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Just Mustard – Heart Under

Strizziamo gli occhi come bambini, non abbiamo paura del buio. Ce lo diciamo per incoraggiarci, perchè una volta che i nostri piedi toccano l’ombra del misterioso antro di “Heart Under”, un brivido turbolento ci scuote la schiena. Sentiamo che qualcosa all’interno sta sussultando con fragore, ma è un rumore amorfo, che cerchiamo di sagomare coi richiami di Katie Ball, sensuali e letali litanie che, come sirene di Ulisse, ci attirano inesorabilmente dentro.

E qui cadiamo nel pozzo di Murakami, sfondiamo la barriera della realtà, ci ricomponiamo in un ambiente oscuro, dove le chitarre perdono aggressività, ma iniziano a proiettare ologrammi mastodontici e spaventosi, come nella pachidermica “Still”, il manifesto degli irlandesi Just Mustard, un connubio intelligentemente orchestrato di labile alternative rock e atmosfere squisitamente goth a la Chelsea Wolfe. Seppur rapiti dalla placida apparenza di una comunque tesa “23”, il contesto in cui ci ritroviamo, una volta dentro l’ultima creatura del quintetto di Dundalk, è un limbo di emozioni che spazia audacemente tra un forte senso di straniamento e timidi attimi di comfort, quest’ultimi tangibili nel basso di scuola Pixies del singolo “I Am You” o nelle melodie accennate di una movimentata “Mirrors”, dove le sei corde del duo Noonan/Kalyon riacquisiscono sembianze piuttosto naturali.

Ma nel cuore dell’album, gli occhi rimangono intorpiditi, annaspano tra i fumi industrial di una robotica “Seed”, si scuotono ansiosi sotto il devastante climax di “Blue Chalk”, riprendono fiato tra le atmosfere sabbiose di “Early” e “Sore”, dove Katie Ball si siede, gambe incrociate, e ci riporta sulla via come un’incantatrice di serpenti. “In Shade” si smuove in acque post-punk più riconoscibili, presagio di un’uscita piuttosto vicina, segnalata a luci fioche dalla morbida “Rivers”: è qui che troviamo il bagliore che sancisce il ritorno alla realtà, ma è come se rimanessimo lì, come se la mente ci tirasse di nuovo all’interno, completamente offuscati da una sadica esperienza sonora che tende e comprime a piacimento le nostre certezze.

“Heart Under” è, di certo, un’opera alienante, difficile da catalogare, seppur si aggrappi ad alcuni elementi che ci permettono di disegnarne un quadro sufficientemente accurato: tra un atmosferico, cupo ambient, sprazzi famelici di noise ed un nervosismo vocale che richiama Björk, il secondo full-length dei Just Mustard è un bel mattone di sensazioni, capace di sfondare la routine degli ascolti per teletrasportarci in uno spazio indefinito. Eppure, non ci si sta così male.

Tracklist

01. 23
02. Still
03. I Am You
04. Seed
05. Blue Chalk
06. Early
07. Sore
08. Mirrors
09. In Shade
10. Rivers

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