilation prima di sparire nel nulla. Reclutato alla batteria Ole Jørgen, i due tornarono a suonare insieme nel 2020, iniziando a elaborare delle nuove tracce con sempre maggior convinzione, complice anche l’ingresso al microfono, qualche tempo dopo, dell’amico di infanzia Fenriz, evento che permise alla band di prendere forma concreta.

“Arcana Rising” rappresenta, dunque, l’esordio della formazione, un album che ne canalizza la passione e l’entusiasmo per i sottogeneri metallici degli anni ’80, antiche manifestazioni sonore di cui gli scandinavi si cibano da quando galleggiavano nella placenta delle proprie madri e che avrebbero trovato la loro giusta collocazione qualora fossero state trasfuse soltanto su vinile. Essenzialmente, il disco non diverge tantissimo dalla strada intrapresa dai Darkthrone in “The Underground Resistance” (2013), release che testimoniava il desiderio, da parte dei norvegesi, di recuperare quelle remote istanze epic, speed e thrash fondamentali, con il punk, per la genesi del black metal.

I Coffin Storm, però, pur agendo con grande professionalità, diversamente dai noti connazionali lasciano parecchio spazio alla spontaneità e a una certo gusto per l’improvvisazione, arrangiando i brani senza preoccuparsi di lasciare crepe e sfilacciature varie né di farcirli con riff spesso ripetitivi nella struttura ed estenuanti a livello di durata. In siffatto contesto, la già rivedibile tecnica vocale del singer, appositamente peggiorata rispetto al periodo del solo project Isengard, si incolla alle canzoni meglio della ventosa di una sanguisuga sulla cute, visto che i cantanti dell’epoca ai quali rende omaggio padroneggiavano con la medesima approssimazione estensione e falsetti per conferire umbratile solennità alla materia sonora.

Un immaturo John Cyriis teso a emulare Messiah Marcolin mentre brandisce un’ascia di foggia normanna pare guidare la corsa in mid-tempo di pezzi vicini a un heavy doom dalle venature epiche, intriso di groove e refrain quasi sempre trascinanti, e che si permette incursioni thrash mai troppo spinose e letali, come se gli Exodus e i Metallica di “Ride The Lightning” cercassero di attraversare la gola delle Termopili con delle sacche di argilla sulle spalle e la nebbia negli occhi. A eccezione della cupa e malinconica title track, fedele discepola della rocciosa eleganza dei Candlemass di “Epicus Doomicus Metallicus”, gli altri cinque brani vagano tra influenze e citazioni di molteplice risma, dai Celtic Frost e i Solitude Aeternus di una contagiosa “Over Frozen Moors”, alla NWOBHM degli Holocaust nella copiosa “Open The Gallows”, dai Pentagram della gotica “Eighty-Five And Seven Miles”, agli Slayer sabbathiani della a tratti sciatta “Ceaseless Abandon”, sino a una “Clockwork Cult” che sembra scritta da dei giovani Satyricon reduci da una promenade nelle brughiere d’Albione abitate da Angel Witch e Cathedral. A completare l’operazione vintage, pensa una produzione torbida e frusciante, che, sorniona, non cede alla tentazione di affidarsi alle lusinghe dell’analogico, servendosi, nella sua cruda naturalezza, dell’armamentario a disposizione degli studi di registrazione attuali.

Amicizia, dedizione alla causa, divertimento, nostalgia: questi costituiscono gli ingredienti principali alla base di “Arcana Rising”, un esordio apprezzabile e privo di grosse pretese, che consente ai Coffin Storm di svolgere con sufficiente credibilità il ruolo di guida fra le lande più oscure del vecchio metal. We have returned.

Tracklist

01. Over Frozen Moors
02. Arcana Rising
03. Open The Gallows
04. Eighty-Five And Seven Miles
05. Ceaseless Abandon
06. Clockwork Cult

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