Olezzo di fogne e tempeste di ghiaccio in questa tarda primavera estrema.

Frozen Soul – Glacial Domination (Century Media Records)

Dopo un discreto esordio come “Crypt Of Ice”, i Frozen Soul erano chiamati a smentire la nomea di band creata ad arte da Century Media Records, cercando di ribaltare l’impressione, tanto a livello di pubblico che di critica, di una credibilità pari a quella di un pupazzo di neve nel deserto del Sahara. Se il debutto richiamava palesemente il modus operandi di Bolt Thrower e Obituary, nel nuovo “Glacial Domination” le cure di Matthew K. Heafy dei Trivium, presente nel ruolo di co-produttore – e di ospite vocale – lucidano il sound del gruppo, conducendolo verso territori decisamente più catchy, benché il trademark resti quello di un death schiacciasassi, di fattura onesta, ma sempre e comunque di natura derivativa. Reese Avali (Creeping Death), John Gallagher (Dying Fetus) e Blake Ibanez (Power Trip) prestano, a vario titolo, le proprie competenze, regalando al disco quella pregevolezza tecnico-interpretativa che forse non rappresenta la qualità migliore dei cinque texani, incapaci, anche dal punto di vista lirico, di andare oltre certi cliché del genere. Apprezzabili, invece, le intro synthwave di matrice ottantiana che caratterizzano gli incipit dei brani, ispirati alle atmosfere horror/sci-fi del cult movie “The Thing” di John Carpenter, orpelli di un platter non certo indimenticabile, tuttavia gradevole all’orecchio per groove e melodie. Ideale come accompagnamento musicale di una crociera in Antartide.

Tracce consigliate: “Arsenal Of War”, “Glacial Domination”, “Assimilator”

Immortal – War Against All (Nuclear Blast Records)

Mentre il precedente “Northern Chaos God” rappresentava il primo album degli Immortal senza Abbath, “War Against All” è, di fatto, l’esordio dei norvegesi come one man band, con Demonaz orfano di Horgh e supportato, in questo caso, da due turnisti d’eccezione, Kevin Kvåle dei Gaahls Wyrd alla batteria e Ice Dale degli Enslaved al basso e dietro la console. Il chitarrista, vincitore di una disputa legale ormai nota anche ai sassi, riesce a incarnare lo spirito autentico di un monicker di culto, co-fondatore della second wave e artefice di full-length del calibro “Battles In The North” e “At The Heart Of Winter”, incentrati sull’immaginario regno di Blashyrkh, ancora oggi protagonista indiscusso delle liriche e dell’atmosfere del nuovo album. Una tracklist solida e omogenea, che si divide tra brani incisivi come una pioggia di lame infuse nel ghiaccio ed evocativi mid-tempo costruiti su arpeggi zuppi di epica e brina. La produzione aggiunge un lieve tocco progressivo ai brani più cadenzati, mentre la voce del mastermind, aspra e biliosa, non pare poi così diversa da quello del suo ex collega e amico fraterno, per il quale la possibilità di una rentrée sembra, a oggi, una strada impraticabile. Senza rivelare terre ignote di un regno già ben esplorato, il disco corre sulle ali di un’energia vivace e combattiva, con il vento polare alitante nei pezzi a tonificare, invece che intirizzire, i viaggiatori auricolari. Nonostante la tendinite che da anni ne impedisce le performance live, speriamo che un giorno o l’altro Harald Nævdal torni a travolgerci di tempeste di neve dai palchi di tutto il mondo.

Tracce consigliate: “War Against All”, “No Sun”, “Blashyrkh My Throne”

Thulcandra – Hail The Abyss (Napalm Records)

