Milano, martedì sera, derby di Champions. Mentre le costellazioni si sistemano nel cielo per far sì che vada a finir come poi sappiamo è andata a finire, le porte dell’Alcatraz si aprono per accogliere il pubblico degli Inhaler, band irlandese che, come qualsiasi cosa proveniente dall’isola verde, mette d’accordo tutti.

Come nelle due precedenti date italiane di Roma e Bologna con gli scozzesi Swim School in apertura, alle 21.15 Robert Keating (basso), Ryan McMahon (batteria), Josh Jenkinson (chitarra) e Elijah Hewson (voce e chitarra) salgono sul palco accolti da applausi fragorosi. Guardandosi attorno è subito evidente l’eterogeneità del pubblico: ci sono ragazzi e ragazze giovanissimi, famiglie, ma è forte anche la componente dei vecchi rocker giunti fino lì per vedere se effettivamente Elijah Hewson è degno di essere figlio di suo padre (si narra la presenza di misteriose figure con indosso t-shirt degli U2 che vagavano per la sala in attesa della venuta del loro salvatore).

Mentre attendiamo che la band salga sul palco risuonano quei brani che hanno cresciuto un po’ tutti i presenti e che ricordano i bei tempi di un volta: ci sono i Talking Heads, gli Yeah Yeah Yeahs, tutti ballano sui Clash, fino ad arrivare a “Do I Wanna Know” degli Arctic Monkeys, per far capire anche a chi – come chi vi scrive – si approccia alla seconda metà dei 20 che gli anni passano implacabili per chiunque – “don’t know if you feel the same as I do”.

“These Are The Days” segna l’inizio del live con una scaletta ben equilibrata tra i due album pubblicati dalla band, “It Won’t Always Be Like This” (2021) e “Cuts & Bruises” (2023). Il riflettore è puntato su Hewson, unico a lasciarsi andare a qualche interazione con il pubblico. Ignorare l’impressionante somiglianza vocale e fisica del frontman con il padre Bono Vox è praticamente impossibile, anche sforzandosi risulta difficile non farci distrarre dai suoi capelli al vento e da quel timbro che ricorda veramente tanto tutti quei brani immortali che la maggior parte di questo pubblico conosce a memoria.

Nonostante il concerto sia musicalmente molto energico ed esteticamente perfetto per quello che la band vuole rappresentare – musica e niente di superfluo -, non si può fare a meno di notare la mancanza di quel legame artista-audience per cui siamo famosi nel nostro Paese. Escludendo le prime file, si è visto un pubblico in generale attento, ma lontano da quell’entusiasmo che ci si aspetta ad un concerto di una band composta da quattro ragazzi di vent’anni che suonano della buona musica e portano avanti l’eredità di una scena dove quest’ultimo dettaglio è fondamentale.

Inconsciamente la reazione del pubblico è stata forse anche un riflesso della velocità del live – niente pause fino all’encore – e del pochissimo dialogo della serata: sono scappati dei “grazie”, un paio di complimenti, ma poco altro per buona parte del concerto. Solo nella seconda metà del live sono arrivati dei tentativi di coinvolgimento da parte di Hewson, che probabilmente ha avuto la nostra stessa impressione.

Più si procede, più gli applausi diventano silenziosi, non perché i ragazzi non siano bravi ma forse perché ci si inizia a rendere conto che è solo martedì sera e quindi l’indomani è feriale. Gli Inhaler chiudono con “It Won’t Always Be Like This “, salutano, l’Alcatraz si svuota e noi torniamo alle nostre vite di sempre. Peccato.

Setlist

These Are The Days
My Honest Face
Dublin In Ecstasy
Totally
When It Breaks
Perfect Storm
In My Sleep
My King Will Be Kind
Who’s Your Money On? (Plastic House)
Valentine
Love Will Get You There
Cheer Up Baby
If You’re Gonna Break My Heart
Just To Keep You Satisfied
It Won’t Always Be like This

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