Possiamo ormai affermare che i Thulcandra si siano definitivamente rinchiusi nell’alveo della rievocazione, visto che, a partire dall’esordio “Fallen Angel’s Dominion” (2010), il desiderio di rendere tributo ai Dissection non sembra conoscere freno alcuno. In verità, negli ultimi due lavori in studio, “Ascension Lost” e “A Dying Wish”, il corsetto stilistico dei bavaresi ha conosciuto una certa espansione, inglobando influenze da At The Gates, Edge Of Sanity, Necrophobic e Unanimated, benché l’area sonora resti comunque quella del melodic black e del death metal di provenienza svedese. A distanza di diciotto mesi dallo scorso lavoro, i tedeschi tornano a stuzzicare l’appetito dei passatisti con il nuovo “Hail The Abyss”, che, per sound ed estetica, ancora una volta non si allontana troppo dalla celebrazione delle imprese discografiche del gruppo del compianto Jon Nödtveidt, anche se la produzione di Dan Swanö, leggermente più sporca rispetto alle vecchie prove, regala ai brani di un piglio più teso e immediato. Le melodie magiche e oscure di “Storm Of The Light’s Bane” vengono proposte senza scimmiottarne la grandezza e inserite in un contesto nel quale si percepisce l’entusiasmo da die hard fan del mastermind Stephan Kummerer (Obscura) e dei suoi sodali, per un disco piacevole e di cristallina onestà, rivolto a un pubblico specifico che certo apprezzerà l’operazione. Nostalgia canaglia.

Tracce consigliate: “In The Eye Of Heaven”, “Acheronian Cult”, “The Final Closure”

Vomitheist – NekroFvneral (Transcending Obscurity Records)

Una band come i Vomitheist si adatta perfettamente al roster della Transcending Obscurity, andando a fare compagnia ai malsani colleghi d’etichetta Crawl, Fera, e Goregäng. Dopo un EP, una demo e uno split assieme ai connazionali Funeralopolis, il trio svizzero esordisce sulla lunga distanza con un “NekroFvneral” che tiene fede al proprio gustoso titolo, incarnando un OSDM di lignaggio cadaverico, a cavallo tra Autopsy, Carnage, Dismember ed Entombed, capace di entusiasmare gli amanti del marciume e della mattanza senza compromessi. Ritmi D-beat, riff turgidi e sanguinanti di groove, vibrazioni punk/grind, la voce del bassista Gubler che evoca quella di un Martin Van Druren col mal di stomaco, attraggono l’ascoltatore in una fossa opima di vermi e depravazione, nella quale, spesso, emergono melodie e cascami death-doom al limite del prog. Sporchi, brutti, cattivi, eppure ingegnosi: gli elvetici rappresentano una vera sorpresa in quella parte del mondo estremo che riesce a rielaborare, con indole caustica e originale, il metallo della morte euroamericano degli anni ’90. La Svizzera non tradisce, ancora una volta.

Tracce consigliate: “Epidemic Disembowelment”, “Putrefaktor”, “Gut Asphyxiation”

Vomitory – All Heads Are Gonna Roll (Metal Blade Records)

È trascorso molto tempo da quando sentimmo parlare per l’ultima volta dei deathster Vomitory, dopo che dal 1996 al 2011 avevano, con una certa regolarità, aggredito il mondo estremo grazie a una miscela molto personale di motoseghe svedesi e putridume floridiano, senza dimenticare, soprattutto nella seconda parte di carriera, iniezioni thrash e grindcore. Con la medesima formazione che registrò “Opus Mortis VIII”, il quartetto di Karlstad torna a mazzolare le viscere attraverso i brani brutali ed energici di “All Heads Are Gonna Roll”, album in studio numero nove incorniciato da un titolo e da una copertina perfetti per un B-movie anni ’80. Benché votati all’assalto uditivo privo di pietà, gli scandinavi non smettono di ampliare il ventaglio delle proprie soluzioni, aggiungendo, quasi in ogni traccia, svolazzi di groove ed effusioni di ritmiche D-beat, tanto che probabilmente ci troviamo al cospetto del loro lavoro più vario dal punto di vista compositivo. Lo spirito resta, comunque, quello punk e immediato delle prime death metal band, spirito che i fratelli Gustafsson tengono in piedi dal 1989, continuando a pubblicare full-length decisamente validi, nonostante una pausa ultradecennale nel mezzo. Sempre sé stessi, sempre diversi.

Tracce consigliate: “All Heads Are Gonna Roll”, “Piece By Stinking Piece”, “Raped, Strangled, Sodomized, Dead”

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